La Stampa, 21 ottobre 2021
Le donne secondo Alessandro Barbero
Il potere declinato al femminile. Nella storia i casi sono rari ma, forse anche per questo, eclatanti. Su queste significative «emergenze» - che affiorano da un canone tutto al maschile - si concentra Alessandro Barbero per la nuova serie delle sue lezioni al grattacielo Intesa Sanpaolo di Torino. «Donne nella storia: il coraggio di rompere le regole» è il titolo delle tre lezioni, centrate su tre figure emblematiche, ciascuna a suo modo detentrice di potere o, comunque, carismatica e influente come madre Teresa di Calcutta, protagonista della seconda tappa di un percorso che si inaugura (oggi alle 18) con Caterina «la grande» di Russia e si chiude con Nilde Iotti.
Caterina, invece, chi era?
«È un caso eccezionale che coniuga ambizione e capacità di affermarsi. Era una principessa prussiana di 15 anni quando partì per la Russia per sposare lo zar e riuscì a detenere il potere per una trentina d’anni, con un governo da autocrate, pur dichiarandosi repubblicana ed essendo amatissima dagli Illuministi».
Barbero, arrivando a oggi, come mai, secondo lei, le donne faticano tanto non solo ad arrivare al potere, ma anche ad avere pari retribuzione o fare carriera?
«Premesso che io sono uno storico e quindi il mio compito è quello di indagare il passato e non presente o futuro, posso rispondere da cittadino che si interroga sul tema. Di fronte all’enorme cambiamento di costume degli ultimi cinquant’anni, viene da chiedersi come mai non si sia più avanti in questa direzione. Ci sono donne chirurgo, altre ingegnere e via citando, ma a livello generale, siamo lontani da un’effettiva parità in campo professionale. Rischio di dire una cosa impopolare, lo so, ma vale la pensa di chiedersi se non ci siano differenze strutturali fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi. E’ possibile che in media, le donne manchino di quella aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che aiutano ad affermarsi? Credo sia interessante rispondere a questa domanda. Non ci si deve scandalizzare per questa ipotesi, nella vita quotidiana si rimarcano spesso differenze fra i sessi. E c’è chi dice: "Se più donne facessero politica, la politica sarebbe migliore". Ecco, secondo me, proprio per questa diversità fra i due generi».
Non pensa che un mondo storicamente dominato dai maschi – con le caratteristiche di cui lei parla – opponga resistenza all’ascesa delle donne e tenda ancora a escluderle dai ruoli di comando, a ostacolarle in modo più o meno esplicito?
«Se così è, allora è solo questione di tempo. Basterà allevare ancora qualche generazione di giovani consapevoli e la situazione cambierà».
A proposito di «cose impopolari», sulla questione Green Pass, lei si è espresso – a sfavore – e si attirato non poche critiche. Ha cambiato idea?
«Le critiche ho evitato di leggerle e di ascoltarle. A volte qualcuno mi riferisce cosa è stato detto, ma direi che non mi turbano. In merito alla questione, resto della mia idea, ovvero che non mi piace l’obbligo di Green Pass per accedere ai mezzi pubblici o, peggio, per poter lavorare e ancor meno mi piace che i datori di lavoro debbano diventare controllori. Ciò detto, io mi sono vaccinato, sia pure con qualche timore, e il Pass ce l’ho. Trovo che sia molto pericoloso questa idea che esistano due fazioni schierate su fronti opposti, una contro l’altra armata. La realtà è più complessa. Io stesso, su certi temi mi trovo d’accordo con il governo e altre con l’opposizione».
Si parlava di destra e sinistra, come vede l’esito del voto a Torino?
«Mi ha molto stupito, ero straconvinto che avrebbe vinto Damilano. Per quanto mi riguarda, ho sostenuto Angelo d’Orsi perché rappresentava l’autentica candidatura della sinistra. Gli altri sono entrambi dei moderati».