Il Sole 24 Ore, 22 ottobre 2021
Evergrande corre verso il default
Hui Ka Yan, il fondatore di Evergrande, è reo confesso. «Non ci sono garanzie che il gruppo possa tenere fede ai suoi obblighi in base ai documenti finanziari sottoscritti e ad altri contratti – ha dichiarato ieri -. Faremo del nostro meglio per negoziare l’estensione del debito». Infatti. Nonostante la proroga di tre anni del bond da 260 milioni di dollari scaduto il 3 ottobre emesso dalla joint venture Jumbo Fortune Enterprise, la Borsa di Hong Kong ha inflitto un altro, sonoro colpo a due cifre (-12%) a Evergrande.
Il titolo era stato sospeso per due settimane in attesa di chiudere la cessione da 2,6 miliardi di dollari a Hopson Development della famiglia Chu ma, appena tornato sui listini, è andato a picco perché l’affare era già sfumato dieci giorni fa. Le quotazioni di Evergrande Property Services hanno perso oltre il 6%, dopo essere scivolate in apertura fino a -9%.
Così le parole di Hui hanno già il sapore del default tecnico, che sarà sancito domani, 23 ottobre, esattamente a trenta giorni dal primo mancato pagamento degli interessi sul primo maxi-bond offshore pericolante.
Che succederà, adesso? La Borsa prenderà atto del mancato rispetto del contratto stipulato tra Evergrande e la Hong Kong Stock Exchange, che impegna le società a onorare i loro debiti, quindi sbarrerà le porte a qualsiasi mossa futura del gigante dell’immobiliare sui listini, appesantito com’è da oltre 300 miliardi di dollari di debito corporate e tre rate non pagate finora. La cacciata dalla Borsa inevitabilmente porterà all’apertura della procedura fallimentare davanti alla Corte di giustizia di Hong Kong, ma in contemporanea è inevitabile che si aprano varie possibilità, tra queste lo smembramento di Evergrande in società più piccole da piazzare poi sul mercato con l’abile regìa statale.
Mercato che, però, è in sofferenza: il fallimento aprirebbe le porte a default a catena, in un clima politico molto delicato per i vertici di Pechino. Si profilano appuntamenti importanti sui quali aleggerebbe lo spettro di Evergrande, messa peraltro in ginocchio proprio dalla stretta di Pechino per raffreddare i prestiti dell’immobiliare.
La Banca Centrale cinese ieri ha ripreso a iniettare liquidità nel sistema con 15,65 miliardi di dollari Usa (100 miliardi di yuan) di pronti conto termine. Il tasso di interesse per i reverse repo a sette giorni è stato fissato al 2,2%. Una strategia di sostegno che va avanti da almeno due settimane in favore del credito cinese.
In apertura l’immobiliare ieri ha aperto con guadagni del 2%, con punte più alte per China Resources Land (+9,6%) e Longfor Group Holdings (+7,9%). Per Sunac China Holdings Ltd., Seazen Holdings Co., Poly Developments, Holdings Group Co. e China Vanke Co. una boccata di ossigeno che, però, non sembra destinata a durare. Il vicepremier Liu He e il vice governatore della Banca centrale Pan Gongsheng, seguendo l’esempio del governatore Yi Gang («La situazione di Evergrande è sotto controllo», aveva detto) hanno ridimensionato i rischi nel mercato immobiliare definendoli «controllabili» ed enfatizzando il ritorno alla normalità del settore.
Purtroppo le cose stanno diversamente. E a patire le conseguenze sono anche gli enti locali, che non trovano progetti infrastrutturali su cui investire e grazie ai quali finanziarsi: hanno impegnato finora solo 1,15 trilioni di yuan (180 miliardi di dollari) della quota di obbligazioni speciali a loro disposizione, pari nel 2021 a 3,65 trilioni di yuan.