Corriere della Sera, 28 ottobre 2021
Il caso degli ippopotami di Escobar
C’è un giudice a Cincinnati, nell’Ohio, che ha stabilito che gli ippopotami di Pablo Escobar hanno lo status di «persone» e che quindi, prima di essere castrati o uccisi come vorrebbe il governo colombiano, devono essere trattati con il rispetto che il signore dei narcos non ha mai usato per gli esseri umani. Karen Litkovitz ha dato ragione al Fondo per la difesa dei diritti legali degli animali, un gruppo di San Francisco che saluta la decisione della giudice federale come una pietra militare nella storia Usa, da esportare anche all’estero. Nel caso specifico in Colombia, dove però gli esperti di diritto penale ribattono che la sentenza non ha valore a Bogotà. In questo pantano legale, oltre che nelle acque del fiume Magdalena, sguazzano beati gli almeno 80 pachidermi che in quell’angolo di America Latina hanno trovato un ambiente perfetto per moltiplicarsi. Non ci sono le siccità e le antipatie che i loro fratelli affrontano nella natia Africa, dove fanno fuori 500 persone all’anno. In Colombia la maggioranza della popolazione vede invece con favore la loro presenza che risale agli anni Ottanta, quando il boss della coca si fece portare un paio di bestioni nel suo ranch a 160 chilometri dalla città di Medellin insieme con leoni e giraffe. Alla sua morte nel 1993 gli altri animali furono piazzati in vari centri zoologici. Tutti tranne gli ippopotami, che con le loro 5 tonnellate di pancia e nervi non sono facili né da convincere né da catturare. Negli acquitrini della Hacienda Na’ Poles quei maialoni d’acqua dolce si sono moltiplicati: da 35 sono diventati 80, forse cento. Sono usciti dai recinti, seguendo i corsi d’acqua. Gli scienziati ritengono ormai che «gli ippopotami della coca», come sono stati battezzati, siano una seria minaccia per la biodiversità della Colombia (e che potrebbero diventare 1.500 entro il 2035 se non si correrà ai ripari). Studi hanno dimostrato che la loro cacca può addirittura modificare il livello di ossigeno presente nell’acqua, mettendo in pericolo i pesci ed altre forme di vita.
Se si usassero i metodi di carneficina adottati dal loro defunto padrone, non ci sarebbe storia. Le autorità colombiane però stanno cercando di perseguire una strada meno cruenta ma pur sempre «invasiva», quella della sterilizzazione degli animali. Finora ci sono riusciti con 24 esemplari, tra non poche difficoltà. Non è facile beccarli allo stato brado, e renderli inoffensivi con squadre di uomini e di gru per poi somministrare loro farmaci adeguati. Il tutto al costo di 50 mila dollari cada ippo.
Ora, non è chiaro come la sentenza storica della giudice federale Litkovitz possa modificare il destino degli «ippopotami della coca». Se fossero considerati alla stregua di «persone» anche dalla giustizia colombiana, il processo di sterilizzazione potrebbe farsi ancora più complicato. Castrare i pachidermi di Escobar sarebbe illegale? Verranno estradati negli Stati Uniti? Espulsi verso l’Africa?