Il Messaggero, 24 ottobre 2021
La storia di Terry Davies, l’atleta che 41 anni fu battuta dal doping ora vuole il suo oro
Terry Davies, convinto che la figlia meritasse il primo gradino del podio invece del secondo, le aveva fatto placcare in oro la medaglia d’argento. Dietro questo gesto non c’era un orgoglio paterno sopra le righe ma un sospetto più che fondato e la storia gli sta dando ragione. 41 anni dopo quella gara avvenuta durante le Olimpiadi di Mosca, la nuotatrice Sharron Davies è in lizza per ricevere la vera medaglia d’oro dalla Federazione internazionale di nuoto (Fina). Nel 1980 era stata battuta dall’atleta della Germania dell’Est Petra Schneider, 17 anni, nei 400 metri. È stata proprio quest’ultima, alcuni anni più tardi, una delle atlete che hanno parlato apertamente del programma di doping che la Ddr imponeva.
IL RACCONTO
«Undici delle tredici medaglie d’oro femminili di Mosca sono state vinte dalle ragazze tedesche e gli uomini non ne hanno presa nessuna ha raccontato la Davies alla Bbc era ovvio. Non le avevamo mai incontrate nelle competizioni junior e battevano i nostri record, erano mascoline anche nell’aspetto. È stato molto frustrante. Mio padre, che ai tempi era il mio allenatore, ne ha sempre parlato apertamente e per questo non è mai stato scelto come allenatore internazionale nonostante i successi che aveva ottenuto con la sua squadra».
Quello di Sharron non è certo l’unico caso: il neopresidente della Fina Husain al-Musallam ha dichiarato di voler promuovere un progetto di riconciliazione con il passato per le nuotatrici che si sono sentite tradite dallo scandalo doping della Germania dell’Est. Solo nel Regno Unito, riceverebbero l’oro le ragazze della staffetta 4x100 e Ann Osgerby Inge, arrivata quarta dopo tre nuotatrici tedesche nei 100 metri farfalla. Una redistribuzione di medaglie che avverrà, ha annunciato Musallam, in seguito all’istituzione di un’unità indipendente volta a garantire l’integrità delle competizioni. Nel 1990 la Davies ha incontrato la Schneider per un documentario e insieme hanno constatato come molte colleghe fossero malate o addirittura morte a causa delle droghe che erano state loro somministrate. «Non ce l’abbiamo mai avuta con le ragazze – ha detto la campionessa inglese al Times riferendosi alle avversarie tedesche – È giusto che tengano le loro medaglie perché erano pedine di quel sistema e quindi anche vittime. Non ci sono scuse per quello che è capitato ma io me la sono sempre presa con chi avrebbe dovuto controllare Ioc e la Fina e non l’ha fatto. Sono contenta che stiano facendo qualcosa adesso, finalmente».
L’ACCUSA
Musallam ha raccolto il testimone del presidente uscente Cornel Marculescu che ha guidato la Fina per trentacinque anni. Durante il suo lungo mandato, l’organizzazione è stata più volte accusata di non aver combattuto il doping con sufficiente decisione. Un esempio è il premio consegnato a Lothar Kipke, nonostante fosse stato condannato e multato per il suo ruolo chiave del programma di doping della Germania orientale che aveva coinvolto 10mila atleti di diversi sport. Una premiazione che indignò la stessa Schneider, che sta ancora lottando con diversi problemi di salute causati proprio dal doping giovanile: «I criminali tengono la gloria e i premi, oltre a rimanere persone attive nel sistema mentre noi non abbiamo nulla da mostrare se non un grande dolore», ha dichiarato. Anche in questo frangente Musallam ha dichiarato che vorrà fare di più: «Sistemeremo la situazione», ha detto ribadendo come «questa persona e tutte quelle che hanno fatto del male agli atleti» rappresentino un problema per il nuoto. «C’è una bella differenza tra essere vincitrice di una medaglia e campionessa ha concluso la Davies ripensando alla gara. Era frustrante sentire ai notiziari come l’ultimo oro risalisse agli anni Sessanta quando sapevamo quello che stava accadendo attorno a noi».