Claudio Savelli per “Libero quotidiano”, 26 ottobre 2021
ATTACCO DI "CHOLITO" - LA STRANA CARRIERA DEL FIGLIO DI SIMEONE, PASSATO DA GIOVANE PROMESSA IN ARGENTINA A FLOP IN ITALIA FINO A DIVENTARE IL MATTATORE DI SARRI – PER LA SECONDA VOLTA IN CARRIERA GIOVANNI SIMEONE HA "BUCATO" CON ALMENO UNA TRIPLETTA LA SQUADRA DEL TECNICO TOSCANO (ERA SUCCESSO IN UN FIORENTINA-NAPOLI) – GRAZIE AL POKER CONTRO LA LAZIO, SIMEONE ENTRA NEL CLUB DEI 18 GIOCATORI CHE SONO RIUSCITI A FARE ALMENO QUATTRO GOL IN UNA PARTITA DI SERIE A... -
Giovanni Simeone non ha più l'età per essere una promessa del calcio. Ventisei anni sono semmai la soglia della maturità, il momento in cui stai offrendo il meglio e qualcuno è pronto a coglierlo. Invece, nel caso di Simeone, nessuna grande squadra si è fatta avanti, anzi, la parabola della sua carriera è una linea.
Piatta, impantanata in una zona di comfort di metà classifica. Dopo gli inizi tra River Plate (era un prodigio nelle giovanili) e Banfield (accettato al posto del Palermo), Simeone approda in Italia, su suggerimento di papà Diego, al Genoa che, Milito insegna, per gli attaccanti argentini ha il tocco. Grazie a 12 gol in 35 presenze nel 2016/17 compie il primo salto verso la Fiorentina, arrotondando a 14 reti in 38 apparizioni (2017/18, miglior annata finora).
Ma la seconda stagione in Viola, quella dell'attesa svolta, si consuma nell'anonimato personale e della squadra (6 reti in 36 apparizioni), così Simeone diventa un incompiuto, oltre che un attaccante spesso incompreso.
RIPARTENZE Scende di grado - con tutto il rispetto - verso il Cagliari, dove di nuovo alterna un primo anno discreto, in linea con le abitudini (12 gol in 37 presenze) ad uno grigio (6 reti in 33). E così, in estate, il Verona maestro di occasioni l'ha colto in prestito (1,5 milioni) con un diritto di riscatto (12 milioni): la stessa cifra spesa dal Cagliari, poco meno dei 17 versati dalla Fiorentina al Genoa, a conferma che la valutazione nei suoi confronti è lineare. Pure troppo.
Sulla linearità ha fondato sia la carriera da giocatore sia quella di allenatore papà Diego El Cholo, la cui filosofia è abbracciata da Giovanni: «Gli altri parlano, tu allenati», recita un suo post. Simeoncino è cholismo puro ma guai a chiamarlo Cholito: preferisce emanciparsi, essere solo e soltanto Simeone «diventando più forte di papà».
Impresa ardua per la quale serve in campo la costanza che Giovanni ha nella vita - è rigoroso, attentissimo all'alimentazione (anche grazie alle schede "prestate" dall'Atletico Madrid del papà), praticante della meditazione e uomo di casa con Coco e Marvel, un cane e un gatto, e Giulia, fiorentina, prima sua fidanzata e da quest' estate sua moglie- mai che sia sopra le righe.
La quadripletta alla Lazio di Sarri, con cui entra nell'esclusivo club dei 18 pokeristi in A, è uno dei picchi della sua carriera, poi spesso disattesi («Da tempo non vedevo un attaccante giocare così», ha ammesso mister Tudor: domani con l'Udinese l'occasione per confermarsi). Lo scorso anno iniziò con 5 reti nelle prime 6 presenze, segnandone solo un altro nelle restanti 27.
Tre anni fa chiuse la miglior stagione nella Fiorentina e in Italia con una tripletta al Napoli di Sarri, sempre lui: sì, quella dello scudetto «perso in albergo a Firenze», sempre nella giornata del Derby d'Italia e sempre a Reina. Il problema di Simeone è che il pregio diventa un difetto.
È un attaccante d'area - tre dei quattro gol alla Lazio sono da centravanti d'altri tempi, più l'imprendibile tiro dal limite - relegato in squadre che non portano lì il pallone (il Verona ambisce a farlo) e che infatti quando vanno in difficoltà (vedi ogni seconda annata del Cholito) lo spingono in panchina come soluzione di tutti i mali. Così, in quella dimensione di metà classifica, Simeone finora è rimasto. Chissà quanti gol farebbe in una grande. Chissà se esiste un direttore sportivo che se lo sta chiedendo.