la Repubblica, 23 ottobre 2021
Intervista a Geena Davis
Per le donne di ogni età lei è Thelma di Thelma & Louise, un manifesto di libertà e amicizia in jeans scoloriti e capelli al vento, su una Ford Thunderbird azzurra del 1966. Quest’anno celebriamo il trentennale di questo film, ancora di una sorprendente attualità.
Forse non facciamo più caso al fatto che le protagoniste siano due donne, ma all’epoca fu una vera rivoluzione. A colpire ancora gli spettatori, però, è la profonda libertà che guida le due ragazze nella loro fuga rocambolesca verso una vita diversa. È una pellicola che ha cambiato generazioni di donne, ma ha cambiato anche Geena Davis che forse anche grazie a quell’interpretazione ha deciso di lavorare sulla visibilità delle donne e il gender gap nel cinema e nei media, fondando nel 2004 il Geena Davis Institute on Gender in Media.
L’attrice premio Oscar è ormai una compagna di viaggio del Festival “L’eredità delle donne” che per il quarto anno invaderà Firenze nel weekend. Per l’occasione ci siamo incontrate via etere tra Roma e Los Angeles.
Geena Davis, una star premio Oscar fonda un Istituto di ricerca e si mette a lavorare con numeri e statistiche. Come ti è venuto in mente?
«È successo quando io e mia figlia, che aveva due anni, abbiamo iniziato a guardare assieme film e programmi per bambini. Siamo nel XXI secolo, eppure sullo schermo apparivano molti più personaggi maschili che femminili. Ho cominciato a chiedere in giro, nell’industria del cinema, se avessero notato questa disparità, e nessuno sembrava essersene accorto. Così ho avviato un istituto di ricerca, che analizza la rappresentazione delle bambine e delle donne in generale dapprima nei programmi per l’infanzia, poi su un raggio molto più ampio di cinema e televisione; abbiamo coinvolto case di produzione e grandi network, e assieme abbiamo cercato una soluzione, lavorando sui fatti».
Le immagini dei media hanno un impatto enorme su come percepiamo noi stesse e soprattutto su come le ragazze si immaginano nel loro futuro. Non a caso il motto dell’Istituto è “If she can see it, she can be it”, se lo vede può pensare di diventarlo.
«È così, ed è dimostrato. La Fox ci chiese una ricerca sull’effetto del personaggio di Gillian Anderson in X-Files, l’agente speciale Dana Scully, e abbiamo scoperto che tra le giovani donne che abbiamo intervistato e che lavorano in vari campi della ricerca scientifica, il 58 per cento era stato in qualche modo ispirato da quel ruolo. Ti rendi conto dell’impatto che hanno certi personaggi? La fiction è un veicolo fondamentale per introdurre cambiamenti sostanziali nella società reale».
Noi cerchiamo di incoraggiare le ragazze a sognare in grande, proprio come è successo a intere generazioni quando hanno visto “Thelma & Louise” di Ridley Scott: per la prima volta due donne, due avventuriere, erano protagoniste di un film, e senza un finale hollywoodiano consolatorio. È del 1991, stentiamo a crederlo perché è ancora attualissimo.
«Assolutamente, all’epoca ebbe una grandissima eco. E anche questo anniversario è importante, perché tutti noi pensavamo che dopo Thelma & Louise avremmo visto un sacco di film con al centro donne avventurose. Non è stato così, in trent’anni i progressi sono stati molto lenti. Ci saremmo aspettate cambiamenti più rapidi, sei d’accordo Serena?».
Ma quanto Thelma ha cambiato te, come persona?
«Ha avuto un effetto enorme sulla mia vita. Ho imparato tantissimo da Susan Sarandon, una compagna di lavoro straordinaria. Ma una delle cose più importanti è stato vedere la reazione delle donne, come dici tu. Sentirle chiedere “ma tu l’hai visto Thelma & Louise?”. E allora capisci quante poche occasioni avevano avuto prima di allora di uscire da un cinema con un’ispirazione nel cuore. Questo ha orientato la mia vita, sì».
E infatti, non solo hai fondato l’Istituto, ma anche un festival, il Bentonville Film Festival. Cos’ha di speciale?
«L’obiettivo del BFF è sostenere e valorizzare le voci delle donne nel cinema e in tutti i media. Scegliamo le opere in concorso con criteri molto severi: devono essere inclusive, devono rispecchiare il mondo, a iniziare dalle donne, ma anche le comunità di colore, Lgbtq+, i disabili, gli anziani… Dopo sette edizioni ci dicono che è il migliore nel suo genere».
Sai, mi piacerebbe gemellare “L’eredità delle donne” con il Bentonville dell’Arkansas, così potresti tornare a Firenze. Perché ci sei stata, e hai pure vinto un premio, ma non un premio cinematografico… Hai vinto un torneo di tiro con l’arco: ma è vero?
«Sì, è vero, guarda che il tiro con l’arco l’ho preso davvero sul serio.
Sono stata quasi selezionata per la squadra olimpionica a Sydney. Il mio allenatore continuava a dirmi che dovevo esercitarmi. E così mi trovavo in Italia, a Firenze c’era un torneo e mi sono iscritta. Erano tutti sbalorditi, “ma questa cosa ci fa qui?”, e io ero lì per divertirmi e allenarmi, e l’ho anche vinto».
Geena, qual è l’eredità che vorresti lasciare alle nuove generazioni?
«Beh, il mio scopo, e quello dell’Istituto, è cambiare il modo in cui le donne sono rappresentate sullo schermo e anche dietro lo schermo. Con i miei figli ha funzionato: sono cresciuti, ormai, e li vedo piuttosto svegli sui temi della parità e dell’inclusione».
E che consiglio daresti alle giovani Thelma?
«Fammi pensare… Non buttatevi giù nel burrone? A parte questo, sono molto ottimista, questa generazione di giovani donne cambierà molte cose, ne sono convinta».