Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  ottobre 23 Sabato calendario

Pd al 20,7%, è il primo partito


Archiviata la tornata elettorale di ottobre, oggi facciamo il punto sull’esito delle elezioni comunali e i riflessi sullo scenario politico e sugli orientamenti di voto nazionali.
Iniziamo dalla lettura che gli italiani hanno dato dei risultati delle comunali. Prevale un atteggiamento di distacco, quasi di disinteresse, nonostante l’enfasi che i mezzi di informazione hanno dato all’appuntamento elettorale: quasi quattro intervistati su dieci dichiarano di non essere informati (30%) oppure di non essere in grado di esprimersi sull’esito (8%). Uno su tre (34%) ritiene che abbia vinto il centrosinistra, mentre il 3% è convinto della vittoria del centrodestra, il 6% considera i risultati molto eterogenei, con vittorie e sconfitte da parte di tutti, e uno su cinque (19%) reputa che abbiano perso tutti, data la bassa affluenza alle urne. E, a questo proposito, l’elevata astensione viene giudicata dal 54% un segnale preoccupante, causato dalla delusione e dalla sfiducia nei confronti della politica, mentre il 12% la attribuisce alla limitata conoscenza dei candidati e in alcuni casi alla loro qualità, e la restante parte è propensa a ridimensionare il fenomeno, dato che il 7% ritiene che la limitata partecipazione, per quanto preoccupante, sia comune alle principali democrazie occidentali e il 6% la riconduce al Covid e ai timori connessi.
Come spesso accade in concomitanza con le elezioni amministrative, le aspettative della stragrande maggioranza dei media (e dei protagonisti della politica) erano rivolte alle conseguenze del voto sugli equilibri della maggioranza di governo, e sullo scenario politico, immaginando una sorta di effetto-domino. L’opinione pubblica è di diverso avviso, dato che un terzo (34%) ritiene che non cambierà nulla e un terzo (31%) non si esprime (anche in questo caso denotando limitato interesse); tra i restanti intervistati il 20% pensa che i risultati elettorali favoriranno la governabilità, anche in prospettiva futura, mentre il 15% è di parere opposto.
E, a proposito di governo, rispetto all’inizio di settembre l’indice di gradimento dell’esecutivo fa segnare una flessione di un punto (da 61 a 60), mentre il presidente Draghi registra un calo di 3 punti (da 66 a 63), dovuto perlopiù all’elettorato leghista, a seguito della sempre più frequente contrapposizione tra Salvini e il premier.
Quanto al gradimento dei leader, la differenza più rilevante rispetto alla precedente rilevazione di fine luglio riguarda Conte che, pur mantenendosi in testa nella graduatoria con un indice pari a 43, fa registrare una diminuzione di 8 punti, da ricondurre al venir meno del suo profilo istituzionale e all’assunzione di un ruolo politico. In flessione anche Speranza (indice 34, -3), presumibilmente per la minore visibilità negli ultimi mesi. Viceversa, aumentano di 3 punti Letta (32), Berlusconi (30) e Calenda (28) e di 2 punti Renzi (14).
Da ultimo le intenzioni di voto: il Pd sembra beneficiare del positivo risultato alle comunali e alle suppletive, facendo registrare un lieve aumento (+0,7) che lo colloca al primo posto con il 20,7% delle preferenze, seguito dalla Lega con il 20% (in flessione di 0,5%), da FdI stabile al 18,8%, dal M5S con il 16,5% (-0,5%) e da Forza Italia con l’8% (-0.2%). Da segnalare la forte crescita (+3,1%) dell’area grigia, rappresentata da indecisi e astensionisti, che sale al 40,9%.
Nel complesso le tre forze di centrodestra, sebbene in lieve calo (-0,7), con il 46,8% prevalgono largamente su quelle di centrosinistra che si attestano al 31,9% (+1,3%). L’ipotesi di «campo largo» che comprende le forze del centrosinistra (escluse Azione e Italia viva) e il M5S sale al 44,4% (+1%).
L’elemento più significativo che emerge dal sondaggio odierno è la distanza tra cittadini e politica, testimoniata dell’aumento dell’astensione e dal prevalente atteggiamento di indifferenza rispetto alle vicende recenti e ai riflessi sullo scenario nazionale.
Solitamente nelle settimane che seguono una tornata elettorale si manifesta il cosiddetto bandwagon, che consiste nel saltare sul carro dei vincitori. Basti pensare che dopo le comunali del 2016, che videro l’eclatante vittoria di Virginia Raggi a Roma e Chiara Appendino a Torino, i sondaggi registrarono una forte crescita nelle intenzioni di voto per il M5S (che poi si affermò nettamente alle politiche del 2018). Lo stesso avvenne nelle settimane successive al successo della Lega di Salvini alle europee del 2019, quando i sondaggi fecero registrare un inarrestabile aumento sia delle intenzioni di voto per il partito sia della popolarità del leader fino alla vicenda del Papeete.
Ebbene, oggi gli effetti sembrano più limitati: il Pd si è portato in testa e precede solo di qualche decimale la Lega, Letta aumenta il proprio consenso personale collocandosi al quarto posto nella graduatoria dei leader di partito e il centrodestra continua a prevalere nettamente sul centrosinistra nonché sul possibile «campo largo», sebbene la distanza si sia ridotta.