Il Sole 24 Ore, 21 ottobre 2021
Il mondo deve bloccare le fughe di metano
Il mondo è pieno di fughe di gas. Non quelle che provocano lutti nelle città quando un palazzo salta in aria, ma altre ben più subdole e pericolose. Le più massicce provengono dai pozzi di estrazione di petrolio e di gas naturale, dei siti di stoccaggio e dai gasdotti che lo trasporttano. Identificare e bloccare queste perdite potrebbe fare di più per contenere l’emergenza climatica rispetto a ogni altra singola misura che prenderemo da qui al 2030, visto che il metano è un gas serra 80 volte più potente della CO 2, ma si decompone in tempi relativamente rapidi e quindi gli effetti di un taglio di queste emissioni si potrebbero percepire già nel giro di una generazione. In base all’ultimo rapporto dell’Ipcc, il metano di origine antropica è responsabile di un quarto dell’aumento delle temperature dall’epoca pre-industriale e quasi un terzo del surriscaldamento previsto nei prossimi decenni potrebbe essere evitato dimezzando le emissioni di metano causate dall’uomo, senza dover inventare nuove tecnologie o tagliare i consumi di energia. Proprio per questo motivo il metano sarà in cima alla lista delle cose da fare alla Cop 26 di Glasgow.
Fino a poco tempo fa, il dibattito si concentrava su installazioni e dispositivi difettosi, che provocano emissioni piccole o non intenzionali. Ora invece, grazie ai dati satellitari ad alta risoluzione, gli scienziati hanno individuato l’impatto dei rilasci frequenti e intenzionali, noti nel gergo petrolifero come “venting”, ovvero “sfiato”. Nel 2020 la startup francese Kayrros ha sviluppato uno strumento per rilevare con precisione le singole emissioni di metano dallo spazio. Ora la piattaforma Methane Watch viene utilizzata per monitorare le emissioni regolari di metano lungo i gasdotti, ad esempio in Siberia, con volumi registrati fino a 300 tonnellate l’ora. Combinando i dati delle missioni Copernicus Sentinel-5P e Sentinel-2, insieme agli algoritmi di intelligenza artificiale, gli scienziati di Kayrros hanno rilevato ad esempio 13 eventi di emissione di metano, con volumi fino a 164 tonnellate l’ora nel 2019-2020, lungo il gasdotto Yamal-Europe, di 4.196 km che attraversa Russia, Bielorussia, Polonia e Germania. Altri 33 eventi, con volumi fino a 291 tonnellate l’ora, sono stati rilevati nello stesso periodo sul gasdotto Fratellanza, costruito dai sovietici nel ’67 per portare il gas in Ungheria. Gli operatori, contattati, hanno confermato che questi eventi erano legati alla manutenzione programmata e sono stati debitamente segnalati alle autorità competenti. «Gli sfiati osservati lungo i gasdotti russi nel 2019 e nel 2020 hanno rilasciato un volume di metano equivalente a circa 3 milioni di tonnellate di anidride carbonica, che avrebbe potuto essere evitato», spiega Antoine Rostand, fondatore di Kayrros ed eminenza grigia dell’industria petrolifera francese, dopo una brillante carriera in Schlumberger. Nello stesso periodo, Kayrros ha anche rilevato importanti rilasci di metano fra Texas e New Mexico, associati alla produzione di petrolio da scisto, e in Australia, nel Bowen Basin, associati all’estrazione di carbone. Tutti questi sfiati potrebbero essere evitati in modo semplice ed economico utilizzando pratiche operative alternative. «Abbiamo la tecnologia per allinearci con le nostre ambizioni, è ora di usarla», sostiene Rostand. In base ai calcoli della Iea, le operazioni estrattive di idrocarburi hanno rovesciato in atmosfera ben 70 milioni di tonnellate di metano solo nel 2020.
Ecco perché il presidente Usa Joe Biden e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen hanno annunciato che lanceranno a Glasgow il Global Methane Pledge, un impegno collettivo a ridurre le emissioni globali di metano di almeno il 30% entro il 2030, con l’obiettivo di limitare di almeno 0,2°C il surriscaldamento del pianeta entro il 2050. Ma si potrebbe fare molto di più. Secondo l’Ipcc, basterebbe aumentare il taglio al 50% per ridurre di 0.3°C il surriscaldamento entro il 2040 e di 0,5°C entro il 2100. Partendo da un aumento della temperatura globale, ad oggi, di 1,1°C, questo taglio renderebbe molto più raggiungibile il target di 1,5°C dell’Accordo di Parigi.