Il Sole 24 Ore, 28 ottobre 2021
Evasori fiscali alla scoperta dell’isola che non c’è
Chi ha mai sentito parlare dell’isola di Bouvet? A parte qualche studioso, forse nessuno. L’isola sorge a poca distanza dal Polo Sud, nell’Oceano Atlantico meridionale, ed è una landa ghiacciata e costantemente battuta dal vento. È considerato il luogo più remoto del pianeta, uno dei più inospitali e, a parte migliaia di foche, uccelli marini e pinguini, nessun essere umano la abita.
Eppure, l’isola di Bouvet sta cominciando a diventare un enigma per le autorità fiscali di alcuni Paesi. Da quando lo scambio automatico di informazioni voluto dall’Ocse è andato a regime, dai conti bancari denunciati dagli istituti di credito alle autorità pubbliche spuntano misteriosi cittadini con residenza fiscale nell’isola più inaccessibile del mondo. Fantasmi si potrebbe dire. E invece no. I residenti fiscali dell’isola antartica – per esempio – si sono materializzati con nomi e cognomi tra i dati che l’Australian Taxation Office, l’ufficio delle imposte, ha segnalato alle autorità degli altri Paesi.
Nelle ultime dichiarazioni rilevate, quelle del 2019, il fisco di Canberra ha scoperto che quasi 2,5 milioni di dollari australiani depositati in conti bancari nel Paese (pari a 1,6 milioni di euro) appartengono a sedicenti residenti fiscali nell’isola di Bouvet. I conti sono 12, in leggero calo rispetto ai 15 del 2018, quando però la cifra depositata complessivamente era di novemila dollari australiani.
Sebbene si parli di numeri poco rilevanti, i depositi dei fantomatici residenti nell’isola di Bouvet hanno registrato un aumento del 27.677% nell’arco di un solo anno. E questo solo per l’Australia. Non si sa, infatti, quanti altri cittadini-fantasma di Bouvet siano spuntati negli altri cento Paesi che aderiscono allo scambio automatico di informazioni. L’isola di origine vulcanica è una dipendenza della Norvegia. Furono i norvegesi, infatti, a issarvi per primi la bandiera nel 1927, dopo che il territorio era stato scoperto nel 1739 dal comandante Jean-Baptiste Charles Bouvet de Lozier. Il luogo abitato più vicino è l’isola di Gough, 1.600 chilometri a nord. A 1.700 chilometri più a sud c’è invece la Terra della Regina Maud, la porzione di Antartide rivendicata dalla Norvegia. Le isole Sandwich meridionali si trovano a 1.900 chilometri a ovest e il Sudafrica a 2.600 chilometri a nord-est. Il clima rigido e il ghiaccio limitano la vita vegetale a funghi, licheni e muschi mentre abbondano foche, elefanti marini e pinguini maccheroni. Il nome dell’isola di Bouvet era comparso per la prima volta a Parigi nel 2009, quando gli uomini della Direction nationale d’Enquêtes fiscales (Dnef), il servizio di intelligence del ministero delle Finanze francese, cominciarono a esaminare i file della cosiddetta “Lista Falciani”.
L’intero archivio della Hsbc Private Bank di Ginevra era stato prelevato con una complessa operazione segreta alla quale aveva partecipato Hervé Falciani, un ingegnere informatico dipendente della banca. Fu mentre esaminavano quei dati che gli ispettori della Dnef scoprirono il nome di un cliente registrato come residente fiscale proprio nell’isola di Bouvet. Si trattava di uno stratagemma per sfuggire a eventuali indagini e fare in modo che nessuno potesse risalire al vero proprietario di quel conto bancario. Ma l’appeal dell’isola di Bouvet non rimase a lungo dormiente dopo quella scoperta. Qualche anno dopo, nel 2016, alcune istituzioni norvegesi furono contattate da uno studio legale di Varsavia che voleva creare una società nell’isola. Lo studio agiva per conto di un miliardario polacco la cui identità non è mai stata rivelata.
Il Governo di Oslo spense però definitivamente le speranze dei polacchi. Per essere iscritti nel registro delle società norvegese, infatti, la legge richiedeva di fornire un indirizzo. Ma sull’isola di Bouvet non esistevano strade né un codice postale. Insomma, non c’erano indirizzi.
Dunque, era impossibile registrare un’impresa anche perché – affermò il Governo – il 93% dell’isola era un ghiacciaio, distava 2.200 chilometri dall’insediamento più vicino in Sudafrica ed era impossibile atterrare in aereo. La distanza dalla terra è infatti maggiore della portata degli elicotteri. Un’operazione combinata con nave ed elicottero da Cape Town, in Sudafrica, richiedeva 10-15 giorni. Infine, a eccezione di una piccola piattaforma di ricerca, non c’erano infrastrutture sull’isola. Fine della storia. Evidentemente, non è bastato. Il fascino del luogo più remoto e disabitato della terra continua ancora ad attrarre presunti evasori fiscali di mezzo mondo.