il Fatto Quotidiano, 22 ottobre 2021
La squadra di Conte
La scena che racconta un clima è quella dei parlamentari, parecchi, che subito dopo la presentazione dei cinque vicepresidenti vanno fuori a fumare e a masticare risentimento. Le parole sono quelle di chi gli rinfaccia di “essere arrivato solo terzo a Napoli” (Vincenzo Spadafora) e lo accusa di “avere inseguito il Pd” (Giulia Sarti). Per Giuseppe Conte è un giovedì malmostoso quello dell’assemblea congiunta alla Camera con i parlamentari dei 5Stelle. Davanti agli eletti l’ex premier ammette la sconfitta, ma dice di non volere “la caccia ai singoli”, chiede unità ma semina avvertimenti a chi “rilascia interviste incendiarie e diffonde informazioni distorte ai giornali”. Mentre al Pd ricorda che Carlo Calenda e Matteo Renzi non possono essere alleati.
Prova a uscire così dallo stallo post elettorale, con una rotta e soprattutto annunciando i suoi cinque vicepresidenti: Paola Taverna, che sarà la vicaria, la viceministra al Mise Alessandra Todde, il vicepresidente dei deputati Riccardo Ricciardi, il senatore Mario Turco, il deputato Michele Gubitosa. L’ex reggente Vito Crimi, invece, sarà il responsabile dei dati personali. Ma dopo la presentazione dei nomi nella sala si contano molti vuoti. Reagiscono così alla segreteria di contiani doc, tra cui un fedelissimo come l’ex sottosegretario Turco. Nessuno dei dimaiani, a occhio rimasti a distanza di sicurezza, e qualche assenza che fa rumore, Lucia Azzolina e Chiara Appendino. L’ex sindaca di Torino fa sapere di aver declinato l’offerta perché sta per avere il secondo figlio. E dal M5S raccontano che Conte le avesse chiesto di trasferirsi stabilmente a Roma, per lei cosa impossibile. Ma già dalla mattina, con i nomi dei vice ormai noti anche ai parlamentari, tracimano polemiche. “Non ci sono eletti del Nord” notano. E in diversi ruminano di “segreteria fragile”. Un’aria da tutti contro tutti, che avvolge l’assemblea. In scena senza Luigi Di Maio, in missione in Libia. C’è invece Davide Crippa, capogruppo a Montecitorio in scadenza a gennaio, che l’ex premier avrebbe voluto sostituire a breve con Alfonso Bonafede. Mercoledì Conte aveva chiesto pubblicamente un passo indietro a tutto il Direttivo, per non far coincidere il rinnovo delle cariche con le votazioni per il nuovo presidente della Repubblica. Ma poche ore dopo, proprio il Direttivo gli aveva detto no, concedendogli solo di anticipare a dicembre l’elezione dei nuovi vertici. Impossibile spostare ora Crippa, sostenuto anche da Beppe Grillo. E in assemblea Conte fa inevitabilmente buon viso al prevedibile gioco altrui: “Avevo chiesto che la scadenza potesse essere anticipata e il direttivo della Camera ci è venuto incontro, dobbiamo ringraziarli”.
Ma l’ex premier vuole parlare soprattutto della sconfitta nelle Comunali. “Ci ho messo la faccia, ma abbiamo preso percentuali come il 2, il 3, il 3,5 per cento. E a Roma e Torino, siamo stati spettatori”. E allora “dobbiamo decidere cosa essere e cosa non essere, tornare sui territori”. Basta con “le illusioni da social”. Conte, che difende anche Gianroberto Casaleggio dalle accuse di fondi dal Venezuela – “accuse infamanti, il figlio Davide ha fatto bene a querelare” – è convinto che molti voti perduti nell’astensionismo si possano recuperare: “È il dato da cui ripartire, molti vogliono capire il futuro del M5S”. Ma ora ai suoi chiede innanzitutto disciplina: “Abbiamo preso risultati che dovrebbero indurci al silenzio e invece vedo manifestazioni di insofferenza”.
Tenta di ringalluzzire il gruppo seminando paletti politici: “Al leader di Azione (Calenda, ndr) diciamo che nessuno di noi ha mai detto di volerlo come alleato”. Quanto a Renzi, “si vergogna a presentarsi con il suo simbolo, il suo partito sta all’1 per cento”.
Molti lo accusano di essere troppo schiacciato sui dem, e lui precisa che il rapporto con il Pd continua, certo, ma a parità di peso e ruolo, in sostanza senza essere inferiori. E il governo Draghi? “Stando fuori non avremmo difeso il Reddito di cittadinanza, la riforma della giustizia o il superbonus – rivendica –, ma noi non esultiamo per gli idranti di Trieste, sabato Stefano Patuanelli incontrerà i portuali”. Applausi. Poi però arriva Spadafora: “L’effetto della sua leadership non si è sentito, ci dica se vuole il voto dopo l’elezione del nuovo capo dello Stato”. Sarti invece ringhia: “In Emilia Romagna abbiamo dimezzato i consensi, siamo corsi dietro al Pd per gli incarichi”. E c’è pure il deputato Marco Bella che fa sapere: “Al momento potrei non votare il Green pass”. Frammenti, dal M5S atomizzato.