Il Sole 24 Ore, 26 ottobre 2021
Anche i cinesi pagheranno una tasse sulla casa
AFP La bolla. Complesso residenziale sviluppato da Evergrande a Guangzhou La casa, in Cina, è la famiglia e la famiglia è la casa.
Una simbiosi atavica, a partire dall’ideogramma di famiglia (Jia) che include il simbolo del tetto casalingo, bene primario rimasto, finora, al riparo da tributi e balzelli.
Il tabù è caduto e tra poco più di un lustro quel 70% dei cinesi che, grazie al benessere, possiede una (o molte più) case, dovrà pagare una tassa generale sulla proprietà immobiliare, residenziale e non.
In gestazione almeno dal 2013, la misura ha seguito una strada tortuosa, mentre l’urbanizzazione avanzava, insieme al boom del credito immobiliare (legale e illegale) e alla speculazione selvaggia.
Lo Standing committee del Congresso nazionale del popolo cinese ha, invece, varato a sorpresa – il provvedimento non era all’ordine del giorno, né c’è traccia di precedenti approvazioni – una decisione che introduce, in via sperimentale per cinque anni in alcune province – si parla, forse, di Hainan e Shenzhen – della prima imposta che colpisce in modo specifico le costruzioni.
Quella dell’1,2% attualmente in vigore tassa il valore riparametrato del terreno.
Si apre così un nuovo capitolo nell’economia della Cina contemporanea. Per decenni, dalla politica della Porta Aperta di Deng Xiaoping in poi, il settore immobiliare è stato per le famiglie l’unico canale per investire i risparmi.
Gli immobili di proprietà di persone fisiche, per giunta, non sono mai stati soggetti all’imposta sugli immobili. Chi aveva qualcosa da parte comprava case su case, ben oltre il necessario.
Dal 2011 Chongqing e Shanghai hanno iniziato ad applicare una «tassa di costruzione» rispettivamente sulle case più costose e sulle seconde case, ma in entrambi i casi non si tratta di una “property tax”.
Col tempo, l’idea di casa è stata letteralmente stravolta da una corsa senza limiti, un terzo del Pil cinese è ormai legato, nel bene e nel male, al mattone con i fallimenti a catena dei grandi gruppi ai quali stiamo assistendo in questi ultimi tempi e di cui Evergrande è solo la punta dell’iceberg.
Una svolta meditata a lungo, dunque, quella dei vertici cinesi, mentre il presidente Xi Jinping ad agosto nel suo discorso sulla “prosperità comune” inseriva la casa per tutti e non per la speculazione come architrave dell’uguaglianza sociale, a patto di procedere nella legislazione «attivamente ma con prudenza».
Anche per questo la mossa dello Standing committee ha un peso politico molto forte. Punire gli speculatori è un conto, ma convertire la Cina, tutta la Cina, al pagamento di una nuova tassa su un bene così importante è un rischio politico forte.
Ora il ministero delle Finanze e l’amministrazione statale delle Tasse stanno già limando le regole dettagliate, incluse le aliquote fiscali e la disponibilità di esenzioni o sconti. Una volta approvati e rilasciati dal Consiglio di Stato, i progetti partiranno ufficialmente, anche se c’è la possibilità che lo stesso Consiglio di Stato ottenga un po’ di tempo in più per provvedere.
Ma la svolta ormai è in atto, la nuova tassa sugli immobili avrà una portata molto ampia, unici scampati alla tempesta, i terreni rurali. Per il presidente Xi Jinping che si candida l’anno prossimo a un altro mandato, fino al 2027, c’è il tempo sufficiente per pilotare una delle mosse più difficili del suo già lungo mandato politico.