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 2021  ottobre 16 Sabato calendario

Su "Il grande bluff. Abilità. Fortuna. Controllo. Giocare a poker per capire il gioco della vita" di Maria Konnikova (Ponte alle Grazie)



Non importa quanto sofisticate siano le nostre scelte, o quanto bravi siamo a dominare le probabilità: il caso avrà comunque l’ultima parola”. Parola di Nassim Taleb, l’autore noto in tutto il mondo per la sua Teoria del cigno nero.

Ma quanto siamo disposti a riconoscere la rilevanza del caso, che Balzac chiamava “il più grande romanziere del mondo”? Poco. La maggior parte di noi si illude di poter controllare la propria vita. Soprattutto quando tutto va bene. Ci sentiamo al centro dell’Universo: Homo faber fortunae suae. Fino a quando nella vita irrompe il caos. Ci tocca affrontare un lutto, una malattia, un licenziamento… Il mondo non è più sicuro e allora ci facciamo delle domande. Perché proprio a me? Perché questa sfortuna? E soprattutto: potevo evitarla?

È quello che è successo alla psicologa americana Maria Konnikova, quando la ruota della fortuna ha cominciato a girare all’incontrario. La caduta della nonna, la perdita di lavoro della mamma, la sua malattia. In quel momento si è rivolta alle carte. No, non ai tarocchi ma alle carte da gioco. E ha preso lezioni di poker da un campione mondiale di Las Vegas: Erik Seidel, vincitore di 9 braccialetti del World Series of Poker (WSOP) e un World Poker Tour. Molti – compresa sua nonna – associano il poker a sale piene di fumo, a individui di sesso maschile addicted, indebitati e poco raccomandabili. Konnikova no. Lei crede che questa reputazione sia assolutamente fuori luogo: durante la pandemia ha fatto lezione persino a bambini di sei anni.

«È uno strumento cruciale per sviluppare l’attenzione», dice, «quindi il pensiero critico. Per imparare a guardare il mondo senza pregiudizi, per pensare in termini di probabilità, per affrontare l’incertezza, leggere i comportamenti degli altri. Volete imparare come funziona il mondo? Imparate a giocare. Il poker è il gioco della vita, perché è all’intersezione tra caso e controllo». Cose che spiega bene nel suo saggio Il grande bluff. Abilità, fortuna, controllo. Giocare a poker per capire il gioco della vita (Ponte alle Grazie, dal 28/10), che è un viaggio nel mondo del gioco tra tornei al cardiopalma a Las Vegas ma è anche un manuale su come si educa la mente all’attenzione.

Il nostro cervello vuole certezze. Non è abituato a ragionare in termini di probabilità. Tutto ciò che è incerto ci fa paura. Per esempio, se ci dicono che al 90 per cento quel lavoro sarà nostro, non pensiamo che c’è un 10 per cento di probabilità che non lo sarà. Se non lo otteniamo restiamo scioccati. Lo stesso è accaduto quando i sondaggi alle presidenziali del 2016 davano Hillary Clinton vincitrice al 71 per cento. «Tutti lo interpretarono come segnale di certezza. Ma il 29 per cento di Trump era una percentuale altissima», dice Maria Konnikova. L’esperienza del gioco invece può abituarci a capire gli scenari probabilistici.

Il controllo del risultato è un’illusione perché nella vita, come al tavolo da gioco, le informazioni non sono mai complete, noi ne vediamo solo una parte e non sappiamo che carte ci arriveranno. Le carte insegnano a ragionare in termini di probabilità, e a scommettere. Quello che dobbiamo chiederci è: «Come rispondere, come adattarci al contesto, quali sono le scelte migliori da fare in queste circostanze? È qui che si fa strada l’abilità. Al tavolo verde ho visto la gente perdere con le carte più belle e vincere con quelle più brutte».

La fortuna esiste ed è totalmente random. Ma, come diceva Louis Pasteur, il padre della microbiologia, “nell’ambito dell’osservazione favorisce le menti preparate”. Ciò significa che se non prestiamo attenzione, l’opportunità svanisce, non la riconosciamo neanche. E nel gioco a carte, a differenza che nella vita, il karma è immediato: perdiamo la partita.

Non è detto però che vincere sia positivo. «Se vinciamo siamo stati bravi o fortunati?», si domanda Konnikova. «Chi lo sa, non ce lo chiediamo nemmeno. La perdita invece ci obbliga a fermarci e esaminare le nostre scelte, i nostri ragionamenti. Se siamo stati attenti e abbiamo ragionato in modo corretto sotto pressione, avremo imparato la lezione, anche se il risultato non è quello sperato». Perdere al gioco ci insegna a diventare più resilienti anche nella vita. Se sappiamo che abbiamo agito nel modo giusto ci rialzeremo più facilmente, il resto che importa? È fuori dal nostro controllo.

In molti pensano che l’aggressività e l’ostinazione paghino. Invece possono essere atteggiamenti controproducenti. «In natura l’animale che non manca mai la preda non è il ghepardo – che comunque ha successo nel 58 per cento dei casi – ma la libellula, perché riesce a muoversi con leggerezza e a prevedere i movimenti dell’altro con precisione sorprendente. Riesce a catturare il 95 per cento delle prede». Lo stesso accade al tavolo da gioco. Chi vince sulla distanza è il giocatore che osserva, che interpreta e adatta la strategia al contesto che cambia: una libellula appunto. Il vero professionista è come un musicista jazz che suona in connessione con la band, improvvisando il suo linguaggio a seconda di quello che fanno gli altri.

Saper far caso in un mondo dove l’attenzione è scarsa è un’impresa non da poco. Infatti si è sviluppato un mercato attorno all’attenzione – o alla mindfulness, com’è più di moda chiamarla adesso. Ci si sono cimentati dal medico Jon Kabat-Zinn allo psicologo Daniel Goleman e al maestro spirituale  Eckhart Tolle. Sono nate scuole di mindfulness e ritiri di meditazione. Se ne è discusso persino a Davos. E a Davos, tra i grandi della Terra, è stata pure Konnikova, che è anche esperta di meditazione. «La concentrazione è importantissima. Nel poker devi imparare a concentrarti per lunghi periodi, non solo su quello che succede al tavolo da gioco ma sui tuoi processi mentali e le tue emozioni, in modo da rimanere salda in situazioni di stress e controllare la paura».

Imparate ad avere fiducia in voi stessi. Bluffate. «Lo facciamo continuamente in termini di bugie bianche per oliare le relazioni sociali. Ma agli uomini viene molto più naturale. Sono loro che in un colloquio di lavoro dicono: “Sì, lo so fare. Assolutamente. Mi riesce benissimo”. Mentre le donne sono più sul “Sai, non l’ho ancora fatto ma posso imparare”. Alla fine l’uomo viene assunto, mentre la donna, che era magari più qualificata per il lavoro, no. Non dico di mentire ma di presentare l’informazione in modo diverso».

In Il caso e la necessità il biologo Jacques Monod scriveva: “L’antica alleanza è infranta; l’uomo sa finalmente di essere solo nell’immensità indifferente dell’Universo da cui è emerso solo per caso. Il suo dovere, come il suo destino, non è scritto in nessun luogo”. Non essere al centro del mondo non significa rinunciare alla nostra abilità. Maria Konnikova, nel giro di un anno, è diventata campionessa nazionale PCA (premio 84.600 dollari). Un risultato pazzesco, dato che le donne che giocano a poker nel mondo sono meno del 5 per cento. Che cosa aspettiamo, allora, per imparare a giocare?