la Repubblica, 27 ottobre 2021
Io, vaccinato con Sinovac
«È qui per il vaccino? Codice verde e passaporto». Ecco. «Quinto piano, la aspettano i colleghi». Che, cordiali e sorridenti, già mettono le mani avanti, scusandosi. «Ci sarà da aspettare. Oggi c’è molta gente». Stranieri residenti qui, principalmente. Tutti in fila al Bju, il primo ospedale internazionale nato alla fine degli anni 90 nel distretto di Chaoyang. Nella saletta d’attesa si compilano le scartoffie per poter ricevere la prima dose di vaccino “made in China”: l’unico disponibile nel Paese, visto che il Dragone non riconosce quelli occidentali. E viceversa. Foglio informativo da firmare e presa visione delle possibili controindicazioni. E la piccola postilla: come tutti gli altri vaccini, anche questo non è efficace al 100%. Già, ma quanto lo sono i vaccini cinesi? Sinovac e Sinopharm – i due approvati a giugno dall’Oms per l’utilizzo di emergenza – variano dal 51% del primo al 79% del secondo nel prevenire le infezioni. Pechino procede spedita: il 76% della popolazione è stato già completamente vaccinato. Non è obbligatorio, ma “fortemente” consigliato, soprattutto per certe categorie di lavoratori. Anche se sacche di resistenza nel Paese rimangono: non tutti si fidano.
Domande: è allergico agli ingredienti presenti nel siero? Ha malattie neurologiche? È incinta? Risposte: No. No. Decisamente no. Nemmeno il tempo di finire e sul telefonino arriva il messaggio: «Per la seconda dose si deve presentare alle ore 13.20 del 19 novembre».
Armati di numeretto, ci si sposta nella sala iniezioni. Prima, breve colloquio con la dottoressa. «È stato in zone a rischio fuori Pechino nell’ultimo mese?». No. «Bene». Quale ci date oggi? «Oggi abbiamo Sinovac, molto buono», dice con lo stesso tono e lo stesso sorriso con il quale un cameriere potrebbe proporti al ristorante un’anatra alla pechinese. «Per uno-due giorni potrebbe dare sonnolenza. Oggi non vada in piscina. Non beva alcol per tre giorni. Ah, e eviti cibo piccante!». L’imprenditore giapponese seduto a fianco dopo aver origliato la conversazione inizia ad agitarsi. «Ma come? Mi era stato detto che davate il Sinopharm: è più efficace. Voglio parlare con la responsabile e vedere i dati, è il mio diritto di paziente». «Vuole l’altro vaccino? Si cerchi un altro ospedale», sbotta la caposala dopo mezz’ora di discussione. Il giapponese si arrende. “Numero 32”. L’infermiera tira fuori dal mini-frigo la fialetta. «Vede, scade nel 2023. Scopra la spalla sinistra. Ora deve rimanere qui in osservazione per 30 minuti. Se non succede niente, può andare a casa». Incoraggiante. Se non succede niente, ci si rivede alle ore 13.20 del 19 novembre.