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 2021  ottobre 25 Lunedì calendario

La spiaggia di Mister Prada


“Vi fate schiavi: e poi odiate il padrone. Vi togliete tanto di cappello quando passano, e poi gli urlate dietro. Mi fa ridere che venite qui da me a sparare parole contro i potenti, quando i potenti li acclamate sempre e li festeggiate: riempite le piazze per i funerali dei re e per le nozze dei principi (…) Vi dico di drizzare la schiena, di guardare negli occhi la verità: se i potenti e i ricchi vi sembrano lo specchio dell’ingiustizia, allora smettetela di prenderli a modello!”. Questo passo delle prediche di Savonarola, riscritte da Stefano Massini e messe in scena dalla Comunità delle Piagge, va al cuore del rapporto tra gli italiani di oggi e i potenti, compresi i padroni dell’immaginario, tra i quali i signori della moda italiana.
Già, da che parte giocano oggi i grandi stilisti? Sono venerati come padri della patria (che oggi si chiama “brand Italia”), trattati come guru della cultura e celebrati come artisti alla pari di Leonardo e Michelangelo: ma in questo lento e inesorabile tramonto della nostra democrazia, in che direzione pesano? I segnali sembrano contraddittori, tra occupazione dei grandi siti culturali pubblici e slanci sociali, mega evasioni fiscali e apparente mecenatismo culturale.
Un caso recente dà da pensare. Un bell’articolo di Gea Scancarello su Domani ha raccontato di come Patrizio Bertelli, mister Prada, abbia comprato qualche settimana fa (per 18,4 milioni di euro) da una vecchia famiglia aristocratica il paradiso di Cala di Forno, nel Parco della Maremma: torri medievali e poi medicee, dogana granducale, bosco, case coloniche e accesso alla spiaggia. I vincoli impediscono di fare resort di lusso o piste da elicottero (motivo per cui un oligarca russo ha rinunciato all’acquisto), ma è un fatto che chi possiede la tenuta può rendere difficile (in barba alla legge) l’accesso alla spiaggia. Che è naturalmente demaniale, ma che si raggiunge da terra solo con una strada privata, che ora per esempio è sbarrata (con la scusa del Covid). In questi giorni un movimento di cittadini dà battaglia e raccoglie firme perché il Ministero della Cultura eserciti il suo diritto di prelazione, e compri per tutti almeno gli edifici storici.
È una possibilità concreta per salvare quello straordinario bene comune, e ce ne sono anche altre due: diametralmente opposte nel metodo, ma in realtà coincidenti negli obiettivi e nel risultato finale.
La prima. Lo Stato potrebbe espropriare Cala di Forno. L’articolo 1 della legge 327 del 2001 stabilisce che l’espropriazione è funzionale all’ “esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità”, e al comma 2 chiarisce che, ai fini dell’esproprio, “si considera opera pubblica o di pubblica utilità anche la realizzazione degli interventi necessari per l’utilizzazione da parte della collettività di beni o di terreni, o di un loro insieme, di cui non è prevista la materiale modificazione o trasformazione”. Dunque, lo Stato – uno Stato in cui, secondo Legambiente, il 50% del litorale sabbioso è sottratto di fatto all’uso collettivo – potrebbe dare un segnale straordinariamente forte mettendo fine d’autorità alla privatizzazione di un luogo simbolo. Naturalmente l’ammontare dell’indennizzo è già noto: il prezzo fissato nel contratto di vendita. Dunque, nessuna prevaricazione sovietica, ma sostanzialmente una forma di prelazione che consenta di non acquisire solo gli edifici storici ma anche il terreno: ricostituendo, e offrendo all’uso pubblico, quell’unità di paesaggio e patrimonio storico e artistico che è la forma stessa dell’Italia.
La seconda possibilità. Patrizio Bertelli compra tranquillamente tutto, e poi lo dona liberamente al Parco della Maremma, ente pubblico della Regione Toscana. E lo fa – sogniamo – dichiarando pubblicamente che intende così attuare il secondo comma dell’articolo 42 della Costituzione della Repubblica: “La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”. Un magnate che prende consapevolezza che in Italia esiste un enorme problema di redistribuzione della ricchezza; un ricco che capisce che non basta il mecenatismo autolegittimante delle grandi mostre e delle fondazioni private, ma che bisogna ricostruire l’idea stessa di ricchezza pubblica; un signore della moda, che vive dei bisogni indotti nei consumatori, che sceglie di mettere i suoi beni al servizio dei cittadini: e che dunque autolimita la sua proprietà privata per renderla – letteralmente – accessibile a tutti. Possibile?
Come mezzo millennio fa notava Savonarola, i ricchi e i potenti vogliono esser presi a modello pur continuando a farla da padroni. Sulla spiaggia meravigliosa di Cala di Forno, lo Stato o Mr Prada potrebbero provare a cambiare questo paradigma secolare: uno dei due lo farà?