Corriere della Sera, 20 ottobre 2021
Il nuovo libro di Myrta Merlino e delle sue sorelle
I libri si leggono a partire dai ringraziamenti. Ce ne sono alcuni, tra quelli firmati da Myrta Merlino, che colpiscono in particolare. «A mia madre, che mi ha sempre ispirata e continua a farlo da ovunque si trovi». «All’immensa Liliana Segre. La sua amicizia è come una mano che indica la strada giusta». «A Luisa Sacchi, editrice attenta e sensibile: solo lei poteva convincermi a fare questo viaggio» (la Sacchi è la direttrice di Solferino, che domani pubblica il libro). E «a tutte le donne, dalla prima all’ultima, che mi hanno donato, attraverso le storie, un pezzo della loro vita».
«Sorellanza» è la parola chiave per le Donne che sfidano la tempesta, titolo del libro. Con il calore umano ben noto al suo pubblico, Myrta Merlino ne ha raccolto le storie, componendo un racconto a più voci della condizione femminile, e di come l’Italia abbia affrontato e battuto la pandemia grazie a infermiere e cassiere, giovani impiegate e nonne, fornaie e commesse di Amazon, croniste e ostetriche.
È un’ostetrica Fabiana, che nel marzo 2020 scrive un messaggio alla chat de «L’aria che tira», la trasmissione della Merlino sulla 7. Racconta come ha fatto nascere Mattia, rendendo partecipi il padre e la nonna che – causa Covid – non potevano assistere al parto, ma hanno potuto seguirlo e stare vicini alla neomamma grazie alle videochiamate di Fabiana.
È una cronista Giovanna, malata di fibrosi polmonare, una di quelle «patologie pregresse» spesso fatali a chi ha preso il Covid, che fa lo sciopero della fame per rivendicare il proprio diritto al vaccino, fino a quando l’8 marzo 2021 riesce – grazie all’intervento di un ospite abituale della Merlino, il viceministro Pierpaolo Sileri, ma senza violare le norme e le precedenze dovute alle fragilità – a ricevere l’iniezione e a riabbracciare il figlio tredicenne, da cui si era dovuta separare per sottrarsi al rischio del contagio.
È una commessa di Amazon Monica, 45 anni, originaria di Caserta: «Ho dovuto scegliere di fare un part time (1.200 netti, comprensivo di trasferta che è di 12 euro al giorno) perché il full time (lì si arriva a 1.600/1.700 netti) non sarei riuscita a farlo. La vita sul furgone è dura. Molto dura. Soltanto pochi giorni fa ho avuto un incidente. Ero ferma e due macchine mi sono venute addosso. Ora sono tutta fasciata, ho battuto la testa. E quindi sono in malattia. In questo caso, pagherà l’assicurazione della ragazza perché la colpa è loro. Ma non è sempre così. In altri casi, quando facciamo un graffio al furgoncino, lo scalano dal nostro stipendio che, con il sistema della franchigia, può arrivare fino a 750 euro di penale. In quei casi è come non percepire proprio lo stipendio...».
È una fornaia di un supermercato Martina – 31 anni, due bambini di sei e di tre —, costretta a rinunciare alla carriera universitaria per avere un lavoro stabile e mantenere i figli, consapevole che «i sogni e la fatica per raggiungerli sono un lusso che non ci possiamo permettere»; anche perché, annota la Merlino, le «stanze del potere, quelle che vediamo nelle immagini alla tv, quelle ricostruite in migliaia di film, sono stanze piene, sempre ed esclusivamente, di maschi. Cos’è il potere? C’è un modo per riassumerlo? Può andare bene il consiglio d’amministrazione di una banca, un conclave che si riunisce nelle segrete stanze del Vaticano, il management di vertice di una multinazionale. Ci vedete donne? No, nessuna. Vediamo uomini, solo uomini che muovono i fili. Ma noi non dobbiamo mollare per tutte le Martine di ieri, di oggi e soprattutto per tutte quelle di domani».
Non sono soltanto le storie – interessanti, a volte commoventi – il sugo del libro. La sintesi è in due parole: «Siamo sorelle». Donne destinate a unirsi, non solo per sentirsi meno sole, non solo per aiutarsi, non solo per generosità, ma per necessità. La soluzione è sentire le battaglie delle altre come fossero la propria. Lo confida Ilaria Capua all’autrice: «Partiamo dall’assunto che il principe azzurro non esiste. E dunque nessuno ci aiuterà, dobbiamo far da sole. Spesso si parla di leadership, anche per sottolineare ruoli di prestigio conquistati dalle donne. Non vorrei che quella femminile fosse soprattutto una “survivorship”, qualcosa da cui poi si rischia di venir fuori con le ossa rotte, con notti insonni, con ulteriori disperazioni». Inutile prendere il posto degli uomini per fare le stesse cose, comportarsi allo stesso modo. «Sogno una leadership femminile accettata come stile di leadership e basta – prosegue Capua —, non come una condizione che produca ulteriori stress. Ora le donne devono dare l’esempio, e sono poche le leader donna a doverlo fare. Se aspettiamo le misure dei governi e le quote rosa, siamo perdute».
«Sorellanza» è la chiave per sfatare il gioco di prestigio con cui da secoli gli uomini mettono le donne le une contro le altre. Proprio gli uomini a volte sono i grandi assenti. Non sempre violenti, non sempre colpevoli; ma spesso poco coraggiosi, non all’altezza delle loro donne. Per quanto nell’ultima pagina colpisca un ringraziamento, l’unico (a parte Carlo Brioschi, Paolo Posteraro, Mimmo De Masi, il sociologo) che non va trascurato: «A Marco, senza il quale non sarei la donna felice che sono». Marco è un personaggio pubblico: Marco Tardelli, il compagno di Myrta Merlino. E definirsi «donna felice» richiede non solo una buona dose di sincerità e di coraggio (esporsi all’invidia altrui, che non è cominciata con l’era social ma ne ha tratto alimento); è un riconoscimento al ruolo dell’uomo, che non è il contraltare della donna, ma – quando conosce il proprio dovere – è una condizione per la sua felicità.