Il Sole 24 Ore, 21 ottobre 2021
È il decennio d’oro per l’Italia?
È questo il «decennio d’oro» dell’Italia? La domanda non arriva da qualche politico o da fonti governative italiane. Né da qualche economista pieno di orgoglio patriottico. La domanda, con una risposta che tende all’affermativo, è messa nero su bianco in un report di un istituto di ricerca indipendente con sede negli Stati Uniti: 13D Research & Strategy. E i suoi economisti non sono gli unici a guardare all’Italia, da molto lontano, con un rinnovato interesse. Fino a parlare di «decennio d’oro». Da JP Morgan (che per alcuni mesi ha addirittura previsto una crescita del Pil italiano superiore alle stime dello stesso Governo), al capo-economista dell’Ocse (secondo cui «per la prima volta da decenni l’Italia è in una posizione favorevole»), fino al direttore del Dipartimento europeo del Fondo monetario (che parla di «forte fase di ripresa»): sono ormai diversi gli osservatori internazionali che guardano alla Penisola con occhi nuovi. Come se la foresta pietrificata di un Paese in costante stagnazione si stesse per scongelare. Questo ancora non sta più di tanto cambiando l’approccio degli investitori finanziari, come dimostra lo spread BTp-Bund fermo sopra 100, ma una ventata di ottimismo non può che fare bene al Paese. Sarà il futuro a dire se questa fiducia sia ben riposta.
Il decennio d’oro
Le testimonianze di questo cambio di aspettative sull’Italia, come detto, non sono poche. Proprio ieri, intervistato dall’Ansa, il direttore del Dipartimento Europeo del Fmi, Alfred Kammer, ha dichiarato che l’Italia è in una «forte fase di ripresa»: questo – ha aggiunto – è il «successo della risposta politica» che, con le misure adottate, ha protetto la struttura dell’economia e consentito «una forte ripartenza». JP Morgan è uscita con un report, non molto tempo fa, che aveva questo titolo: «Forte crescita, con Draghi che porta cambiamenti radicali». Il Capoeconomista dell’Ocse ha invece affermato, in un’intervista al Financial Times, che «l’Italia è oggi nella posizione di resettare l’economia».
Sempre il Financial Times ha virgolettato il presidente del G20 Business Forum con queste parole sulla Penisola: «Siamo in un boom di investimenti». Morningstar recentemente ha riportato la dichiarazione di un economista senior di Pantheon Macroeconomics: «Siamo più positivi sulla produzione industriale in Italia che altrove». Ma anche Goldman Sachs nota che gli stimoli che arrivano dal Recovery Fund «porteranno gli investimenti pubblici sui livelli precedenti al 2007». Fino agli analisti di 13D, che notano il fatto che da quando è arrivato Draghi a Palazzo Chigi l’Italia ha chiuso il gap di Pil perso con il Covid rispetto a Germania e Francia.
Le ragioni dell’ottimismo
La chiave di lettura comune a tutti gli ottimisti riguarda gli investimenti, vero motore della ripartenza. JP Morgan sottolinea che «l’aspetto più significativo della ripresa italiana è il rimbalzo degli investimenti fissi, che sono cresciuti del 5% oltre i livelli pre-Covid superando altre economie europee». A sostenerli sono due elementi: i fondi europei del Next Generation Eu e le riforme strutturali. Sono gli analisti di Deutsche Bank a porre per esempio l’accento (forse troppo enfatico) sul tema riforme. Parlando delle semplificazioni, commentano: «È impressionante come siano state varate velocemente». C’è poi chi mette l’accento, in positivo, sul successo della campagna vaccinale: «Per l’Italia i vaccini sono stati un game changer» ha per esempio dichiarato ieri Kammer del Fondo monetario.
Le analisi ruotano, più o meno esplicitamente, un po’ tutte intorno alla figura di Draghi. Gli analisti di 13D parlano di un «decennio d’oro» anche per questo motivo (dando in realtà quasi per scontato il trasloco di Draghi al Quirinale): «Il timore che l’Italia torni in stagnazione e nell’impasse politica dopo l’uscita di Draghi dal Governo è ingiustificato – scrivono -. Come presidente della Repubblica, Draghi avrà ancora molto potere: se riuscirà ad implementare le riforme durante la permanenza al Governo, non importa chi verrà dopo di lui perché nessuno potrà più cambiare l’impostazione».
Mercati più prudenti
Un conto è scrivere, altro conto però è investire. Sebbene la fiducia sul Paese si senta anche nei mercati finanziari, qui il game changer ancora non si vede così esplicito. Lo spread BTp-Bund è sceso dopo l’arrivo di Draghi a Palazzo Chigi, certo, ma poi è rimasto poco sopra i 100 punti base. E il ribasso è imputabile in buona parte alla politica Bce. Ma anche le dichiarazioni che arrivano dagli investitori mostrano più cautela: «Questo ottimismo sull’Italia non è così diffuso tra gli hedge fund internazionali – osserva per esempio Mattia Nocera, managing director di Ceresio Investors e responsabile proprio della selezione degli hedge fund esteri per il gruppo -. Per ora non ho notato un aumento dell’esposizione dei fondi sull’Italia. Il quadro, del resto, dipende molto dalla crescita che il Paese riuscirà a generare: se la crescita non continuasse, allora emergerebbero i problemi di deficit e debito».