Avvenire, 22 ottobre 2021
Il Grand Guignol dimenticato
La lettura di un recente romanzo di Andrej Longo ( Solo la pioggia; Sellerio, pagine 166, euro 14,00) mi ha spinto a riprendere in mano un vecchio libro dell’Einaudi che, per cura di Corrado Augias, raccoglieva nel 1973 diversi testi teatrali, più o meno di fine Ottocento, della corrente detta del ’Grand Guignol’. Il romanzo di Longo appartiene a ben vedere a quel genere. magniloquente e orrorifico, raccontando con provocatoria vitalità di tre fratelli camorristi che ogni anno celebrano l’anniversario della morte dell’amato padre ritrovandosi insieme a cucinare bere mangiare, a riaffermare la loro solidarietà, a rievocare orgogliosamente le loro malefatte. Ma uno di loro, nel corso della serata, confessa di essere gay, e uno dei due altri lo ammazza e viene a sua volta ammazzato dal terzo che alla fine, preso dai rimorsi, si butta in mare con la macchina e la storia finisce. Divertente ed esagerato, sanguinoso e, come ’grand guignol’, privo soltanto di qualche cenno di sovrannaturale... Ma cos’è stato il Grand Guignol storicamente? Un genere teatrale ’inventato’ da André De Lorde a Lione sulla scia degli spettacoli di burattini che aveva a protagonista ’Guignol’, un rivoltoso di imprese esagerate e sanguinose ma che aveva all’origine una ragione sociale assai forte, richiamandosi alle lotte dei canut, i lavoratori della seta a Lione nel medioevo e oltre. Il Guignol parlò di truci omicidi, sciorinò intrighi tremendi, evocò vendette sanguinose e passioni truculente. Un’esagerazione a cui peraltro il teatro di tutti tempi e forse di tutti i Paesi ha sacrificato più volte. A Parigi c’era un teatro fino agli anni cinquanta dello scorso
secolo, dove si davano solo questi lavori, amatissimi dal pubblico popolare. E che influenzarono molti scrittori (per esempio in Italia l’Invernizio e Mastriani...) e molto cinema muto, arrivando, in questo campo, sino all’horror angloamericano degli anni Trenta e Settanta, da Tod Browning a Terence Fisher e perfino agli italiani Freda, Bava, Argento. Nei loro anni vi eccelsero nel fumetto – Diabolik e parenti – le sorelle Giussani milanesi. In letteratura, chi non conosce almeno il nome di Stephen King, re del moderno Guignol? In Italia vi fu una compagnia teatrale specializzata in questo settore, quella di Alfredo Sainati, la cui sposa, Bella Starace Sainati, fece in tempo a comparire in tanti film degli anni trenta e quaranta del ’900, perfino con Totò. Sulla storia del Grand Guignol in Italia c’è anche un interessante studio di Carla Arduini edito da Bulzoni diversi anni fa. Oggi il guignol langue. È assente del tutto dal teatro e quasi del tutto dal cinema, ma ogni tanto se ne sente l’eco in qualche opera letteraria, come appunto quella, di egregia e cosciente esagerazione (forse!), di Andrej Longo. E però, come Longo sa bene, il Grand Guignol prospera nella società e nella vita, e i giornali ne sono purtroppo pieni. La cronaca ha sostituito il teatro, la letteratura, il cinema e perfino il fumetto.