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 2021  ottobre 21 Giovedì calendario

Negli Usa la gente non ha più voglia di lavorare


Cose mai viste prima nell’America ricca ma che dai lavoratori pretende molto e dà poco in termini di salari, ferie, stabilità, protezioni sociali. Nonostante manchino all’appello molti dei 20 milioni di americani che hanno perso l’impiego con la pandemia, aziende di tutti i settori sono alla disperata ricerca di personale (a fine agosto erano 10,4 milioni le offerte di lavoro senza risposta). E molte sono arrivate al punto di offrire «premi d’ingaggio» per attirare candidati. Aziende informatiche come Raytheon o gruppi biotech cercano di attirare tecnici specializzati con bonus di 50 o anche 100 mila dollari. Ma succede a ogni livello: il sistema scolastico di Tacoma, vicino Seattle, a caccia di dipendenti di ogni tipo, offre un incentivo di 5.000 dollari alle infermiere, 3.500 agli autisti dei bus, 500 al personale delle mense. Ora scende in campo perfino Amazon: 3.000 oltre al salario se vai a lavorare per Jeff Bezos nei mesi invernali delle consegne natalizie (150 mila posti).
Molti che (per ora) non rientrano nel mondo del lavoro, ma anche tanti che se ne vanno sbattendo la porta: la «Great Resignation» va avanti da mesi, soprattutto nei mestieri a diretto contatto col pubblico. Basta scomporre i dati dei 4,3 milioni che si sono dimessi ad agosto: 900 mila lavoravano per ristoranti, bar e alberghi, 720 mila nel commercio, 534 mila nella sanità, 706 mila nei servizi professionali.
Né il fenomeno è solo americano: la Gran Bretagna ha problemi ancora più seri e non solo per via della Brexit. Ma anche nell’Europa continentale dell’elevata disoccupazione le braccia scarseggiano: in Germania mancano almeno 80 mila autisti di camion e per l’Agenzia tedesca del lavoro il Paese avrà bisogno di importare almeno 400 mila lavoratori l’anno per colmare i vuoti nelle imprese.
Cosa sta succedendo? Rivincita dei lavoratori i cui salari reali hanno smesso di salire mezzo secolo fa, negli anni Settanta, e che dal 2000 sono stati ulteriormente schiacciati dal trionfo del consumatore sul produttore? Fenomeno momentaneo reso possibile dal fatto che, grazie ai sussidi dei governi, alle spese ridotte dei periodi di lockdown, all’aumento del valore delle case e dei risparmi investiti in Borsa, molti cittadini oggi hanno un cuscino che consente loro una pausa di riflessione? Rischio, come temono molti, di stagflazione con la ripresa che si ferma per mancanza di braccia che la sostengano mentre i prezzi salgono rapidamente per le strozzature delle catene di distribuzione e dello stesso mercato del lavoro?
Non ci sono certezze, anche perché le cause del fenomeno sono diverse da Paese a Paese e anche negli Usa – dove Biden cerca di dare più forza al lavoro rilanciando i sindacati, ma rischia di pagare cara l’inflazione nelle urne – sono molteplici. Proviamo a raggrupparle sinteticamente in quattro categorie.
Le ragioni
L’economia riparte: ma mancano 10,4 milioni di lavoratori. E ora si teme la «stagflazione»
1) Burnout, cioè esaurimento. Sono dipendenti esasperati da condizioni di lavoro divenute troppo difficili: sanitari che hanno vissuto mesi da incubo negli ospedali, personale degli ospizi dove è dura andare avanti anche perché i colleghi che se ne sono andati per paura o stanchezza non sono stati sostituiti; personale di ristoranti e bar sotto stress già prima del Covid 19 perché precario, malpagato e costretto a lavorare spesso in ambienti poco sani, che ora se la deve vedere anche con clienti resi sgarbati o aggressivi dall’obbligo della mascherina o da un servizio che non riesce più a essere rapido e impeccabile.
2) Epifania pandemica. Un intervallo lungo come quello imposto dal Covid ha fatto riflettere molti spingendoli a dare più importanza alla vita familiare rispetto al lavoro e magari a nuovi hobby o passioni che possono diventare un mestiere part-time. Così si chiede di restare a lavorare in remoto, si va in pensione anticipata o ci si dimette.
3) Alta liquidità. Come detto, molta gente oggi ha soldi e può permettersi di aspettare. Per i repubblicani è colpa dei sussidi dati con troppa generosità e a pioggia (peraltro anche da Trump, prima che da Biden). Ma negli Stati conservatori che li hanno eliminati per primi, le cose non stanno andando diversamente. Non durerà molto perché comunque gli americani hanno da sempre un livello di risparmio abbastanza basso. Ma per ora tengono duro, sicuri che, con tanti milioni di posti di lavoro aperti, qualcosa troveranno.
4) In assenza di strumenti come la cassa integrazione, in America quando sospendi un’attività, licenzi. Quando la riprendi, scopri che i tuoi ex dipendenti si sono messi a fare altro. Trovarne altri è difficile; trovarne altri con le stesse capacità, un’impresa. E l’addestramento allunga i tempi.