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 2021  settembre 22 Mercoledì calendario

Biografia di Bruce Springsteen

Bruce Springsteen, nato a Long Branch (New Jersey, Stati Uniti) il 23 settembre 1949 (72 anni). Detto The Boss. Uno dei più importanti rocker al mondo. Venti premi Grammy. Un premio Tony. Un premio Oscar. Due Golden Globe. Milioni di fan in tutto il mondo • «Ha passato gran parte della carriera a cantare i sogni e le delusioni americane» (Jon Pareles, la Repubblica, 13/7/2002) • «Salutato al suo apparire come “il nuovo Dylan” e, fortunatamente per lui, oggi quasi completamente affrancato da questa etichetta» (Renzo Arbore, Corriere della Sera, 25/11/1980) • «Stargli vicino fa sempre uno strano effetto. È come se uno dei volti del Monte Rushmore fosse sceso fra di noi» (Brian Hiatt, Rolling Stones, 1/10/2020) • «Perché corro per la presidenza? Perché non potrò mai essere Bruce Springsteen» (Barack Obama) • Divenne famoso con l’album Born to run (1978) e la canzone The darkness on the edge of town, storia amara di un’America operaia sottopagata ma fiera. Ottenne il suo più grande successo, con l’album Born in the U.S.A. (1984), contenente le canzoni I’m on fire, Glory days, Dancing in the dark e Born in the U.S.A. storia di un reduce dal Vietnam che, partito per evitare la prigione, una volta tornato in patria avverte l’ostilità dei contestatori della guerra e, persa ogni fiducia nel sogno americano, rimane intrappolato in una vita da incubo. Ha partecipato al singolo We are the World (1985), per raccogliere fondi contro la carestia in Africa e al Sun city (1985), contro l’apartheid. Tra le sue altre opere: Tunnel of Love (1987), sul mondo delle relazioni sentimentali; Streets of Philadelphia (1994) che gli fruttò un Oscar per la miglior canzone; il singolo The Ghost of Tom Joad (1995), ispirato al Furore di Steinbeck, che prospetta un inquietante parallelismo tra la Grande depressione degli anni Trenta e la situazione economica e sociale degli anni Novanta; The rising (2002), dedicata al crollo delle Torri gemelle. Da ultimo: Letters to You (2020) • «A vent’anni non ero un ribelle che sgommava con le auto da corsa, ma un chitarrista per le strade di Asbury Park, già membro a pieno titolo di quella categoria di personaggi che “mentono” al servizio della verità... gli artisti con la a minuscola. Avevo però quattro assi nella manica: la gioventù, quasi dieci anni di dura gavetta sui palchi dei bar, un valido gruppo di musicisti locali ben sintonizzati con il mio stile e una storia da raccontare» (da Born to Run, sua autobiografia, Mondadori, 2016).
Titoli di testa «Il mio soprannome originale era The Doctor, perché il mio gruppo si chiamava Doctor Zoom & the Sonic Boom, Mi ricordo che The Boss derivava dal fatto che alla fine della settimana davo la paga al resto del gruppo... Non era un soprannome da divulgare. Io avrei preferito che rimanesse segreto» (a Mark Hagen, Sette, n. 14/1999).
Vita Nato a Long Branch, ma cresciuto a Freehold, New Jersey. Secondo di tre figli di una famiglia come tante, ma «percorsa da una vena di malattia mentale mai ufficialmente diagnosticata e, comunque, taciuta: agorafobia, persone che si strappavano i capelli, zie che si mettevano a ululare nei contesti meno opportuni. “Da bambino certe cose erano un puro mistero, qualcosa di imbarazzante ma abituale”» (David Kamp, Vanity Fair, 1/10/2016). Una sorella più grande, Virginia, e una più piccola, Pamela. La madre, Adele Zerilli, origini pugliesi, fa la segretaria. Il padre, Douglas, mezzo olandese e mezzo irlandese, è un uomo irascibile, solitario, con il vizio di bere, «un personaggio alla Bukowski». Abbandonate le scuole prima del diploma, passa da un lavoro all’altro: factotum in una fabbrica di tappeti, addetto alla catena di montaggio in uno stabilimento Ford, autista dell’autobus. «Gli chiedo se ha mai sentito suo padre pronunciare le parole “ti voglio bene”. “No”, risponde con una certa sofferenza. “Con lui il massimo era: ‘Ti voglio bene, papà’, (assume il tono burbero del padre, ndr), ‘Eh, anch’io’”» (Kamp). «Si dice che gran parte del rock’n’roll non sia altro che il grido di un bambino che cerca l’attenzione del padre. Per quanto mi riguarda è così» (a Piero Negri, La Stampa, 4/11/2016) • La famiglia Springsteen è cattolica. Bruce, dai sei ai quattordici anni, va a scuola dalle suore. «La Bibbia ha formato la mia lingua, il cattolicesimo, con i suoi concetti di peccato, redenzione, dannazione eterna, salvezza, ha formato il mio immaginario». È uno studente timido, impacciato con le ragazze. Spesso viene picchiato, i compagni lo chiudono in uno sgabuzzino. È mediocre pure nel profitto scolastico. «Io non leggevo molto e non frequentavo nessuno che parlasse di William Burroughs». L’unica sua passione è la musica, che scopre a sette anni guardando Elvis Presley esibirsi al The Toast of the Town, lo spettacolo serale della CBS. «Ricordo bene, per esempio, la prima volta che ascoltai Bob Dylan. Sarà stato il ’65, quando Like a Rolling Stone arrivò alla radio. Fu una rivelazione: nessuno parlava del nostro Paese in modo cosi tangibile, così vero». Quando ha tredici anni, compra la sua prima chitarra per diciotto dollari. Quando ne ha sedici, sua madre prende dei soldi in prestito per comprargli una Kent da sessanta dollari. I suoi, però, vorrebbero per lui una carriera più stabile di quella del musicista. «Quando ero giovane due cose erano poco popolari in casa mia. Una ero io e l’altra la mia chitarra. Quando la suonavo mio padre infilava il tubo della stufa nella grata di camera mia, e per non rimanere affumicato dovevo uscire. Lui era solito chiamare la mia chitarra non Fender o Gibson, no, lui la chiamava sempre Dannata chitarra. Tutte le volte che bussava alla mia porta tutto quello ch gli sentivo dire era “spegni quella dannata chitarra”. Doveva pensare che tutta la roba nella mia stanza fosse della stessa marca: dannata chitarra, dannato stereo, dannata radio». Ma Bruce non demorde. Fa un lungo apprendistato musicale per le strade del New Jersey, partendo dalla sua Freehold, con il suo skykine di fabbriche e il risuonare del rock’n’roll dalle autoradio. Milita in una serie di complessini: i Castiles, rock band ispirata al beat inglese, gli Earth e Child, gli Stuart Mill. Si costruisce una sua poetica, «mescolando l’energia del rock’n’roll con una straordinaria capacità di dipingere con i testi i paesaggi metropolitani e l’urgenza del sentimenti giovanili» (Marinella Venegoni, La Stampa, 8/6/1984). Non si droga. «Pensavo a Presley, l’uomo che aveva tutto e lo aveva buttato via. Volevo essere una star completa, grande nel canto, nei testi, negli arrangiamenti, nella chitarra, nell’esecuzione dal vivo» • La scintilla è l’audizione con il re degli scopritori di nuovi talenti, il produttore John Hammond. «Bruce suona un pezzo, Saint in the City. Guarda in faccia Hammond e il santone dice: “Devi venire da noi alla Columbia Records”. È fatta. Tutto cambia, via da Freehold, dal New Jersey, dalla mediocrità. Una corsa magnifica, per uno che si sentiva nato per correre» (Stefano Pistolini, Il Foglio, 23/9/2016).
Amori Due matrimoni. Il primo con Julianne Phillips, dieci anni più giovane di lui, nel 1985, i giornali statunitensi li definirono «la coppia più affascinante d’America dai tempo di John e Jacqueline Kennedy», divorziarono nel 1989, un po’ perché Bruce era sempre in tournée, un po’ perché Julianne aveva scoperto che lui la tradiva con la cantante Patti Scialfa. Il secondo con Patti Scialfa: ebbero tre figli, si sposarono nel 1991, andarono in luna di miele allo Yosemite National Park. Ha detto: «L’amore è l’unico miracolo terrestre che ci è dato vedere e toccare. È Dio incarnato, in mezzo a noi».
Figli Evan James (n. 1990), un posto a radio XM. Jessica (n. 1991), campionessa olimpica di equitazione. Sam Ryan (n. 1994), vigile del fuoco, operativo in una caserma della Monmouth County, la contea del New Jersey il nido della famiglia.
Dolore Ha sofferto di depressione patologica, che ha cercato di combattere con farmaci e terapia. A lungo pensava che la musica lo avrebbe aiutato («Quando scendi da un palcoscenico dopo quattro ore di show non hai le forze per essere depresso»). «È possibile, mi chiedo, che io arrivi a stare talmente male da assomigliare a mio padre più di quanto credevo?».
Politica Ronald Reagan utilizzò Born in the U.S.A. durante la campagna per la sua rielezione, nel 1984. Lui si arrabbiò tantissimo («Non credo che lo abbia mai ascoltato ... »). Da allora si è schierato, tra le altre cose, contro la violenza della polizia sui neri (già nel 2000, con la canzone American Skin - 41 Shot), contro la guerra in Iraq, contro George Bush, per l’ambiente, per Black Lives Matter («quando non evolve verso la violenza»), contro Donald Trump («È un imbecille, lo trovo spaventoso, terribile per la nostra democrazia anche se non vince»). Nel 2020, benché gli piacessero molto Bernie Sanders e Elizabeth Warren, ha votato per Joe Biden.
Religione «Le mie canzoni sono cattoliche, hanno una strofa che è blues, è lavoro, è preghiera, e un ritornello che è beatitudine gospel. Le mie canzoni non sono che una lunga e rumorosa preghiera».
Curiosità È alto 1 metro e 75 • Da bambino il suo film preferito era Sentieri selvaggi (John Ford, 1956) • Prima di darsi alla musica, aveva pensato di diventare giocatore di baseball • Ha assicurato la sua voce per sei milioni di dollari • È grande amico di Robert De Niro • L’asteroide 23990 è stato battezzato asteroide Springsteen in suo onore • Un’ora prima di ogni concerto, prepara una scaletta di trentun canzoni, scritta a pennarello in grandi lettere sbilenche e subito dopo distribuita a musicisti e tecnici su un foglio battuto al computer e stampato. Nel corso della serata, poi, è sempre pronto ad aggiungere o togliere qualche pezzo all’ultimo minuto. «Credo che il pubblico voglia sostanzialmente due cose: sentirsi a casa ed essere sorpreso» • Per scrivere la sua autobiografia, Born to Run (528 pagine per 771 grammi di peso) ci ha impiegato sette anni, «Devo aver già autografato settantamila copie del mio libro, forse è un record mondiale» • Si divide tra un allevamento di cavalli nella sua Monmouth County, una seconda casa nel New Jersey e altre lussuose proprietà in Florida e a Los Angeles • Sua moglie si è fatta notare durante una vacanza a Villa D’Este per il vezzo di camminare, anche la sera, a piedi scalzi • Usa il Mac • Ha due cani: un pastore tedesco di nome Dusty (Dusty Springsteen!) e un piccolo terrier chiamato Toast • Collezionista di orologi antichi, moto e auto d’epoca. «Quando mi viene un dubbio mi metto al volante. Che faccio con questa canzone? Ah, guidiamo un po’...» • In quasi cinquant’anni di carriera non aveva mai fatto nessuna pubblicità fino al Super Bowl del 2021, quando apparve in uno spot della Jeep (la Jeep, comunque, ritirò lo spot una settimana dopo, visto che si era scoperto che meno di tre mesi prima Springsteen era stato arrestato mentre guidava in stato di ebrezza) • A differenza di quando era giovane, oggi adora leggere. I suoi libri preferiti sono Moby Dick («avrei voluto che non finisse mai»), L’amore ai tempi del colera, i russi, i racconti di Cechov, i romanzi di Tolstoj e Dostoevskij, Philip Roth, Cormac Mc-Carthy, Richard Ford e Walt Whitman («L’estate mi fa sempre venire di voglia di prendere Foglie d’erba e mettermi seduto in veranda a leggerlo: alla fine sono più felice») • Dice di essere riuscito a combattere i suoi fantasmi con le sue esibizioni dal vivo. «I concerti sono la più affidabile forma di autoguarigione. Producono euforia, ma il pericolo arriva quando pensi: hey man, vivrò per sempre! Percepisci tutto il tuo potere. Poi scendi dal palco e realizzi che è finita. E così la mortalità rientra in gioco».
Titoli di coda «Io la vita me la immagino sempre come un’auto. A bordo ci sono tutte le tue personalità. Può anche farne salire una nuova, ma quelle vecchie non scendono mai. Quel che importa è chi sta guidando in un certo momento».