Specchio, 24 ottobre 2021
Biografia di Dominik Paris raccontata da lui stesso
Ci mette sempre la faccia Dominik Paris, il discesista heavy metal. Quando canta nel suo gruppo «Rise Of Voltage» e quando lotta per superare se stesso nella libera, la disciplina regina dello sci alpino. Forza fisica e mentale in pista, a 150 chilometri all’ora, muscoli e musica. «La ascolto sempre, mi accompagna durante la giornata, quando mi alleno, corro, cucino. Mi dà un senso di libertà. Come la neve: non potrei vivere senza. La montagna è il mio mondo, sono nato e cresciuto in Val d’Ultimo e anche se viaggio tanto, amo tornare a casa. Non potrei abitare in città. Adoro il silenzio e la quiete dei miei monti». Sereno, ironico e un po’ più ciarliero del solito, a 32 anni con moglie (Kristina Kuppelwieser, compagna delle elementari) e due figli, Dominik Paris si presenta per l’inizio della stagione alla vigilia della trasferta americana e non nasconde l’ambizione di centrare altre imprese.
La bacheca è già zeppa, in bella vista c’è la medaglia d’oro vinta in supergigante ai Mondiali svedesi del 2019, quella d’argento in discesa nel 2013 a Schladming e poi la Coppa del mondo di superG. Unite a 19 vittorie nel circo bianco, tra cui quattro successi da re della velocità sulla lingua di ghiaccio di Kitzbuehel e ben sei sulla pista di Bormio. Paris è il terzo sciatore italiano con più trionfi in Coppa, solo Alberto Tomba, con 50, e Gustavo Thoeni, con 24, hanno fatto meglio. L’azzurro-jet è un mago dell’autocontrollo. Più di ogni altro discesista sa come domare la paura.
Come si fa, lanciandosi nel baratro a 150 chilometri all’ora?
«Se hai paura non puoi fare questo mestiere. Io vivo di adrenalina. Quando vai giù a quella velocità la senti dentro ed è più forte di ogni altra emozione. Noi atleti della velocità conosciamo bene il rischio, è il nostro mestiere, non solo uno slogan. Ma non puoi pensare al pericolo altrimenti perdi la concentrazione. Superare il limite è eccitante, ti diverti di più se lasci andare gli sci. Io cerco sempre il limite, è una gara con me stesso. Sono cresciuto così, da quando mio padre, maestro di sci, mi ha messo sulla neve a tre anni...mi divertivo tantissimo a buttarmi giù a capofitto. Poi, certo, ho dovuto passare attraverso il gigante e lo slalom, come tutti, ma appena ho avuto la possibilità di scegliere non ho avuto dubbi: la discesa è la mia passione. Ma devi avere rispetto della pista. Sempre».
La velocità la galvanizza anche in auto?
«Certo. Le regole sono le stesse. Mi piace andare forte, quando è possibile. La differenza è che noi sugli sci non abbiamo limiti, se non quello del tuo corpo, mentre in auto devi controllare la potenza perché sulla strada ci sono i limiti. Ma è giusto così, se vuoi correre devi andare sui circuiti: a me è capitato un paio di volte ed è stato entusiasmante. Nella vita quotidiana amo guidare le berline e le station wagon, comprese le Allroad. Le preferisco ai classici Suv».
Lei vive in simbiosi con la musica. Racconti...
«Ha un ruolo essenziale nella mia giornata. Mi fa sentire meglio. Vivo per lei. A casa ho anche ricavato una sala dove facciamo le prove con il mio gruppo. Il nostro primo disco è andato bene, il secondo è quasi finito. In lockdown abbiamo scritto un paio di canzoni. Chissà, forse uscirà in estate. Dipende dal tempo che riuscirò ad avere. Essere uno sportivo professionista è un lavoro a tempo pieno e ha la precedenza su tutto».
Dominik, dove trova equilibrio e forza?
«In famiglia. Mi piace stare a casa, non sono il tipo che si racconta o si apre. Non amo lo stress, mi sveglio all’alba e la mondanità non fa per me. Separo la vita privata da quella sportiva».
Ma a casa chi cucina?
«Se non sono in giro, io! Ai fornelli me la cavo bene, avrei anche potuto fare il cuoco. Uno dei miei piatti preferiti è la carne, il mio classico è il gulasch con il purè».
Cosa porta nello zaino delle trasferte?
«Il pane nero Ultner, quello della Val d’Ultimo. Il mio amuleto. È di farina integrale al cento per cento e contiene il sale dell’Himalaya, ideale per incrementare la potenza».
Tornando allo sci. Quest’anno c’è un’altra prova da superare, quella delle Olimpiadi di Pechino a febbraio. È pronto?
«Sì. Ho fatto tutto alla perfezione durante l’estate e anche se abbiamo dovuto saltare la trasferta in Argentina a causa del Covid, abbiamo recuperato sui ghiacciai vicini riuscendo a sciare anche durante l’estate. Sarà una stagione particolare che vivrà il momento più importante in Cina. Ma io non trascuro la Coppa del mondo, il circuito dove viviamo tutto l’anno e che premia i più costanti di ogni specialità. Da vecchietto quale sono, ho l’esperienza giusta per dominare i pendii più tosti. Non nascondo che tra i miei obiettivi c’è la coppa di discesa».
Nessuno ha provato la pista dei Giochi. Che informazioni ha?
«Non sono mai stato in Cina, sarà tutto nuovo. Il Paese, la pista. Arriveremo tutti molto concentrati per studiare il tracciato. Lì devi capire subito, in fretta. Chi ci riesce, vince. La ricognizione sarà fondamentale. Per ora so che è lunga, con due parti ripide, un paio di curve e due salti. Ci sarà il problema del vento, non saranno condizioni ottimali. E farà molto freddo».
Come si prepara una gara così ?
«Si prende come arriva. L’esperienza sarà la carta in più. E sulle piste nuove io sono sempre riuscito a fare bene».
Ha superato l’infortunio al ginocchio destro?
«Sì, nel gennaio 2020 mi lesionai il legamento crociato. Sono guarito bene, anche nella testa. Ho lavorato tante ore. Il corpo ha reagito bene, non ci penso più e anche sui ghiacciai ho fatto qualcosa di buono».
Dove può migliorare?
«Si può sempre crescere. L’importante è non fare passi indietro. La parte più difficile è mantenere sempre l’equilibrio ed essere costanti in tutta la stagione».
Dominik, com’è buttarsi giù dalla discesa di Kitzbuehel?
«La Mousefalle è un tuffo. E su in alto, al cancelletto, c’è silenzio assoluto. Siamo tutti concentrati, c’è rispetto, non dico paura ma rispetto sì. Kitzbuehel è come il Gran Premio di Montecarlo, se non disegni il percorso alla perfezione sei fuori».
E Bormio?
«È nel mio cuore. Una delle mie piste preferite, una delle migliori del circo bianco. Vince lo sciatore più completo. Mentre in Val Gardena io fatico sempre, non ho ancora capito che cosa devo cambiare».
Il segreto in gara?
«Preparare tutto nei dettagli. Studio gli avversari più forti. Ho imparato tanto dall’ex campione norvegese Aksel Svindal e ho visto da vicino una stella come Bode Miller».
A proposito di vecchietti terribili e di Milan, la sua squadra... Cosa ne pensa di Ibrahimovic e del culto del fisico?
«Ibra è un guerriero. Uno che a 40 anni ha quella forza mentale è da ammirare. Perché a quel punto della carriera è la testa a fare la vera differenza. Mi colpisce molto».
Dominik, durante l’estate si sbizzarrisce con camminate sui sentieri di montagna e giri in bicicletta. Non va mai al mare?
«Poco, una volta all’anno per vedere qualcosa di diverso e per rilassarmi al caldo. Ma, l’avrete capito, io sono uno da montagna. Adoro la mia valle, qui conosco tutti e tutti mi conoscono. Ci sto benissimo. E mi godo la casa che ho costruito grazie ai guadagni dello sci. Ci ho messo tanto ma ci sono riuscito. Ho realizzato un sogno che avevo sin da giovane, perché con i miei genitori avevamo sempre avuto appartamenti in affitto».
Scelga un disco da portare su un’isola deserta.
«Prenderei il telefonino con tutta la mia musica, non un solo disco. E soprattutto i brani dei "Pantera", un gruppo musicale statunitense di heavy metal: è la band che mi ha ispirato di più».