Corriere della Sera, 26 ottobre 2021
Giancarlo Giannini ricorda Monica Vitti che compie 90 anni
Tra una settimana, il 3 di novembre, Monica Vitti avrà 90 anni e vorremmo tutti soffiare con lei su mille ricordi di cinema, teatro e chiacchiere che la inseguono: la parlantina, diciamo pure la dialettica, era il suo forte, con quella voce personale e rococò, bassa e un po’ maschile. La malattia è stata crudele con lei. Probabilmente il marito Roberto Russo, che la conosce da 47 anni e la protegge da 20, da quando è assente dalle scene e dalla vita per colpa di un male che le sbriciola la memoria di una carriera inimitabile, le preparerà una torta con una simbolica candelina. È lui che mi ricordava come Monica avesse anche scritto un soggetto comico con Camilleri. Molti sono stati i suoi partner celebri e internazionali, la coppia con Sordi è un pezzo di storia del cinema ma non fa dimenticare i capolavori di Antonioni.
Abbiamo chiesto a Giancarlo Giannini di rovistare tra i ricordi, avendo girato con Monica due film: Dramma della gelosia di Ettore Scola, nel 1970, in cui è un pizzaiolo che ha un ménage a tre con un operaio e una fioraia, e A mezzanotte va la ronda del piacer e di Marcello Fondato, 1975, dove fa il marito ucciso. Ma è il film di Scola, con Mastroianni terzo lato di uno strano triangolo che resta fra le migliori commedie. «Attrici come Monica non esistono più, era bravissima e particolare, un pezzo unico. Dicevano anche che fosse difficile lavorare con lei mentre io ho scoperto una collega spiritosa, che si divertiva, che riusciva a giocare con il lavoro, come faccio anch’io... raccontiamo favole. Non parlatemi di Actor’s Studio». Sappiamo che era capace di essere drammatica, grottesca, in solitudine, ma soprattutto, dice Giannini, «aveva i tempi giusti che fanno scattare la risata, è matematica. Era straordinaria, la metto in quell’Olimpo speciale dove puoi trovare lei, la Magnani, la Loren, la mia Melato, la Sandrelli, da tutte ho imparato».
Del resto da giovane aveva recitato Brecht e Bacchelli. E poi il grande periodo antonioniano fino alla storica battuta «Mi fanno male i capelli» in Deserto rosso: è cult, ma non è lontana dalla verità. La Vitti era sempre in divenire, la vedevi come Marilyn Monroe in Dopo la caduta di Miller con Albertazzi e la ritrovavi Ragazza con la pistola con Monicelli, che la chiamava «la fatalona comica». «Lei sapeva sempre quello che doveva fare, non giocava a entrare nel personaggio, faceva l’attrice e calcolava i ritmi, le posizioni della macchina, le luci e le ombre, non le sfuggiva nulla. Sono personaggi unici, sono stato fortunato ad averla come partner». E noi a vederla sullo schermo e a teatro: in un cinema come quello italiano dove c’erano poche donne comiche la Vitti e la Melato sono state due formidabili eccezioni: «Ed avevano due voci speciali, c’era un’affinità di istinto e preparazione massima, per questo il divertimento nel lavoro andava di pari passo con la serietà».
Venerdì 5 novembre, in prima serata, passerà su Raitre il documentario di Fabrizio Corallo sull’amatissima attrice, di cui racconta la vita e la favola spezzata. «L’inizio col teatro» dice Giannini «è stato per lei fondamentale per l’insegnamento e la professionalità, l’educazione della voce, tanto che ha incontrato Antonioni mentre doppiava Il grido. Lo posso dire io che appena uscito dall’Accademia mi hanno messo a fare il folletto scespiriano, con la Fracci e Volontè: è una scuola straordinaria, nulla a che vedere col cinema che esige invece la sense of the camera, l’istinto dell’immagine, e Monica possedeva i segreti di entrambi i mezzi». E anche il carattere era socievole, brillante: «Le persone del mestiere sono semplici e divertenti, il nostro è un mondo meraviglioso, basti pensare all’ironia unica di Fellini, il maestro».
Ma Monica era più tragica o comica? «Per me era una commediante nata, aveva calcato le scene con Bonucci, Tedeschi, la Valori e la pochade ma direi che i due registri lei li usava e li dosava in modo speciale. Orazio Costa diceva che l’attore è un’arancia con tanti spicchi. E le piaceva raccontare, ricordare i compagni di lavoro, conosceva i trucchi e ci giocava. Il nostro mestiere si insegna con la poesia e lei lo sapeva bene, anche quando dialogava con i giovani colleghi attori». Ma se potesse farle gli auguri cosa le direbbe? «Cara Monica, allora, quando rifacciamo un altro bel film insieme?».