La Stampa, 26 ottobre 2021
Giancarlo Magalli ha lasciato "I fatti vostri"
Era il 1991 quando Giancarlo Magalli prendeva le redini di I Fatti vostri: autore di lungo corso in Rai, da un po’ di tempo era arrivato alla conduzione. Voluto da Michele Guardì fin dalla prima stagione, cominciava un lungo sodalizio con il programma. Ora lo attende una nuova sfida: a 74 anni, invece di andare in pensione, dal 1° novembre, su Rai2, condurrà il game show Una parola di troppo, adattamento di un popolare format americano che da 30 anni fa giocare una terna di concorrenti con i giochi di parole. «Il titolo originario è Lingo: hanno scelto questo titolo per farmi uno scherzo – esordisce Magalli -. Sanno che sono attento alle parole, ma anche che per amore di battuta una parola di troppo posso pure dirla».
Lei è noto per la causticità. Sono in molti a volergliene?
«Sono sincero e diretto. Forse troppo. Ma mai offensivo. E alla fine, infatti, in pochi mi serbano rancore».
Come mai la scelta di lasciare Fatti vostri? Girava voce di un addio non proprio voluto.
«Cercavo qualcosa di leggero e divertente, a basso tasso di mortalità. E questo era (anche) diventato I Fatti vostri: pieno di contenuti pesanti. Questo quiz è invece una vacanza. Lo so, è un’incognita e mi scontrerò con i talk del pomeriggio, ma sarò l’unico a offrire un’alternativa serena, divertente, rilassata. Amo i quiz, ma ne ho fatti meno di quanto mi sarebbe piaciuto».
Insiste sulla leggerezza.
«È la filosofia di ogni mio gioco: la semplicità e la possibilità per chiunque di parteciparvi senza apparire sciocco o illetterato. Qui è richiesta solo una conoscenza della lingua italiana... anche se per molti già questo è un sacrificio».
Il che ci porta al più famoso dei suoi giochi, quello dei fagioli a Pronto Raffaella. Cosa lo ha reso indimenticabile?
«Lei, con il suo tocco, la sua professionalità e umiltà, ha fatto la differenza. Nessuno voleva condurre quel programma (a quell’ora!). Lei lo accettò con l’umiltà di chi sa di dovere cominciare da zero. Studiava, imparava, provava. Poi in onda era perfetta».
Il suo debutto da conduttore?
«Canale 5 stava ingaggiando i maggiori nomi Rai, da Buongiorno a Vianello, la Carrà stessa. Quando Enrica Bonaccorti, che l’aveva sostituita alle 12, passò alla concorrenza, me lo affidarono. Fino a quel momento ero "l’omino dei quiz". Fu Guardì a volermi a I fatti vostri».
Della Rai dello scorso secolo, rimpiange qualcosa?
«Gianni Boncompagni. Ironico, intelligente. Mi manca tantissimo. Eravamo colleghi, amici e vicini di casa: i nostri appartamenti sullo stesso pianerottolo. Raffaella l’ho conosciuta tramite lui e per un po’ sono stato anche il suo padrone di casa. E molto mi mancano Frizzi, Castagna: con loro ho fatto la gavetta. Non ci sono più ma mi restano nel cuore. Vianello e Mondaini: lei, anche quando si trasferirono a Milano, continuava a chiamarmi ogni giorno. Gigi Proietti con cui feci Club 92. E non mi pareva vero: un’altra amicizia durata fino alla fine. Sono questi i ricordi che contano, le persone di cui voglio parlare».
Che ci dice di Mario Draghi e Luca di Montezemolo, con cui fu al ginnasio?
«Mario era già allora il primo della classe in tutto, anche in atletica e a calcetto. Un vincente. Ironico e già con quel mezzo sorrisetto sghembo. Luca era esattamente come lo imita Crozza, anche se non sapeva certo cosa avrebbe fatto da grande (ma anch’io...) ».
E di Don Matteo che ci dice?
«Volevo riposarmi ed è arrivata anche questa proposta. Sarò il vescovo mentore di Raoul Bova. Corsi e ricorsi. È a me che Terence Hill deve quel ruolo: me lo avevano proposto ma avevo rifiutato, sapendo che avrei dovuto vivere per 8 mesi all’anno a Gubbio. A Roma avevo una moglie e una figlia piccola: non potevo. Fu così che entrò lui».
Un no di cui si è pentito?
«È più facile pentirsi dei sì. È il sì che ti rovina».