, 21 ottobre 2021
“A CAMPIGLIO LA MADONNA NON C’ERA. MI HANNO FREGATO” – IN UN FILM VITA, SALITE E DISCESE DI MARCO PANTANI RACCONTATO DA AMICI E FAMILIARI – L’INVIDIA DEI CICLISTI MEDIOCRI CHE NON AVEVANO CAPITO COME "IL PIRATA" FACESSE GUADAGNARE PIU' SOLDI ANCHE A LORO, LE ACCUSE DI CANDIDO CANNAVO’ CHE LA SERA PRIMA DEL CONTROLLO DI CAMPIGLIO ERA STATO A TAVOLA CON LUI E POI SI TRASFORMÒ IN UNO DEI SUOI PRINCIPALI ACCUSATORI E L'ACCANIMENTO GIUDIZIARIO: TRE VOLTE A PROCESSO, DUE VOLTE ASSOLTO. E LA TERZA... -
“A Campiglio la Madonna non c’era. Mi hanno fregato”. Dentro Pantani quella ferita è rimasta sempre aperta. Lo ha scritto a chiare lettere protestando la sua innocenza. Tutto precipita il 5 giugno 1999, a Madonna di Campiglio, quando gli sfilano dalle mani la maglia rosa e un Giro già vinto (sarebbe stato il secondo di fila). Lo trovano con l’ematocrito a 52%. Il limite massimo era 51% (ma sia la sera prima che poche ore dopo il controllo era sotto il 50%). Lo fermano “per tutelarne la salute”, non viene squalificato. Il presidente del Pantani fan club sente puzza di bruciato e minaccia di guidare una rivolta.
Da “eroe del ciclismo” il Pirata diventa un traditore, il capro espiatorio perfetto di un sistema marcio. L’allora direttore della Gazzetta, Candido Cannavò, che la sera prima del controllo di Campiglio era stato a tavola con lui fino a tardi a lusingarlo, si trasforma in uno dei suoi principali accusatori.
In un editoriale di inusitata ferocia giustizialista invita il Pirata a confessare il doping (mai assunto) e a ripartire. "Riguardo a quello che è successo a Campiglio, lo hanno capito anche i sassi...", evidenzia mamma Tonina che a proposito del film "Il migliore" di Paolo Santolini, aggiunge: "Fa vedere chiaramente chi era Marco"
Un "patacca" di Romagna che amava la caccia, la pesca, i motori, le donne e cazzeggiare con gli amici. Le immagini restituiscono discese e risalite ardite, il cielo e le nuvole del Carpegna, la montagna di Marco, la spiaggia di Cesenatico.
Piadine, parrucche, facce colorate, Romagna sua. E poi i silenzi, le accuse, i misteri di una fine triste e solitaria davanti al mare d'inverno. Una incredibile avventura umana e sportiva che va a incrociare vizi, miserie e problemi irrisolti del nostro disgraziatissimo Paese.
C’è l’invidia dei mediocri nei confronti del “migliore di tutti”. Nella tappa di Oropa, in quel magnifico e tragico Giro del ’99, i rivali lo attaccano quando il Pirata è costretto a mettere il piede a terra per un salto della catena. “Pantadattilo” risponde da cannibale. Riprende Gotti, Savoldelli, Jalabert, li guarda in faccia, se li lascia alle spalle e va a vincere.
Fu detto che avrebbe dovuto essere più magnanimo, fare come Armstrong o Indurain che lasciavano le vittorie di tappa agli altri. Ma lui era diverso. Era il campione che appena la strada si impennava, scattava scatenando l’entusiasmo dei tifosi che a casa, nei bar e negli stabilimenti di Cesenatico “facevano volare” le tv. Audience da mondiali di calcio, sponsor, show televisivi. “I suoi colleghi non avevano capito che Pantani faceva sì che aumentassero gli stipendi di tutti”, spiega un suo amico.
Dall’altare alla polvere (bianca). La discesa agli inferi viene sezionata da una stampa avida di sbranare il mito e divorarne i pezzi. Anche se non è stato mai trovato positivo a un controllo antidoping, fu additato come il grande dopato.
Cosa abbia determinato quell’ingiusta accusa in un ragazzo che diceva di “credere nei valori” e per cui “essere ferito nei sentimenti faceva più male che nel fisico” è agli atti di un colossale cortocircuito giudiziario. Sette procure diverse lo misero sotto indagine per frode sportiva. E le falle nei controlli di Campiglio? Le rivelazioni di Renato Vallanzasca che in carcere venne a sapere giorni prima che “il pelatino non sarebbe arrivato a fine Giro”? Il giro di scommesse clandestine sul ciclismo? Lettera morta.
Si sottolinea come Pantani sia finito tre volte a giudizio ma si dimentica di ricordare che in due occasioni è stato assolto. E Il terzo processo è decaduto per la sua morte avvenuta il 14 febbraio del 2004 per intossicazione da cocaina (anche se la sua famiglia sostiene che sia stato ucciso da una overdose). A Cesenatico ricordano quei giorni gloriosi al Giro e al Tour. “Qua non passava una macchina, sembrava ci fosse solo lui”. L'ultimo dei magnifici 7 ad aver vinto Giro e Tour nello stesso anno. Lui, Marco Pantani. Il migliore di tutti.