Il Sole 24 Ore, 20 ottobre 2021
Rame introvabile, prezzi record
Il prezzo del rame si è infiammato in ritardo rispetto a quello di altri metalli non ferrosi, dall’alluminio allo zinco e prima ancora lo stagno. Ma il fuoco covava sotto le ceneri e il mercato ora è letteralmente in preda al panico. Non solo le quotazioni volano a livelli record, sopra 10mila dollari per tonnellata al London Metal Exchange (Lme), ma è esplosa la differenza di valore tra il rame per consegna a breve e quello per consegna differita: segno che sta montando l’allarme per possibili carenze.
La backwardation, per usare il termine tecnico, ovvero il sovrapprezzo del metallo disponibile a pronti, si è impennato fino a superare 1.100 dollari per tonnellata, un’ascesa vertiginosa dai 55 dollari di appena una settimana fa, che evidenzia un’improvvisa difficoltà (quanto meno percepita) nel procurarsi metallo.
Mai nella storia si erano verificate tensioni così esasperate. Nemmeno ai tempi dello scandalo Sumitomo, a metà anni ’90, quando il mercato del rame impazzì a causa delle spericolate speculazioni del trader giapponese Yasuho Hamanaka: una vicenda che finì con una perdita di 2,6 miliardi di dollari per la banca e una condanna a otto anni di carcere per il dipendente colpevole delle manipolazioni. Nel 1996-97, periodo in cui Hamanaka era arrivato a controllare artificiosamente il 5% dell’offerta globale di rame, la backwardation si era spinta a un massimo di 330 dollari per tonnellata, un terzo rispetto a quella attuale.
Non è escluso che anche oggi ci siano grandi manovre speculative in corso. Il Lme ha alzato la guardia, pur senza prendere per ora alcun provvedimento. «Abbiamo notato la recente attività dei prezzi e continueremo a monitorare la situazione da vicino», ha risposto la borsa metalli londinese sollecitata da Bloomberg, ricordando di avere «opzioni disponibili per assicurare il mantenimento dell’ordine sul mercato se queste si riveleranno necessarie».
Se c’è un soggetto dominante – magari un nuovo Hamanaka all’opera – oggi l’Lme può obbligarlo a cedere rame in prestito ad altri partecipanti: il ricorso alla “lending rule” è possibile, a discrezione della borsa, quando una singola entità controlla almeno il 50% delle scorte di borsa, cosa che fino a pochi giorni fa non si era verificata. Ma dagli ultimi dati risulta che ora c’è un unico soggetto al quale fanno capo tra il 50 e il 79% delle giacenze di rame, ormai davvero risicatissime.
Quel poco che è rimasto nei magazzini Lme non basterebbe a soddisfare nemmeno mezza giornata di consumi mondiali del metallo, il più usato tra i non ferrosi, prezioso anche per la transizione energetica. La domanda è intorno a 25 milioni di tonnellate l’anno, ma presso la borsa londinese gli stock di rame disponibili al ritiro (on warrant) sono crollati dalle 150mila tonnellate di un mese fa – livello già molto basso, storicamente – ad appena 14.150 tonnellate venerdì scorso, il minimo dagli anni ’70. Lunedì c’è stata una leggere risalita, proprio per effetto dell’enorme backwardation, che incentiva la consegna, ma solo a 21.050 tonnellate. E ieri le scorte sono di nuovo calate a 15.225 tonnellate. Peraltro il problema non riguarda soltanto l’Lme. Anche nei magazzini della Shanghai Futures Exchange (ShFE) c’è sempre meno rame: 41.668 tonnellate, secondo gli ultimi dati, il minimo dal 2009.
Difficile stimare quanto metallo sia custodito in stoccaggi privati, lontano dal radar delle statistiche. Ma per quanto riguarda le borse «sembra che in giro non ci sia più rame», commenta Anna Stablum di Marex Spectron. «Ci sono stati volumi di scambio monstre, ma con lo spread in estrema tensione ora gli operatori sono troppo spaventati per farsi coinvolgere perché la posta gioco è troppo alta».
Finché non ci saranno maggiori consegne al Lme «il mercato rimane in una posizione difficile», spiega Michael Widmer di Bank of America, intervistato da Bloomberg «In questo momento al Lme si scambino contratti riferiti a metallo fisico, senza però che il metallo fisico ci sia davvero».
Il prezzo continua quindi a salire, in una spirale sempre più vorticosa: il rame a pronti vale ormai più di 11mila dollari per tonnellata, livello mai toccato in precedenza, mentre il contratto benchmark (per consegna a tre mesi) supera 10.300 $, avviato anch’esso ad aggiornare il record storico registrato lo scorso maggio a 10.747,50 $. Rialzi forse guidati dalla speculazione, ma che di certo non riflettono le preoccupazioni per l’economia globale, che inizia a frenare: il rame, noto come Doctor Copper, qualche segnale di malessere forse dovrebbe rilevarlo.