il venerdì, 22 ottobre 2021
L’auto del futuro è già passata
Una delle slide preferite dagli evangelisti di Uber era quella che, citando lo studio di una prestigiosa università, dimostrava come una tipica auto rimanesse parcheggiata per oltre il 90 per cento del tempo. Che spreco! Meno male che era arrivato il servizio di car sharing che avrebbe fatto giustizia di quell’abominio consentendo a tutti di avere un’auto on demand, solo per il tempo che serviva. Il fondatore Travis Kalanick aveva poi terrorizzato gli autisti con la sua profezia sull’auto a guida autonoma: “Quando ci libereremo dell’altro tizio nella macchina (ovvero, appunto, l’autista) i prezzi delle nostre corse diverranno così bassi che nessuno avrà più bisogno di comprarsi un’auto perché non sarà conveniente”.
Né la promessa di efficienza ecologica (la modalità car pooling, un’auto da condividere per 2-3 passeggeri, è durata un attimo, affossata ulteriormente dal Covid) né quella del gran risparmio economico si sono rivelate fondate. Dopo tanti anni di corse dopate al ribasso (grazie ai miliardi speranzosamente versati dal venture capital) le tariffe sono cominciate a crescere su valori più realistici. L’arrivo in città delle piattaforme ha coinciso con ingorghi il 5% più lunghi. Per non dire della guida autonoma: come la sua concorrente Lyft – che pure qualche tempo fa aveva annunciato che quest’anno il grosso delle corse sarebbe stato a bordo di auto senza pilota – Uber ha venduto la sua divisione self driving, non riuscendo a intravedere la luce in fondo al tunnel).
Ogni singola promessa, ci ricorda oggi un impietoso editoriale del New York Times, è andata delusa. Niente male per un’azienda che voleva cambiare il mondo, nel frattempo rivoluzionando la mobilità. E quanti giornalisti si sono abbeverati a quella retorica! Cassandra per un giorno, almeno questo bluff l’avevo visto per tempo. Per non dire delle condizioni di lavoro degli autisti, cottimisti prototipali. A suon di milioni le due aziende son riuscite sin qui a sventare leggi che li tutelassero, ma non andrà sempre così.
(Dalla newsletter Finalmente è Venerdì)