Anteprima, 6 settembre 2021
Tags : Fahim Dashti
Biografia di Fahim Dashti
Fahim Dashti (-2021). Giornalista afghano. Portavoce di Ahmad Massoud. È morto ieri, o forse sabato, ucciso dai talebani nel Panshir in uno scontro a fuoco o più probabilmente in un’esplosione. «Dashti era appena un ragazzo il 9 settembre 2001. Aspettava il suo turno per farsi raccontare un altro spicchio della vita di Ahmad Shah Massoud dallo stesso comandante. Avrebbe voluto farne una biografia. Per un tajiko, un panshiro, uno che voleva fare della scrittura la sua vita, sarebbe stato il massimo firmare la biografia del “Leone”, quella sorta di Che Guevara islamico che aveva resistito ai sovietici e in quegli anni teneva testa ai talebani. Prima di lui, però, toccava a due colleghi con accredito della tv marocchina. In realtà si trattava di terroristi suicidi di Al Qaeda. La telecamera esplose. Massoud morì e Dashti ebbe ustioni che gli lasciarono addosso cicatrici vistose. Invece della biografia Dashti scrisse la storia di quell’attentato. Da quel giorno in Afghanistan qualunque apparecchio deve mostrare di funzionare prima di entrare in un luogo sensibile» [Nicastro, CdS]. L’ultimo flag verde sul profilo WhatsApp di Fahim Dashti è di venerdì alle 16. «Poco dopo con una chiamata, Fahim ringraziava dell’intervista che sarebbe uscita sul Corriere e quasi si scusava per il poco tempo che poteva dedicare. “Devi capire che non è facile rispondere a tutti. Ci sono centinaia di giornali che vorrebbero notizie, ma la situazione per noi è complicata. Siamo costantemente in movimento. Le comunicazioni sono difficili”. E poi ancora: “Non trovi sia ironico? Fino al 14 agosto esisteva un governo a Kabul, aveva un seggio alle Nazioni Unite, il numero di telefono della Casa Bianca. E oggi? Tre settimane dopo quel che rimane di quel governo è chiamato “ribelle”. Noi siamo diventati gli “insorti”. Finché lo dicono i talebani, lo capisco, ma che lo scrivano anche i giornali stranieri, questo lo trovo assurdo, degno di una politica cinica, che usa l’Afghanistan fino a che gli fa comodo e poi lo butta”» [Nicastro, CdS].