Corriere della Sera, 22 ottobre 2021
Al Cairo hanno arrestato un robot. Pensavano fosse una spia
Londra Che in Egitto la repressione messa in atto dalla dittatura di Al Sisi non si fermi davanti a nulla lo sapevamo già: ma questa volta gli sgherri del regime sono stati capaci addirittura di arrestare un robot. Anzi, «una» robot-artista, cioè Ai-Da, la creatura artificiale venuta al mondo due anni fa in Gran Bretagna e ormai famosa nel mondo per i quadri che dipinge.
Ai-Da doveva partecipare a Forever Is Now, una mostra di arte contemporanea internazionale alle Piramidi: ma è stata fermata all’aeroporto e sequestrata ai suoi accompagnatori. Apparentemente, rappresentava un rischio per la sicurezza a causa delle telecamere celate nei suoi occhi: in altre parole, l’hanno accusata di essere una spia.
La robot è stata tenuta «in cella» per ben dieci giorni: e solo all’ultimo momento, grazie all’intervento dell’ambasciata britannica, è stata rilasciata e ieri ha potuto prendere parte alla mostra. «Lei è una robot-artista – ha detto il suo «creatore», Aidan Meller – dobbiamo essere chiari, non è una spia. La gente ha paura dei robot, lo capisco: ma tutta la situazione è ironica, perché lo scopo di Ai-Da è proprio sottolineare e mettere in guardia dagli abusi della tecnologia. Ma è stata detenuta perché è tecnologica». Durante i giorni del sequestro, Meller era preoccupato che la robot potesse essere danneggiata fisicamente: «È il più sofisticato robot ultra-realistico al mondo».
Dopo il rilascio, ieri, Ai-Da si è fatta fotografare davanti alle Piramidi: è la prima volta che una mostra d’arte, organizzata sotto il patrocinio dell’Unesco, si svolge nel celeberrimo complesso archeologico e la robot è una dei dieci artisti scelti per partecipare. L’opera che ha presentato è una scultura che reinterpreta l’enigma della Sfinge: un enorme autoritratto in creta con tre gambe.
«Sicurezza a rischio»
L’umanoide fermato in aeroporto a causa delle telecamere celate nei suoi occhi
In questi due anni di «vita», Ai-Da si è esibita in diversi musei britannici, dalla Tate Modern al Design Museum al Victoria&Albert: e in occasione del suo esordio londinese il Corriere aveva avuto modo di incontrarla e «intervistarla». Un’esperienza, questa, abbastanza inquietante: Ai-Da ti guarda sbattendo le palpebre e risponde a tono alle domande, spesso inanellando riflessioni filosofiche. Si guarda intorno, cattura la realtà attraverso gli occhi artificiali e col suo braccio meccanico dipinge ciò che vede. Una delle sue opere è stata utilizzata anche sulla copertina della Lettura, il supplemento culturale del Corriere.
«Una nuova voce per il mondo artistico», aveva scritto il New York Times; «sotto ogni aspetto valida come molti degli artisti astratti di oggi», aveva fatto eco il Daily Telegraph; «stempera il confine tra macchina e artista», concludeva Time. Perché Ai-Da non è una specie di grossa stampante – sottolineava il suo creatore – che si limiterebbe a riprodurre ciò che registra: i lavori che crea sono quasi astratti, sono frutto di una rielaborazione che è ogni volta diversa e imprevedibile.
Ai-Da è stata inventata da un gruppo di ingegneri di Oxford e sfrutta un complesso meccanismo di intelligenza artificiale sviluppato presso la celebre università inglese. Il suo nome è un gioco di parole fra AI (Artificial Intelligence) e Ada Lovelace, la matematica inglese dell’Ottocento, figlia di Lord Byron, famosa per aver ideato il primo algoritmo che è alla base dei computer moderni.
Il risultato è un robot umanoide in grado di apprendere e rielaborare la realtà. Nel suo curriculum ci sono collaborazioni con artisti in carne e ossa, un Ted Talk e pure un’intervista rilasciata al direttore artistico della Royal Academy di Londra.