La Stampa, 22 ottobre 2021
Torino riapre il caso Demichela, una 48enne morta 30 anni fa
Trent’anni e un mese dopo, sepolto dal tempo trascorso e dall’oblio mediatico, si riapre clamorosamente il giallo sull’omicidio di Franca Demichela, rubricato a cult della nera torinese fin qui irrisolto e passato alle cronache come il delitto della signora in rosso.
Fu strangolata e gettata in una discarica di Moncalieri, in frazione Barauda, in un sottopasso accanto al viadotto che scavalca la tangenziale sud. Era il 14 settembre del 1991. La vittima aveva 48 anni.
La procura ha chiesto e ottenuto la riapertura del fascicolo per poter condurre indagini su reperti scovati all’epoca degli investigatori, custoditi e oggi analizzabili attraverso nuove tecniche scientifiche di cui non si disponeva all’epoca. Profili genetici, tracce di Dna, piccoli «tesori» nella provvista degli investigatori che nel tempo possono essere nuovamente sottoposti a esami a caccia di riscontri inimmaginabili se non grazie alla progressione tecnologica e scientifica forense. Si chiamano accertamenti irripetibili. Li ha chiesti il pm Francesco Pelosi, li ha accordati il gip Silvia Salvadori.
Per poterli effettuare gli indagati devono essere avvertiti. Cosi è stato. Nei giorni scorsi tre di loro sono stati raggiunti dalla comunicazione della procura. Uno è irreperibile. E così si è tornati nella fase delle indagini preliminari con quattro persone di fatto di nuovo formalmente iscritte per quel delitto. Si tratta dell’ex marito della donna, Franco Capra, ex impiegato dell’ufficio contabile di Mirafiori e di tre nomadi di origine slava Nikola Stoianovic, Radenko Nicolic e Nenad Jovanovic. Due di questi ultimi erano state le ultime persone viste in compagnia della vittima. Il legale di Stoianovic si è presentato ieri mattina in procura per comunicare la disponibilità del suo assistito a essere ascoltato dal magistrato. Lui e Nikolic erano già stati sospettati all’epoca dei fatti, tornati nel mirino degli investigatori nel 1995. I carabinieri di Rho li avevano «fermati» in un campo nomadi sulla strada per Cornaredo. Interrogati avevano ripetuto ciò che avevano detto fin dall’inizio. E cioè che avevano lasciato la signora Franca Demichela nel centro di Torino alle 22,30 e di non averne saputo più nulla.
L’ex marito era stato arrestato. Aveva trascorso 18 giorni in cella per poi uscire scagionato da ogni accusa. L’altro nomade, Nenad Jovanovic, all’epoca 17 enne, si presentò dal magistrato per dire che lui e i suoi connazionali non c’entravano nulla con quel delitto. Alle indagini e agli accertamenti lavorarono sia la polizia che i carabinieri e non fu un mistero il sotterraneo e malcelato conflitto tra gli investigatori. Che, unito, ad alcune evidenti lacune nelle indagini, contribuirono a trasformare questa storia in un giallo perenne. Caddero uno dopo l’altro un fantomatico supertestimone che si rivelò poi inattendibile o un altro teste inizialmente inquadrato come decisivo – che raccontò di aver udito nella notte Capra litigare violentemente con Franca. Ma in quelle ore, il marito dormiva a casa della mamma, in un comune dell’hinterland lontano decine di chilometri da Torino. In questa confusione e presunti colpi di scena presto derubricati a “granchi”, la speranza di risolvere il giallo torna nelle mani della scienza, della genetica forense. E dopo 30 anni si riallacciano storie, incontri, tracce e segni. Che – per inciso- non puntano più sul marito, ma sui tre nomadi. —