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 2021  ottobre 24 Domenica calendario

Tutte le liti tra Salvini e Meloni

«Ma davvero l’ha detto? A me dice che sono la destra radicale? Ma in Europa sta lui con la Le Pen!». Difficile crederlo oggi, mentre è in corso il capitolo della guerra fredda per decidere chi dei due è più radicale, più critico sul «sistema», più vicino «al popolo», più acido sui green pass, più solidale con le manifestazioni di piazza, insomma, più distante dal «modello Draghi», anche se l’uno ne sostiene il governo stando in maggioranza e l’altra ha gioco più facile, avendo optato per l’opposizione. Ma c’è stato un tempo, e neanche troppo lontano, in cui Matteo Salvini e Giorgia Meloni litigavano per l’esatto contrario, e cioè per chi tra i due meritasse la patente di «moderato». Succedeva nel febbraio del 2020, poche settimane prima che esplodesse la pandemia. Il leader della Lega, rispondendo alla stampa estera, aveva liquidato le domande sulla pari grado di Fratelli d’Italia annotando che «non ambisco certo a rappresentare la destra radicale, io»; di più, «chi ha il 32 per cento», perché di tanto nei sondaggi era accreditato, «deve parlare a tutti». Le urla della Meloni, nel leggere il lancio d’agenzia con le dichiarazioni di Salvini, avevano fatto tremare anche i vetri, almeno a sentire i racconti dei suoi. «A me dà della destra radicale? Ma se in Europa con la Le Pen ci sta lui, mica noi».
Che umanamente non si siano quasi mai sopportati non è un mistero per nessuno, quantomeno nel Palazzo. «Salvini contro Meloni» e «Meloni contro Salvini», nel corso degli anni, sono diventati sussurri da Transatlantico di quelli che hanno la vita delle piante grasse, visto che sopravvivono senza nemmeno il bisogno che qualcuno si prenda la briga di innaffiare. Poi ogni tanto succede, come con l’audio del leader leghista pubblicato dal sito del Foglio, avente per oggetto i fastidi (leggasi senza eufemismi, «rottura di c...i») di avere la nemica Giorgia a destra, e il film riprende daccapo, uguale a se stesso.
Tutto è cominciato quando i due «allievi» (copyright Silvio Berlusconi) si sono impadroniti della classe del centrodestra approfittando dell’assenza del professore (sempre Berlusconi), privo dell’agibilità politica dopo la conferma della condanna in Cassazione. Qualche mese dopo quell’estate del 2013, eccoli insieme, Salvini&Meloni, a posare la prima pietra di una possibile «cosa nero-verde», sinergia tra Lega e Fratelli d’Italia, che avrebbe dovuto trasformare il centrodestra in destra-destra, liquidare il berlusconismo e fare concorrenza al M5S. 
L’ambizione del piano si arena sulla reciproca antipatia e sul fatto che, in fondo, una leadership sola è poca quando ad ambirci sono in due. Troppo simili, poi, Meloni e Salvini: giovane lei e giovane lui, da una vita in politica lei e lui, pugno di ferro lei e pure lui, un consigliere esperto lei (Ignazio La Russa) e uno lui (Giancarlo Giorgetti), forti sui social lei e lui, piazze piene sia lei che lui, tono di voce alto entrambi e persino la contingenza di aver liquidato i rispettivi padrini politici senza troppi ripensamenti (Gianfranco Fini e Umberto Bossi). Una sera d’inverno che finiscono a cena con Marine Le Pen all’Harry’s Bar di Roma, al momento del pianobar, Meloni finisce cantando a squarciagola con la numero uno dell’allora Front National i pezzi di Edith Piaf, dopo aver conversato amabilmente in francese per tutta la sera «perché ho studiato lingue»; Salvini, invece, era innervosito dalla circostanza di doversi rivolgere «all’amica Marine» attraverso l’interprete, circostanza che lo staff di Fratelli d’Italia aveva spifferato fuori dal locale. 
«Vorrei Meloni sindaca di Roma», diceva sempre Salvini, che l’ha sostenuta nella corsa al Campidoglio del 2016 dopo aver accarezzato l’idea di appoggiare Alfio Marchini, di fatto dilapidando tempo e punti nei sondaggi. Il resto sono sorpassi e controsorpassi nei sondaggi, guerre per chi è più moderato o radicale, più di destra o meno di destra a seconda del momento, come in quei vecchi cartoni animati in cui due si inseguivano talmente tanto da non capire chi, di volta in volta, seguiva l’altro. Come Willy il Coyote e Beep Beep, o Tom e Jerry, o tutte le guerre tra simili che certe volte si sciolgono in un grande abbraccio a uso e consumo dei fotografi. Tra parenti serpenti e fratelli coltelli, nella fiction e nella realtà, usa così.