28 settembre 2021
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Biografia di Pier Luigi Bersani
Pier Luigi Bersani, nato a Bettola (Piacenza) il 29 settembre 1951 (70 anni). Uomo politico. Cominciò come funzionario del Pci a Piacenza. Fu poi vicepresidente della Comunità montana, vicepresidente del Comprensorio, consigliere regionale, assessore, vicepresidente, infine presidente della regione Emilia-Romagna (1993-1996). Già ministro dell’Industria (dal 1996 al 1999, con il Prodi I e il D’Alema I), dei Trasporti e della navigazione (dal 1999 al 2001, con il D’Alema II e l’Amato II) e dello Sviluppo economico (dal 2006 al 2008, con il Prodi II). Eletto deputato nel 2001 (Ds), 2006, 2008 e 2013 (Pd), da ultimo nel 2018 (con Liberi e Uguali). Parlamentare europeo dal 2004 al 2006. Già segretario del Pd (dal 2009 al 2013). Già candidato premier della coalizione di centrosinistra «Italia. Bene Comune» alle politiche del 2013: disse di voler arrivare a Palazzo Chigi «con il passo lento dell’alpino», riuscì a ottenere un mandato esplorativo dal presidente della Repubblica, ma sulla sua strada incontrò i grillini che si rifiutarono di formare un governo con lui e lo umiliarono in diretta streaming • «Il povero Bersani» (Giuliano Ferrara) • «Una persona perbene e generosa» (Silvio Berlusconi, commosso dal fatto che, dopo l’attentato nel dicembre 2009, lo andò a trovare in ospedale e stette con lui mezz’ora tenendogli la mano) • «È simpatico come un salumiere con la matita all’orecchio che affetta un vecchio salame» (Pier Francesco Pingitore) • «Non è un Machiavelli come D’Alema, non è nevrastenico, non è narciso, non ha i vizi del potere, non subisce il fascino di Roma, non ama il lusso. Non è cattivo, e questo, nel Pd, non è una cosa da poco» (Enrico Deaglio, il Venerdì, 5/10/2012) • «Belìn, questo ha perso più battaglie del general Cadorna a Caporetto e ci viene venduto da Floris come Nelson a Trafalgar!» (Beppe Grillo, 30/5/2013) • «Negli affari più controversi degli ultimi anni c’era sempre. Nel capolavoro della privatizzazione Telecom nel 1999 o nella proposta di fondere Bnl e Monte dei Paschi. Ha perfino preso le difese di Fazio e Fiorani. Dietro l’aria da tortellone ha fatto più danni di Attila» (Marco Travaglio) • «Secondo me non si ricorda neanche di essere pelato» (Vittorio Sgarbi) • Nel 2017, dopo aver rotto con l’allora segretario Matteo Renzi, è uscito dal Pd per fondare Articolo 1 – Movimento Democratico e Progressista assieme a Roberto Speranza, Enrico Rossi e Massimo D’Alema. «Compagno Bersani, te lo saresti mai immaginato che un giorno ti saresti trovato davanti me, un vignettista, come direttore dell’Unità, a intervistare te, in posizione di opposizione rispetto al segretario? “A mia parziale discolpa dirò che non te lo immaginavi neanche te”» (Sergio Staino, l’Unità 12/10/2016).
Titoli di testa «“Le racconto un aneddoto che le spiega un po’ come sono io”. Prego. “Quando ero ministro del primo governo Prodi andai a vedere un concerto di Fabrizio De André al Teatro Municipale di Piacenza. Ci presentarono. De André mi squadrò e sentenziò: “Mi piaci. Sembra quasi che non te ne importi molto di fare il ministro”. Gli erano bastati pochi secondi per inquadrarmi. Gli confessai che quel tanto di anarchismo che mi appartiene lo dovevo a lui”» (Vittorio Zincone, 7, 31/5/2019).
Vita Nato a Bettola, cinquemila abitanti, ai piedi dell’Appennino, dove la Dc prende l’80% dei voti. La sua è una famiglia umile. Il padre, Giuseppe, è meccanico e benzinaio: gestisce la pompa della Esso. La madre, Bruna, è molto di chiesa. Il piccolo Pier Luigi, un giorno, organizza uno sciopero contro il parroco, don Vincenzo, «perché non ridistribuiva tra i chierichetti gli oboli versati in chiesa» (Deaglio) • A 15 anni, è uno dei tanti «angeli del fango» accorsi a Firenze dopo l’alluvione del 4 novembre 1966. «Nelle foto si vedono sempre i ragazzi che mettono in salvo i libri. Noi invece eravamo sul Lungarno a spalare nei laboratori di artigiani e orafi invasi dal fango. Spalavamo e veniva su una carrettata di gioielli. Alla fine, ognuno di noi ebbe in dono una croce d’argento, che io regalai a mia madre» (Marianna Aprile, Novella 2000, 4/3/2010). Diploma di maturità classica a Piacenza, servizio militare come soldato semplice nelle pietraie di Macomer, laurea in Filosofia a Bologna con il massimo dei voti e una tesi su La grazia e l’autonomia umana nella prospettiva ecclesiologica di san Gregorio Magno. Quando dice ai genitori di essere diventato comunista, per loro, è uno choc. «Scoprii che il parroco, un sant’uomo, indicava a quelli dell’Agip i democristiani del paese da assumere» (Vittorio Zincone, Magazine, 12/2007) • Il giovane Bersani è tra i fondatori di Avanguardia Operaia: un giorno, mentre lui e i suoi stanno distribuendo volantini in piazza Maggiore a Bologna, per poco vengono pestati da quelli del Fronte della Gioventù. «Il Pci comparirà nella vita di Bersani solo a metà degli anni ’70, come “rifugio di serietà” dopo un’ubriacatura di parole. Anni di lavoro oscuro: segue per il partito la formazione professionale della gioventù, le comunità montane del Piacentino, l’industria casearia, i ceti medi produttivi di togliattiana memoria e tutte le cooperative possibili e immaginabili» (Deaglio.). «Lei è cresciuto con qualche mito politico? “Enrico Berlinguer”. Lo ha conosciuto? “Ricordo un incontro in particolare, nel 1980. Io ero responsabile per l’Emilia Romagna degli aiuti ai terremotati dell’Irpinia. Berlinguer organizzò un incontro di coordinamento in un hotel di Salerno. Da lì, in quei giorni, fece partire la cosiddetta “seconda svolta di Salerno”, cioè la fine del compromesso storico e il lancio dell’alternativa democratica. Era teso. Non dimenticherò mai i suoi occhi. Berlinguer aveva uno sguardo di un’intensità quasi insostenibile. E, soprattutto, dava l’idea che sulla panchina della politica si devono sedere anche il rigore, la serietà e l’etica”» (Zincone). «Iniziamo da una data. 27 giugno 1980. “È il giorno in cui si insedia il consiglio regionale dell’Emilia-Romagna in cui ero stato appena eletto, per la prima volta. Quando mi comunicano la data, non la prendo bene. Con tutti i giorni che c’erano, dico io, proprio quello?”. Perché? “Avevo comprato da mesi i biglietti per il concerto di Bob Marley allo Stadio San Siro di Milano”. Un concerto leggendario. “Non l’avrei perso per nulla al mondo. Inizia la seduta del consiglio regionale, stavo fremendo perché più passavano le ore, più il rischio di perdere il concerto si faceva concreto. Ce la faccio per un pelo: mi infilo con giacca e cravatta in un pullman di ‘smandrappati’ che parte da Bologna ed è diretto allo stadio di Milano. Arrivo per tempo ma ovviamente ero vestito da consigliere regionale, non avevo fatto in tempo a cambiarmi. Sul prato di San Siro c’era un odore di hashish che si moriva; ovviamente, vestito in quel modo, tutti mi scambiavano per un questurino. E io stavo al gioco, vivevo quel sogno collettivo e intanto mi aggiravo tra la gente simulando uno sguardo inquisitorio, unico con la giacca tra ottantamila persone. Sarebbe successo altre volte”. Che cosa? “Che un concerto rock si sovrapponesse ad appuntamenti istituzionali cruciali per la mia vita. Nel 1994 il consiglio dell’Emilia-Romagna mi elegge presidente della Regione. Mi ero messo in testa di ridurre il numero degli assessori e di sceglierli di testa mia. Si immagini il delirio che c’era, tutti arrabbiati, un susseguirsi di riunioni di maggioranza, tensione alle stelle. A un certo punto, dico ‘vabbe’ io vi saluto, me ne vado al Palasport’. Gli altri pensavano che scherzassi invece era vero, avevo il biglietto dei Guns’n roses, che quella sera suonavano a Casalecchio di Reno. L’edizione locale di Repubblica il giorno dopo titolò in prima pagina “Rose e fucili per Bersani”. Il giorno dopo, però, erano solo rose...». «Due anni dopo, altro momento cruciale, altro concerto. Prodi mi chiama per fare il ministro dell’Industria nel suo primo governo. Visto che era stata approvata la nuova legge elettorale per le regioni, c’era un dilemma interpretativo: le mie dimissioni da presidente della Regione avrebbero comportato un ritorno alle urne oppure no? Dico a tutti: se non si deve tornare al voto, vengo a fare il ministro; se invece questo comporta le elezioni anticipate in Emilia-Romagna, rimango a Bologna. La sera che c’è una riunione decisiva tra i costituzionalisti del centrosinistra, mollo tutto e vado a vedere il concerto degli Ac/Dc”» (Labate).
Amore Sposato (in chiesa) con Daniela, farmacista, conosciuta a 18 anni. Due figlie: Elisa e Margherita. «Elisa lavora in un’impresa piacentina ed è sposata con Fadel, un ragazzo siriano d’oro. Margherita è ricercatrice in biotecnologie, precaria» (Zincone, 2019). «Come le è stata vicina in questi anni sua moglie Daniela? “Vorrebbe che mi riposassi. Se annunciassi il ritiro dalla politica, organizzerebbe un festone”. E le sue due figlie? Che padre è stato per loro? “Forse un po’ assente. Mi sono perso un sacco di cose”. Non parla con loro di politica? “No. Ho preso la sobrietà di mio padre, meccanico e benzinaio di Bettola: è morto senza mai parlarmi della sua Campagna di Russia. Io non ho mai raccontato loro la mia attività politica”» (Francesco Oggiano, Vanity Fair, 20/9/2017).
Frasi «Mentre ero a Padova con un’associazione di disabili, Berlusconi trattava su Balotelli. Vi do l’annuncio: sto trattando per Messi al Bettola football club, gratis. Nella mia città non c’è la squadra, ma mi dicono che Messi gioca da solo, secondo me ce la fa». «Non ci siamo accorti che la mucca nel corridoio sta bussando alla porta». «Io non lascio la nave, posso starci come comandante o come mozzo ma non l’abbandono». «Il consenso è come una mela sul ramo: balla, balla ma cade solo se c’è il cestino». «Io non ho mandato per pane i farmacisti». «Giulio Tremonti è un uomo tutto riso e fagioli». «C’è tanta gente che preferisce un passerotto in mano piuttosto che il tacchino sul tetto. Lo dico a tutti i miei compagni: non accontentatevi del piccione in mano, andiamoci a prendere il tacchino». «Smacchieremo il giaguaro». «Se al maiale ci tiri il gomitolo, non è che ti fa il salame di felino». «Vede, quando ero giovane parlavo da schifo. Laurea in filosofia, militanza politica, pensi che cosa poteva venire fuori. Non mi capiva nessuno. Poi ho capito che parlare chiaro non è una questione di linguaggio ma una vera e propria scelta morale» (Labate).
Riforme Nel 1999, da ministro dell’Industria, firmò un decreto per una graduale liberalizzazione del settore elettrico (attaccò la concentrazione verticale dell’Enel, imponendo la costutuzione di società separate per le varie fasi di produzione, distribuzione e esercizio, impose soglie massime di produzione, etc.). Nel 2006, con il Prodi II sorprese tutti varando, senza concertare niente con nessuno, un decreto che introduceva elementi di liberalizzazione nel rapporto tra alcune categorie e i consumatori: possibilità di vendere medicine senza ricetta anche nei supermercati (decisione che fece infuriare la categoria dei farmacisti, ma difesa a spada tratta dalla moglie, farmacista anch’essa); abolizione delle tariffe minime per gli avvocati (scioperi a catena); nuove regole, relativamente al rapporto con i clienti, per le banche; possibilità per i Comuni di permettere il cumulo delle licenze di taxi, provvedimento questo che suscitò la violenta reazione dei 19 sindacati del settore obbligandolo a una parziale marcia indietro. A chi gli contestava la mancata concertazione, rispose con una frase che vale un programma di governo: «Le regole non sono oggetto di concertazione». Il decreto fu poi convertito in legge grazie a un voto di fiducia
• All’inizio del 2007 fu varato un secondo pacchetto di liberalizzazioni. Tra i provvedimenti previsti: cancellazione dei costi di carica nella telefonia mobile, vendita di giornali possibile anche fuori dalle edicole, abolizione dell’esclusiva di distribuzione delle polizze danni, recesso senza vincoli da contratti di telefonia o internet, portabilità ed eliminazione delle penali in caso di estinzione del mutuo, creazione di una “borsa del gas” in modo da rendere più flessibile il mercato. «Ha presente Keith Richards? Se ascolta bene i Rolling Stones, scoprirà che il chitarrista gioca sempre d’anticipo. È una frazione di secondo ma quell’anticipo c’è, cambia il senso del pezzo, del disco, del concerto. Io faccio così, ho sempre cercato quell’anticipo alla Keith Richards nella mia vita. Non è che lui dicesse “ah, zitti tutti, adesso parto con l’assolo di chitarra”. No, lo fa e basta. La riforme si fanno così, come gli assoli di Richards»
• «Se fosse diventato premier, nel 2013, si sarebbe mosso in questo modo? “Avevo detto che la prima riforma sarebbe stata lo ius soli. Dove sarebbe stata la mossa d’anticipo, in questo caso? Avrei riunito il primo consiglio dei ministri, che solitamente si riunisce giusto per le presentazioni. E invece io, da quella prima riunione, sarei venuto fuori col provvedimento”» (Labate).
Critiche «Fatta la legge, trovato l’inghippo. E in due anni notai, commercialisti, psicologi, medici, odontoiatri, giornalisti, avvocati, ingegneri, architetti, di garbugli ne hanno trovati parecchi. Perché, a loro, la liberalizzazione delle professioni, la “lenzuolata” di Pierluigi Bersani del 2006, non ha fatto un baffo. Parola dell’Antitrust, che dopo 26 mesi di indagine è arrivata ad una sconcertante conclusione: la liberalizzazione resta un sogno, e la legge Bersani va rifatta. Da capo. Quasi nessuno dei meccanismi inventati per portare un po’ di concorrenza nei servizi professionali ha funzionato» (Mario Sensini, Corriere della Sera, 22/3/2009).
Malore «Cosa ricorda del 5 gennaio 2014, il giorno in cui ha rischiato di morire per un’emorragia cerebrale ? “Che stavo in ambulanza, vigile ma ormai cosciente del pericolo di vita, visto l’agitarsi del personale medico e paramedico attorno a me”. È vero che in questi casi passa tutta la vita davanti? “Nel mio caso pensavo solo a una cosa. Se non mi salvo, muoio da pirla. Diranno tutti, quel Bersani è stato un pirla’”. E perché? “Perché, convinto della necessità di qualificare le strutture sanitarie, ero stato io a non volere il reparto di neurochirurgia a Piacenza. L’eccellenza doveva essere a Parma, purché avesse in rete i dati di ciascuno in tempo reale dalle province vicine. Fossi morto nel viaggio disperato tra Piacenza a Parma, sarebbe stata la sconfessione di un modello. Sarei stato un pirla, appunto. Morto e pirla insieme”» (Labate).
Religione Ateo, ma non contrario al crocifisso nelle scuole. «Un’antica tradizione come non può essere offensiva per nessuno. Penso che su questioni delicate come questa, qualche volta il buonsenso finisce di essere vittima del diritto».
Tifo Juventino.
Vizi Dopo l’ictus ha smesso di fumare il sigaro (aveva iniziato con le sigarette a 14 anni). «A proposito, ha mai fumato una canna? “Provai una volta, a 18 anni. Feci un tiro, ma aveva un sapore troppo dolciastro. Tornai alle mie nazionali senza filtro”» (Oggiano).
Curiosità Ha un gatto rosso di nome Ralph, come il Ralph Malph di Happy Days • «Ho questo problema: i cellulari mi cascano sempre nell’acqua...» • «Passa molto tempo online? “Mi inchino a Internet. Ma non uso né Facebook né Twitter. Preferisco i bar”» (Oggiano) • In tivù guarda le partite, qualche film, Rai Storia e Gomorra • Gli piace leggere libri di storia e incontrare più persone possibile • Ogni settimana torna a Piacenza dalla famiglia • Canta sotto la doccia. «Prevalentemente musica italiana. Ma quando intono canti di montagna canto pure in friulano» • Gli piacciono Guccini, Dalla, «l’Emilia delle strade lunghe» di Ligabue, i «rumori del cascinale» del romagnolo Zucchero, fino «al più grande di tutti», Vasco Rossi, «uno che parla per conto di un popolo. Uno che è legato alle radici di una terra, proprio come Giuseppe Verdi» • «Ha raccontato una volta che avrebbe voluto imparare a suonare il pianoforte, ma era il 68 e c’era la rivoluzione da fare: “La rivoluzione non è arrivata e io non so suonare il piano”» (Fabrizio Rondolino) • Nel febbraio 2010, da segretario del Pd, andò ospite alla finale del Festival di Sanremo, tra le polemiche (anzitutto dei suoi). «Il Pd è un partito popolare, senza snobismi, che va dove c’è la gente. Dove la gente ha dei problemi e soffre, ma anche dove si diverte». Fu fischiato dal pubblico dell’Ariston non appena ebbe aperto bocca • Nel novembre 2010 salì sul tetto della facoltà di Architettura a Roma in segno di solidarietà con i precari dell’Università lì accampatisi per protesta. Vi trovò degli studiosi di musica patriottica del XIX secolo, che cantavano canzoni come Addio, mia bella addio o La bella Gigogin. Lui si unì a loro: le sapeva tutte • In estate gli piace rifugiarsi nei silenzi della Barbagia • Rosy Bindi lo definì «il più bello del centrosinistra». Alessandra Moretti, sua ex portavoce, disse «Ma avete mai visto le foto di Bersani da giovane quando aveva i capelli fluenti? Assomiglia a Cary Grant, un possibile attore, e poi è alto con le spalle larghe. Non c’è paragone con Renzi…» • Roberta Lombardi gli ha chiesto pubblicamente scusa per l’incontro in cui gli disse «Ascoltandola mi è sembrato di essere di fronte a una puntata di Ballarò». Ha detto di essere stata troppo aggressiva • Dice di essere felice. «La tristezza è un lusso da ricchi» • «“A 28 anni proposi alla regione Emilia un convegno di tre giorni sulla morte che si doveva tenere al Palazzetto dello Sport di Bologna. La prima giornata era dedicata agli interventi degli storici di scuola francese sui diversi modi di morire. La seconda, dal titolo “Morire oggi”, era dedicata ai servizi pubblici sul fine vita. La terza, avrei riunito tre grandi saggi: Cesare Zavattini, Cesare Musatti e Tonino Guerra. Ogni persona del pubblico sarebbe potuta salire sul palco per 3 minuti e dire la sua sulla morte”. Un po’ lugubre, ma interessante. Come andò a finire? “Mi cassarono la proposta”» (Oggiano) • «Tornerà mai nel Pd? “Devono cambiare molte cose, il Pd dovrebbe correre rischi e investire sul proprio consenso arrivando a raggiungere anche quelli che stanno fuori. Altrimenti, il consenso di oggi finisce che lo perdi e vincono le destre. A queste condizioni, sì. In caso contrario, torno o non torno, non cambia nulla”» (Labate).
Titoli di coda «Se si adottasse in Italia il criterio di valutazione della vita pubblica che adottano in America, qua rimarrebbero solo i bambini sotto i dieci anni e Pierluigi Bersani» (Vincenzo De Luca).