Corriere della Sera, 26 ottobre 2021
Las Vegas vende 11 Picasso
E se «Sin City» cambiasse pelle? Spersa nel deserto del Mojave, in Nevada, Las Vegas è ribattezzata «città del peccato» per i suoi prodotti tipici: gioco, prostituzione, alcol e droghe a tutte le ore. Eppure ci sono alcuni segnali che gli incassi della città stiano cambiando provenienza. Sabato, ad esempio, sono stati venduti all’asta per 110 milioni di dollari undici Picasso che stavano appesi in un ristorante stellato del celebre hotel e casinò Bellagio. Organizzata da Sotheby’s, è l’asta più grande e importante della storia di Las Vegas, capitale finora di tante cose ma non della cultura. Tra gli invitati era presente – ma non risulta abbia acquistato nulla – Leonardo DiCaprio. E tra le opere all’incanto, due capolavori. La «Femme au Béret Rouge-Orange» (1938) che ritrae Marie-Thérèse Walter, musa e amante di Picasso e poi madre di sua figlia Maya. Nel quadro Picasso collaudava la sua tecnica di mescolare vista frontale e profilo: la definiva «pas un trompe l’oeil, mais un trompe l’esprit», ingannevole non per l’occhio, ma per lo spirito. E l’«Homme avec Enfant» (1969), alto due metri.
Per gli osservatori più attenti è, appunto, un segno. Spinge a guardare più da vicino i bilanci della Mgm, la multinazionale dell’ospitalità che possiede mezza Las Vegas, e in particolare il Bellagio (da cui è partita l’asta) e tre milioni e mezzo di metri quadri sulla Strip, la zona più glamorous della città. Da tempo, «solo» il 30% degli introiti viene dai casinò: il resto è quello che nel gergo odierno del marketing si chiama «turismo esperienziale»: e non è un caso che tra gli asset dell’azienda, che ha appena venduto all’asta gli 11 Picasso, ci siano altre 900 opere d’arte. I proventi dell’asta serviranno, fa sapere Mgm, a «investire in opere di artisti più giovani e meno rappresentati». Come in una città d’arte qualunque.