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 2021  settembre 06 Lunedì calendario

Biografia di Eva Grimaldi (Milva Perinoni)

Eva Grimaldi (Milva Perinoni), nata a Nogarole Rocca (Verona) il 7 settembre 1961 (60 anni). Attrice. Personaggio televisivo. «All’inizio della carriera mi sono spogliata per fame. Come pagavo l’affitto, le bollette del telefono? Oggi che posso permettermelo, mi spoglio solo se un copione mi convince» • Quarta e ultima figlia, dopo tre maschi, di un benzinaio, Bruno («da giovane era bellissimo, somigliava a Clark Gable»), e di una casalinga, Elvira («da ragazza sembrava la controfigura di Lucia Bosè, ed è stata lei a volermi dare il nome della sua cantante preferita»). «Certo mi sentivo la cocca dopo tre maschi. Ma senza troppi capricci, perché, di soldi, in casa ne giravano davvero pochi» (ad Anna Maria Salviati). «Ho avuto un’infanzia felice, anche se povera: la mia famiglia mi ha insegnato i valori più importanti della vita». «Abitavo in una casa in mezzo alle frasche a Nogarole Rocca perché gli affitti a Verona erano cari e quel posto isolato era tutto per me. Ero sola, parlavo con le coccinelle, con le erbette che crescevano nel campo e con le montagnette che vedevo da lontano» (a Mario Manca). «A scuola non ero brava, sono stata bocciata spesso». «Ero dislessica e balbuziente. Lo sono diventata con uno spavento a sei anni, quando, rientrando in casa, un aereo è passato a bassa quota sopra la mia testa». «Quando andavo a scuola chiamarono mia madre per dirle che dovevo andare in una classe differenziata perché balbettavo. Mia madre si oppose, e mi mandò in una scuola privata dalle suore che non si poteva permettere, quindi mi ci mandò facendo le pulizie lì gratis». «Sono cresciuta con i pacchi della Caritas. Non è stato facile, ma mi rifugiavo nel mio mondo. Giocavo con le bambole senza braccia e occhi che mi arrivavano con i pacchi Caritas, ma per me erano bellissime. Mi mettevo davanti allo specchio con una spazzola e mi trasformavo, imitando le cantanti famose». «Fin da ragazzina, ho sofferto per non aver avuto un’amica. Colpa del mio fisico esuberante: avevano tutte paura che soffiassi loro il fidanzato». Conclusa la scuola dell’obbligo, lavorò per quattro anni presso la stazione di servizio gestita dalla sua famiglia, sognando di diventare un’attrice. «Ero la più bella e allegra benzinaia di Nogarole Rocca. […] Non mi sono mai vergognata di quel lavoro. Bisognava sbarcare il lunario, specie dopo la morte di mio padre». «Ero bravissima a vendere gli alberelli profumati. Un giorno ne ho piazzati 87 ai clienti. Mio fratello, che non ne vendeva neppure uno, non ci credeva». «La sera dicevo il rosario pregando il buon Dio di farmi diventare attrice, mentre nell’altra stanza anche mia madre diceva il rosario, pregando però che non lo diventassi mai». Non appena le capitò l’occasione giusta, non se la lasciò sfuggire: «Al provino per la Fininvest eravamo 240. Ci misi una grinta pazzesca. Mi presentai con un abito leopardato e me le mangiai tutte. Solo io e Sabrina Salerno fummo prese. Io andai al Drive in e Sabrina a Grand Hotel». Fu proprio per Drive in, nel 1985, che «mi hanno ribattezzata Eva, come la prima donna, e Grimaldi, perché speravo di sposare un principe». Poco dopo si traferì a Roma con la speranza di diventare un’attrice, pur totalmente autodidatta. «“Non era più la Dolce vita, ma era la Roma di Cinecittà, del cinema. Fellini ancora girava. Ho dei ricordi bellissimi di quegli anni. Quando sono arrivata sono entrata subito nel frullatore del lavoro. I miei amici erano Piero Tosi, costumista premio Oscar, Bolognini, Dario Bellezza. Era una Roma fatta di cene, di incontri e ritrovi fra attori, registi, scrittori. Certe mangiate. Andavamo sempre a via del Governo Vecchio, da Ciccia Bomba, un piccolo ristorante che non c’è più”. Qual è il tuo primo ricordo di Roma? “Un Natale a piazza San Pietro con mamma. Quello è il mio primo ricordo, e anche il più bello: ancora oggi mi commuovo. In quella piazza piena di fedeli mi resi conto per la prima volta che ero in una città straordinaria, importante. E poi la gioia di vedere mia madre lì. Lei era molto cattolica. Ricordo che, finita la messa, non c’era un taxi per tornare a casa: tutte le macchine che passavano erano guidate da preti. Decisi di fare l’autostop, mamma mi disse ‘Ma sì tu mata?’. Si fermò una Panda con tre preti: ci accompagnarono loro alla fermata dei taxi vicina”. […] È stata dura all’inizio? “I primi tempi sono stati duri, ma ero forte. Venivo, vengo da una famiglia con tanti valori importanti e mettevo in atto quello che avevo imparato. È stata dura più che altro non farsi trasportare da cattive compagnie: purtroppo Roma, come tutte le grandi città, di notte è pericolosa quando sei molto giovane. Era tutta una festa, ‘volemose bene, volemose bene’, e c’erano sempre dei secondi fini. Dalle esperienze negative, però, impari”. […] Dopo un anno che eri a Roma, Federico Fellini ti ha scelta per un suo film. “Al provino con Fellini andai in metropolitana. C’è la fermata proprio davanti a Cinecittà. Misi questo vestitino bianco, attillato, non so con quale coraggio. L’incoscienza della gioventù, che a volte serve, a me è servita molto. Andai in metro così: mi ero imbottita il seno tipo Anita Ekberg, e andai all’appuntamento con Fellini. Lui mi chiese: ‘Bellina, hai preso un taxi?’. Gli dissi: ‘No maestro, sono venuta con la metropolitana’. ‘Vestita così?’, mi rispose. Ero molto ingenua. Avevo 25 anni”» (a Roberta Marchetti). «Mi sono presentata all’appuntamento […] per Intervista, uno dei suoi ultimi film, […] con il reggiseno imbottito di qualsiasi cosa, e, mentre parlavamo, lui mi ha guardata negli occhi e con un dito ha tirato fuori un calzino dal mio petto. Un momento che non dimenticherò mai» (a Gustavo Marco Cipolla). «“Ma perché fai questo?”, mi diceva. E io ridevo tanto. A un certo punto mi svelò che mi aveva preso nel suo film per la mia simpatia». La sua carriera d’attrice proseguì alternando cinema, tra alcune pellicole d’autore (Tolgo il disturbo di Dino Risi, 1990; Giorni felici a Clichy di Claude Chabrol, 1990; Cari fottutissimi amici di Mario Monicelli, 1994) e molte schiettamente commerciali (Rimini Rimini. Un anno dopo di Bruno Corbucci e Giorgio Capitani, 1987; Mia moglie è una bestia di Castellano e Pipolo, 1988; Abbronzatissimi di Bruno Gaburro, 1991; Miliardi di Carlo Vanzina, 1991; Mutande pazze di Roberto D’Agostino, 1992; Simpatici e antipatici di Christian De Sica, 1998; Paparazzi di Neri Parenti, 1998), teatro popolare e di varietà (Buonanotte Bettino di Pier Francesco Pingitore; Uomini targati Eva di Pino Ammendola e Nicola Pistoia; Viva le italiane e Saloon con la compagnia del Bagaglino, trasmessi su Canale 5) e sceneggiati televisivi per le reti Mediaset, i quali decretarono il suo maggior successo di pubblico (Il bello delle donne, 2001-2003; Caterina e le sue figlie, 2005-2010; Il peccato e la vergogna, 2010-2014). Negli ultimi anni, oltre a prender parte a qualche produzione cinematografica e teatrale, ha soprattutto partecipato ad alcuni programmi televisivi, quali Ballando con le stelle (2006, su Rai 1), Pechino Express (2014, su Rai 2), L’isola dei famosi (2017, su Canale 5) e Tale e quale show (2019, su Rai 1). «In questo momento mi piacerebbe molto poter realizzare un programma sull’amore. […] È un sogno che covo e che spero di poter realizzare» (a Roberta Savona) • Un matrimonio alle spalle, con l’imprenditore veronese Fabrizio Ambroso, più giovane di lei di sette anni: nozze nel 2006 dopo un breve fidanzamento, separazione nel 2010, divorzio nel 2013. «“Un giorno mio marito mi ha detto: ‘Non ti amo più’. E quattro giorni dopo mi ha sbattuta fuori casa. E ha fatto bene, perché altrimenti ci scappava il morto. […] Non sono un testa calda, ma in quel momento vedevo solo nero: ero come impazzita. Anche perché lui era cattivo, rabbioso con me: sembrava che mi avesse scoperta a letto con un altro. Mi ha pure rinfacciato la mia età. Nessuno degli uomini più giovani che ho avuto, Gabriel Garko compreso, l’aveva mai fatto. […] Sono partita per Zanzibar, da sola. E lì ho iniziato a bere. Un bicchierino di rum al mattino, un prosecco come aperitivo, il vino… Mi dava la forza per affrontare gli sguardi della gente”. Al ritorno in Italia “ho trovato la lettera dell’avvocato con la richiesta di separazione. E ho ripreso a bere. Fino a tutta l’estate”. Finché “un giorno, a Verona, mia madre mi ha aperto gli occhi: non ero una donna finita e c’era chi stava peggio di me. Mi sono rivolta all’associazione ‘L’Africa chiama’ e sono partita per il Kenya. Un mese in una baraccopoli mi ha salvata”» (Carola Uber). Nel 2019 si è poi unita civilmente all’attivista e politico Imma Battaglia, con una cerimonia celebrata dalla senatrice del Partito democratico Monica Cirinnà, esortando gli invitati a fare donazioni all’associazione «L’Africa chiama» anziché regali • Rivelò il proprio amore per la Battaglia nel marzo 2017, nel corso di una puntata dell’Isola dei famosi: «Stavo male. Mi mancava Imma. Arrivò sull’isola in Honduras, e non potevo mica dire che eravamo amiche. Eravamo innamorate. Cosa c’è di male? Nulla». «Per me c’è un “prima” e un “dopo” Isola. Più che un percorso formativo, è stato un vero e proprio spartiacque per il mio percorso di vita. Non avevo programmato nulla, ma prima della partenza avevo preventivamente parlato con la mia famiglia, rivelando il mio rapporto con Imma, che durava ormai da anni». «Dove è nato […] il vostro amore? “In un grande posto, al Gay Village. Immerso nel verde e nei colori”» (Marchetti). «Sono sempre stata eterosessuale, poi sono diventata lesbica per amore di Imma». «Con Imma sì, ma con le altre donne no. Come si spiega? “Non si può spiegare: al mondo una regola che non c’è, anche perché l’amore non può e non deve avere delle regole. Ho sempre amato liberamente e, nella mia vita, gli uomini hanno sicuramente avuto un ruolo importante, ma la protagonista assoluta del mio cuore è stata Imma Battaglia, una donna. […] In buona sostanza: non mi sono innamorata del sesso, ma della persona. E questo ragionamento non è stato facile da far comprendere a chi mi è stato sempre vicino. Poi però, conoscendo Imma e il suo sentimento nei miei confronti, tutti hanno capito perché io avessi perso la testa per una donna così generosa, protettiva e forte. Una donna che mi ha salvata e che mi ama, facendomi sentire importante”» (Savona). «Imma è una persona speciale, è l’amore della mia vita. Non ho mai amato nessuno come lei. Poi adoro la sua famiglia: ho un bellissimo rapporto con mia suocera» • Tra gli uomini del suo passato, Roberto Benigni, Lele Mora, Vittorio Sgarbi e, soprattutto, Gabriel Garko, con cui ebbe una lunga e fotografatissima relazione, la cui natura però, dopo che Garko nel settembre 2020 ebbe dichiarato pubblicamente la propria omosessualità, è stata così ridimensionata dalla stessa Grimaldi: «La nostra storia è stata creata a tavolino. […] Non c’è mai stato sesso: lui aveva bisogno di me e io l’ho sempre protetto. Ma c’è un amore profondo che ci lega, ancora oggi, e che va al di là della sfera fisica. […] Lo avrei addirittura sposato, o ci avrei fatto un figlio». «Hanno sempre pensato che io fossi una mangiatrice di uomini, in realtà erano loro che mollavano me! […] Solo dopo la mia storia con Gabriel Garko e una fiction come Il bello delle donne la gente ha capito che non ero solo una curva» • Si dichiara estremamente romantica («in confronto a me, Madame Bovary è una nullità») e gelosa («al punto di aver bruciato il letto a un mio ex fidanzato») • «Nel privato sono molto pudica: […] mi spoglio e faccio all’amore al buio. Inoltre mi danno fastidio le parolacce, le barzellette spinte» • Cattolica. «Quando sono in crisi con me stessa prendo la macchina, vado a via della Conciliazione, parcheggio un secondo, scendo, mi affaccio a piazza San Pietro e prego. Anche solo per un minuto. […] Quella piazza ti riempie il cuore, ti dà la forza» • Grande passione per Riccardo Cocciante, che un giorno, negli anni Ottanta, incontrò per caso a Roma. «Ero in via Cortina d’Ampezzo, abitavo in via Vallombrosa a quei tempi. Vedo sbucare da una curva una macchina con dei ricci dentro, non vedevo neanche il viso. Guardo bene nell’auto, ed era Riccardo Cocciante. Io impazzita: ero una sua fan. Salgo di corsa in macchina e gli vado dietro tipo stalker. Avevo il cuore a mille. Lo inseguo fino a via di Vigna Stelluti, poi si ferma a un bar. Mi fermo anche io e mi presento. Per fortuna mi conosceva: io pensavo di no. Dissi: “Guardi, sono una sua fan. Quando facevo la benzinaia venni a un suo concerto, mi feci fare l’autografo sulla mano e non me la lavai per una settimana”. Facendo la benzinaia, pensa quanto sporca poteva essere. Lui contentissimo. È stato meraviglioso quell’incontro» • «Il suo mito? “Marilyn Monroe: il suo addome pronunciato, la morbidezza e l’eleganza di un’icona del cinema internazionale”» (Claudio Borghese) • A lungo frequentatrice di palestre, ha praticato anche il pugilato, «uno sport che mi ha sempre aiutata a scaricare le mie tensioni e a tenermi in forma» • «Ho sempre desiderato fare l’attrice e ho fatto di tutto per realizzare il mio sogno. Ho iniziato a frequentare brutti giri a Roma e assumevo anfetamine per restare magra, non mangiavo e non dormivo praticamente più e mi sono rifatta il seno otto volte. Ero dislessica e un po’ balbuziente, ma ero talmente bella che nessuno ci ha mai fatto troppo caso». «Oggi, quando si guarda allo specchio, come si vede? “Mi vedo una donna matura, che adesso si ama. Non perché prima non mi amassi, ma stavo dietro al prototipo della bellezza intesa come perfezione. È sempre stato così il personaggio di Eva Grimaldi, vestita con un abito alla moda che ne valorizzava l’aspetto esteriore. Ora […] quando mi osservo noto il riflesso di come sono veramente”. Cosa cambierebbe del suo aspetto fisico? “Forse mi farei ridurre il seno. Ci ho messo una vita per averlo più grande, mentre oggi preferirei una taglia più piccola. È incredibile come, con il tempo, […] ci si accetti di più: ad esempio i capelli ricci, perché sei nata riccia mentre hai passato la carriera a lisciarli. Si ritorna alle origini, e lo si capisce, come in tutte le cose, un po’ in ritardo”» (Borghese) • «Oggi si parla di cat calling, ma a Roma il complimento in strada è quasi d’obbligo. Ricordi il più divertente che ti hanno fatto? “Sì, in effetti mi è capitato tante volte. La più divertente è stata quando mi hanno urlato una parola, in romanesco: ora neanche me la ricordo, ma mi ricordo che ringraziai tutta contenta, sorridente. Poi chiesi il significato, e mi dissero che era una parolaccia. Sono rimasta malissimo (ride, ndr)”» (Marchetti).