Corriere della Sera, 23 ottobre 2021
Un risarcimento morale a Marta Russo
Maggio 1997: Marta Russo, studentessa ventiduenne di giurisprudenza, viene gravemente ferita da un colpo di pistola e muore cinque giorni dopo in ospedale. Il caso resta tra i più controversi della cronaca nera italiana, caratterizzato da lacune, dubbi e tante domande rimaste senza risposta. La più significativa è quella relativa al movente, mai realmente chiarito, così come la pistola che ha esploso il colpo ferale. Una calibro 22 mai rinvenuta.
Perché e come Giovanni Scattone sparò, non è dato saperlo anche al termine dei tre gradi di giudizio che lo hanno condannato per omicidio colposo, insieme con Salvatore Ferraro.«Marta – Il delitto della Sapienza» è un documentario scritto da Emanuele Cava, Gianluca De Martino, Laura Allievi e diretto da Simone Manetti (Rai2 e RaiPlay). Lo struggente ricordo della ragazza riemerge anche dalle pagine dei suoi diari segreti, ritrovati dalla sorella Tiziana e che la famiglia ha voluto condividere in questa rievocazione.
È un racconto che viaggia su due binari paralleli: da una parte, una scrupolosa ricostruzione di quei giorni e del processo (già affrontati da Corrado Augias in «Telefono giallo» e da «Un giorno in pretura»); la testimonianza di molti protagonisti dell’epoca, il ruolo interessato dei media; dall’altra, il tentativo di ricostruire la personalità più intima della ragazza, prima di quella fatale mattina. Il documentario è fatto molto bene, alle spalle c’è un lavoro meticoloso; un’attenta scrittura cerca di sbrogliare la complessità di quel processo mescolando immagini di repertorio con interviste attuali. Oggi lo possiamo leggere come un risarcimento morale alla figura di Marta e al dolore incolmabile dei suoi parenti. C’è però anche l’altro lato della medaglia che richiamo qui in maniera interlocutoria. Per Scattone e Ferraro, usciti dal carcere, non è questa una sorta di pena suppletiva non prevista dal Codice penale?