9 settembre 2021
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Biografia di Liliana Segre
Liliana Segre, nata a Milano il 10 settembre 1930 (91 anni). Attivista, superstite dell’Olocausto e testimone della Shoah. Senatrice a vita «per avere illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale». Dal 15 aprile 2021 presidente della Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza.
Titoli di testa «Finché io sarò viva, tu continuerai a brillare» (diceva ogni sera a una stella, guardando il cielo dalla sua cella di Auschwitz).
Vita «Era una bambina, orfana di madre fin dall’età di un anno, e tuttavia felice, amata, viziata da un padre che, pur continuando a lavorare alacremente, aveva riposto in lei ogni ragione di vita. Con loro, a Milano, in corso Magenta, vivevano anche i due nonni paterni. Conducevano una vita agiata, frequentavano l’ippodromo di San Siro, la domenica pranzavano con gli amici al Savini in Galleria; Liliana era una Piccola italiana, come tutte le bambine cresciute sotto il fascismo. Poi, nel 1938, le leggi razziali: le progressive limitazioni nel lavoro, il repentino voltafaccia degli amici, la consapevolezza delle umiliazioni subite dai grandi e inutilmente nascoste ai bambini, l’incomprensibile espulsione dalla scuola. “Mi restò per anni la sensazione di essere stata cacciata per aver commesso qualcosa di terribile, che in seguito tradussi dentro di me come ‘la colpa di essere nata’; perché altre colpe certo non ne avevo: ero una ragazzina come tutte le altre”» [Padoan, enciclopediadelledonne.it] • «Il 7 dicembre 1943 Alberto Segre, vedovo, tenta la fuga con la figlioletta Liliana e due cugini. L’impresa, favorita dall’aiuto di esperti contrabbandieri, riesce ma i gendarmi svizzeri rimandano indietro il gruppetto. È l’inizio della fine. Il giorno dopo i Segre sono catturati a Servetta di Viggiù. La ragazzina tredicenne resta in cella a Varese per sei giorni, poi viene spostata a Como, quindi a Milano: rimane chiusa a San Vittore per altri 40 giorni. Ma anche questa è solo una tappa di una via crucis crudele» [Zurlo, Giornale] • Il 30 gennaio 1944, «a calci e pugni fummo caricati su un camion e portati alla stazione Centrale. La città era deserta. I milanesi non provarono alcuna pietà per noi: restarono in silenzio dietro le loro finestre» [Poletti, Sta] • Al binario 21 salì con il padre Alberto su un treno direzione Auschwitz. «Fu un viaggio di 7 giorni passati tra sofferenza e ansia. I bambini da 1 a 14 anni erano più di 40, tra di loro Sissel Vogelmann di 8 anni. La signora Esmeralda Dina di 88 anni era la più anziana. All’arrivo ad Auschwitz la successiva domenica 6 febbraio circa 500 fra loro, fra cui suo padre Alberto, vennero selezionati per la morte» [binario21.org] • Fu l’ultima volta che Liliana vedrà suo padre. Lui morirà il 27 aprile [documento Cdec] • «Su quel treno erano in seicentocinque. Alla fine della guerra torneranno in venti» [Poletti, Sta] • «Lei si ritrova a lavorare, come tanti dannati: è impiegata nella fabbrica di munizioni Union. Ma Liliana, numero di matricola 75190, è più forte delle sventure e delle avversità» [Zurlo, cit] • A Birkenau, «una parte del campo confinava con un altro, ce n’erano tanti allora... Era chiamato Zigeunerlager, il campo degli zingari. Noi prigioniere rapate, vestite a righe, isolate dalle nostre famiglie, tante delle quali erano già morte, vediamo arrivare un bel giorno questi zingari a cui non tagliano i capelli, non impongono i vestiti a righe, e li lasciano accanto alle loro famiglie senza dividerle. Li vedevamo insieme ai loro bambini mentre accendevano fuochi, stendevano i panni. Avevano una vita, mentre noi eravamo scheletri che vagavano. Li guardavamo e ci dicevamo: che fortunati, questi, ma chi sono? C’era spesso il vento, ad Auschwitz, che spazzava il campo. Una mattina vediamo rotolare polvere, stracci e brandelli di vestiti. E dove sono andati a finire, gli zingari? Quelle che sapevano tutto hanno risposto: li hanno gasati tutti stanotte» [a Brera, Rep] • «Sopravvive a tutto e a tutti. Anche alle drammatiche marce di trasferimento, imposte dagli aguzzini a migliaia di prigionieri per sfuggire all’avanzata dell’Armata Rossa. La Segre fa tappa a Ravensbruck, Polonia, poi giunge nel campo di Malchow in Germania. Il 1° maggio 1945 è finalmente libera. Torna a Milano» [Zurlo, cit.] • Spesso racconta del crollo del nazismo, della fuga degli aguzzini, della decisione di non raccogliere una pistola abbandonata per terra e di non uccidere il crudelissimo comandante dell’ultimo campo, rimasto in mutande per fuggire: «Fu un attimo importantissimo, decisivo nella mia vita. Capii che mai, per nessun motivo al mondo, avrei potuto uccidere qualcuno. Capii che io non ero come il mio assassino. Non ho raccolto quella pistola e da quel momento – ho finito sempre così, negli anni, la mia testimonianza – sono diventata quella donna libera e quella donna di pace che sono anche adesso» [Conti, CdS] • «Io fui liberata il primo maggio del 1945, curata con la penicillina perché avevo una brutta ferita sotto un braccio, e per quattro mesi rimasi libera in Germania con un gruppo di soldati italiani, di quelli che avevano detto no alla Repubblica sociale, e un paio di sopravvissuti al lager. Quei mesi sono stati importantissimi, eravamo malati gravissimi, avevamo bisogno di leccarci le ferite da soli» [a D’Amico, CdS] • «Al ritorno dal lager ero un animale ferito, diversa dalle mie coetanee, una ragazza goffa che non riusciva a integrarsi con gli altri e avvertiva in tutti un nemico» • «Avevo combattuto per sopravvivere per poi fare i conti con un’esistenza squallida: non sapevo comunicare e non trovavo nessuno che mi potesse ascoltare. Così la pistola che lo zio conservava nella cassaforte cominciò a solleticare la mia fantasia: ma perché devo vivere una vita così?» [a Simonetta Fiori, Rep] • Nei libri trovai la forza per andare avanti. E smisi di mangiare senza misura come avevo cominciato a fare subito dopo il lager. Quando tornai dalla Germania, sei mesi dopo Auschwitz, pesavo quaranta chili di troppo. Gli zii mi guardavano anche un po’ delusi: ma come, non morivate di fame? In noi sopravvissuti c’era sempre qualcosa di sbagliato» [ibid.] • «Per quarantacinque anni ne ho parlato solo con gli amici più intimi, con mio marito. Con gli altri no» • A 46 anni, quando anche la nonna materna morì, Liliana racconta di essere stata afflitta da una forte depressione: «Dentro di me cominciava a serpeggiare il dubbio di non aver fatto il mio dovere di testimone. Mi ero infrattata tra queste mura agiate, dentro una famiglia rassicurante, e la Liliana di prima l’avevo completamente lasciata indietro» [Fiori, cit.] • A 60 anni la decisione di diventare una testimone della Shoah: «Quando lo comunicai ad Alfredo si preoccupò che per me fosse troppo doloroso. Ma mi appoggiò. Da allora ho girato centinaia di scuole e parlato a migliaia di studenti. Ogni volta mio marito mi aspettava a casa e mi chiedeva “Come è andata amore mio?”. E io varcavo la soglia e riuscivo a lasciare tutto fuori» • Dopo trent’anni passati a raccontare la shoah nelle scuole nel 2018 arriva la nomina a senatrice a vita: «È stato un fulmine a ciel sereno. Mi sento una donna qualunque, una nonna, e non ho mai pensato a tutto questo. Sapere di essere tra i senatori a vita è un onore e una grande responsabilità. Ero già in contatto con il Quirinale perché il 25 gennaio sarò a Roma per la Giornata della memoria, stamane mi ha telefonato il presidente Sergio Mattarella, fino a oggi l’avevo visto solo in televisione, e mi ha detto che aveva deciso questa nomina. Non sapevo che i senatori a vita fossero solo cinque, sono sbalordita» [a Rastelli, CdS] • Il 5 giugno 2018, durante la discussione per il voto di fiducia al governo Conte I, è intervenuta per la prima volta in Senato ricordando le leggi razziali e il suo ricordo di deportata, suscitando il plauso di tutto il Senato. Ha inoltre dichiarato la sua ferma intenzione di opporsi a qualunque legge discriminatoria contro i popoli nomadi e le minoranze e di astenersi dal dare la fiducia al nuovo governo • Il 10 settembre 2019, in occasione del voto di fiducia sul secondo esecutivo guidato da Giuseppe Conte decise di votare a favore suscitando le critiche del centro destra • Come primo atto legislativo ha proposto l’istituzione di una Commissione parlamentare di indirizzo e controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza, proposta sostenuta tra gli altri dai colleghi senatori a vita Renzo Piano ed Elena Cattaneo. Il 30 ottobre 2019 il Senato della Repubblica, con i 151 voti favorevoli di Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Liberi e Uguali e Autonomie e le 98 astensioni di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, approva la mozione che prevede nello specifico tre articoli: il primo istituisce la commissione, il secondo ne specifica i compiti, il terzo riguarda il funzionamento stesso della commissione • Minaccia di morte e insultata viene messa sotto scorta il 7 novembre 2019 • Nel 2019 la proposta di Lucia Annunziata di candidare Liliana Segre alla presidenza della Repubblica per «per togliere il Quirinale dalla partigianeria della politica» • Il 29 gennaio 2020, su invito del Presidente David Sassoli, è intervenuta al Parlamento europeo, dove ha ricevuto un’ovazione dal pieno dell’assemblea • Cavaliere della Legion d’Onore dal 2020, nel 2021 ha pubblicato, in collaborazione con G. Colombo, il testo La sola colpa di essere nati e il libro Ho scelto la vita. La mia ultima testimonianza pubblica sulla Shoah, che raccoglie il suo ultimo discorso pubblico nella Cittadella della Pace di Rondine. Dal 2021 è presidente della Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza di Palazzo Madama [Treccani] • Ad aprile del 2021 è tornata a Roma «per votare la mozione per la cittadinanza italiana a Patrick Zaki».
Curiosità Ama il risotto giallo e le piace andare al cinema • Il Comune di Milano ha posato davanti alla loro casa tre pietre d’inciampo dedicate al padre e ai nonni, Alberto e Giuseppe Segre e Olga Lovvy • A febbraio 2020 Eugenio Gaudio, il rettore dell’università La Sapienza di Roma, ha conferito alla senatrice a vita il dottorato di ricerca honoris causa in Storia dell’Europa • Durante la quarantena vietò ai figli di andarla a trovare: «Dormo; faccio le parole crociate, fantastiche perché non pongono il vero problema ma problemi più stupidi; e telefono. Mi telefonano in tanti, autorità e amici che da trent’anni non sentivo per sapere, come ha fatto lei, se sono ancora viva» [a Zita Dazzi, Rep].
Amori La prima volta che Liliana incontra Alfredo Belli Paci aveva 18 anni, era in vacanza con i nonni materni a Pesaro. Lui vide il suo tatuaggio: «So cos’è, mi disse. E io mi sentii capita, senza bisogno di dire niente» • «Il primo bacio, dato scappando alla sorveglianza dei nonni, a pochi passi dall’hotel di Pesaro dove soggiornava. Gli appuntamenti clandestini nei caffè di Milano. Il fidanzamento ufficiale e il matrimonio. “Alfredo mi ha preso per mano, affascinato da me proprio perché ero così diversa da tutte le altre: più matura nella testa ma ingenua sentimentalmente, un bocciolo ancora tutto da schiudersi”» [Rastelli, CdS] • «È l’uomo senza il quale, forse, sarei diventata una di quelle donne che entrano ed escono dai manicomi, considerate "strane" dalle loro stesse famiglie». Alfredo Belli Paci muore nel 2007. Tre figli, tre nipoti.
Titoli di coda «Tu sei il mare e io l’onda» (Filippo, 8 anni, il più piccolo dei tre nipoti, alla nonna).