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 2021  ottobre 26 Martedì calendario

Il Computer quantistico, spiegato

Immaginate un surfista che cavalca un’onda sull’oceano, sicuro nel suo percorso verso la riva, quando a un certo punto si trova davanti uno scoglio: per non cadere, il surfista dovrà decidere se virare a destra oppure a sinistra, evitando l’ostacolo. L’onda invece non avrà questo problema perché essa si dividerà e metà passerà a destra, metà a sinistra, per poi ricombinarsi dietro lo scoglio in un gioco di alti e bassi, creando così delle increspature. Ebbene, la differenza tra i computer classici e quelli quantistici sta proprio in questo: i primi si comportano come il surfista, che ha solo due possibilità per evitare lo scoglio, mentre i secondi si comportano come l’onda che, superato lo scoglio dividendosi in due parti, si ricompone creando quelle che tecnicamente vengono chiamate sovrapposizioni dell’onda, con la conseguente generazione di figure di interferenza, ovvero le increspature.
I computer che utilizziamo nel quotidiano funzionano in base alle leggi della fisica classica: l’unità fondamentale della computazione classica è il bit, che può assumere o il valore 0 oppure il valore 1, comportandosi dunque come il surfista che, per non cadere, dovrà evitare lo scoglio virando a destra oppure a sinistra. Lo sviluppo tecnologico dei computer classici è consistito nel creare computer sempre più potenti (e compatti) in grado di immagazzinare ed elaborare un numero di bit via via più grande in tempi sempre più brevi.
La computazione quantistica, al contrario, segue le regole, diverse, della meccanica quantistica e la sua unità fondamentale è chiamata qubit, il quale non assume solo i valori 0 o 1, ma anche la loro sovrapposizione, come l’onda che si divide e ricompone superato lo scoglio. Consideriamo allora tanti qubitche formano una sequenza iniziale di 0 e 1: durante la computazione quantistica, questi si comportano come una grande onda che, incontrando tanti scogli, si separa in più parti che vanno poi a creare complicate figure di interferenza. La sequenza iniziale di qubit si dirama così nella sovrapposizione di una pluralità di sequenze, in una danza di alti e bassi che fa assumere ad alcune di queste pesi maggiori e ad altre pesi minori, dove per peso maggiore si intende che la sequenza avrà una maggiore probabilità di verificarsi al termine della computazione.
L’arte degli informatici quantistici è quindi quella di sistemare gli ostacoli – operazioni, queste, che prendono il nome di gates quantistici – manipolando conseguentemente i qubit in maniera tale da creare sovrapposizioni, come quella dell’onda nel mare, da cui emerga con maggiore probabilità la sequenza che corrisponde all’esito cercato. Questo modo quantistico di fare i conti diventa vantaggioso quando il tempo di calcolo è significativamente inferiore a quello impiegato dal miglior computer classico. Ad oggi, il re degli informatici quantistici è l’americano Peter Shor, che ha formulato un algoritmo in grado di violare gli attuali sistemi crittografici in tempi esponenzialmente più brevi rispetto a qualunque algoritmo classico conosciuto.
I computer quantistici sono già realtà, anche se non sono ancora molto potenti: attualmente riescono a manipolare un centinaio di qubit; nei prossimi anni si riuscirà a manipolarne un migliaio e, in prospettiva futura, almeno un milione, fino a raggiungere una potenza di calcolo sufficiente per risolvere velocemente problemi di significativo interesse pratico.
Parallelamente allo sviluppo dell’hardware, numerose aziende ed enti di ricerca sono già oggi impegnati a elaborare il relativo software, attraverso la creazione di algoritmi nuovi in grado di sfruttare al massimo le potenzialità offerte dai computer quantistici. Non è un compito facile, perché richiede la formazione di nuove figure professionali – gli ingegneri e informatici quantistici – in grado di ragionare in base alle regole dell’informatica quantistica.
Lo sviluppo della computazione quantistica ricorda per diversi aspetti quello della computazione classica, all’inizio piuttosto limitata, le cui potenzialità sono cresciute nel corso di una lunga e complessa fase di ricerca e sviluppo tecnologico. La differenza significativa rispetto alla storia della computazione classica è l’esistenza di Internet, che sin da ora consente di collegare i computer quantistici e i ricercatori in remoto, gettando così le basi per una evoluzione che sarà, sperabilmente, ancora più veloce rispetto a quella che ha portato allo sviluppo della computazione classica. Formazione, ricerca e sviluppo tecnologico, supportati da investimenti adeguati, saranno quindi la strada maestra per essere competitivi nella corsa al computer quantistico.
(Angelo Bassi è professore di Fisica all’Università degli studi di Trieste)