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 2021  ottobre 25 Lunedì calendario

MORTE DEI PASCHI DI SIENA - COSA È SUCCESSO TANTO DA FAR COLLASSARE LA TRATTATIVA-UNICREDIT-MEF, CHE SEMBRAVA CERTA DURANTE L’ESTATE? MENTRE LA DUE DILIGENCE PROCEDEVA, I NUMERI CHE EMERGEVANO ERANO BEN DIVERSI DA QUELLI CHE ERANO PREVISTI IN LUGLIO, E DIVENTAVA SEMPRE PIÙ EVIDENTE CHE L’ASSEGNO CHE IL TESORO AVREBBE DOVUTO FIRMARE PER MANTENERE LE CONDIZIONI INIZIALI DELL’ACCORDO, SAREBBE DIVENTATO PIÙ COSPICUO. A QUEL PUNTO… -

Ma cosa è successo, che cosa ha portato all’improvviso show down fra MEF e Unicredit su MPS? Com’è possibile che il Ronaldo dei banchieri, Andrea Orcel, da una parte, e il trio Draghi, Franco, Rivera, si siano infilati in un tunnel così? Come è possibile che entrambe le parti sostengano che non sia stato possibile confermare quelle condizioni stabilite nell’accordo di luglio che sembravano scritte sulla pietra?

Questo è quello che si stanno chiedendo in molti sul mercato e anche nel mondo senese, specie dopo l’anodino comunicato congiunto che ieri ha dato ufficialità alla rottura delle trattative per l’acquisizione del Monte dei Paschi da parte dell’istituto milanese. Se le condizioni erano già state fissate prima dell’annuncio del 29 luglio, cosa è successo tanto da far collassare l’operazione, che sembrava certa durante l’estate?

Al Mef e in piazza Gae Aulenti si trincerano dietro il silenzio. Si capisce tuttavia una certa irritazione reciproca, come se fosse proprio mancato il dialogo fra le parti. Orcel, italiano emigrato da tantissimi anni all’estero, ha interpretato il deal come si farebbe nel mondo anglosassone, cioè facendo parlare i numeri e limitando i contatti con il Governo italiano, azionista di maggioranza di Rocca Salimbeni.

Il Mef ha continuamente mandato messaggi tramite stampa, cercando di forzare un’operazione che si stava avviando verso un binario morto, ma il CEO di Unicredit non ha mai raccolto, preferendo dialogare con Bank Of America, l’advisor incaricato dal Mef di occuparsi del Monte.

Così, mentre la due diligence procedeva, e i numeri che emergevano erano ben diversi da quelli che erano previsti in luglio, diventava sempre più evidente che l’assegno che il Tesoro avrebbe dovuto firmare per mantenere le condizioni iniziali dell’accordo, ovvero la Capital Neutrality per Unicredit, sarebbe diventato più cospicuo.

D’altronde, per fare un esempio, è chiaro che se raddoppia il numero degli esuberi, e si deve andare a prepensionare gente che ha meno di 60 anni, la dotazione da mettere a disposizione cresce più che proporzionalmente.

Tutti questi numeri erano chiari a chi faceva la due diligence, cioè a Unicredit, MPS e Bank of America (Bofa), ma forse non al Mef, che avrebbe dovuto essere informato dal proprio advisor (Bofa). L’appuntamento era stato fissato per giovedì scorso, una riunione congiunta con tutti i soggetti coinvolti, e sarebbe stata l’occasione finalmente per parlare avendo i numeri in mano.

L’incontro è stato però improvvisamente cancellato da Bofa, e con quello qualsiasi speranza di arrivare a un accordo. Andrea Orcel ha detto stop, e si è riconcentrato sui conti del terzo trimestre di Unicredit che verranno annunciati giovedì, e sul piano industriale ‘stand alone’.

Il MEF si è chiuso in un silenzio irritato, e ora dovrà trovare una soluzione alternativa a Unicredit. Magari chiedendo a Bofa di produrre finalmente una fairness opinion, in modo da avere un’idea precisa di cosa sta cercando di vendere, per evitare di perdere altro tempo prezioso per salvare la banca senese tanto cara al Pd.