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 2021  ottobre 19 Martedì calendario

Il party dell’innovazione in agricoltura

In una conferenza, l’anima e il paesaggio (in scena durante il Green Festival dell’Umbria), lo scrittore Michele Mari, ha ricordato quanto i romantici amassero la natura e tuttavia non riuscivano davvero ad analizzarla.
Per i romantici la natura era un contenitore nel quale si inseriva tutto: piante, selve, fiere, luoghi oscuri, vette splendenti e nebbie impenetrabili, senza un discernimento di stampo naturalistico, ma il concetto di natura veniva usato anche per descrivere i propri stati d’animo e poi le passioni, gli ideali, insomma tutto fuorché le leggi della natura. Che tra l’altro sono molto precise e illuminanti (e poi aiutano ad analizzare con precisione anche gli stati d’animo).
A titolo di esempio, il nostro Ugo Foscolo (da ragazzo volevo avere una vita come Ugo Foscolo e non come Steve McQueen), nelle ultime lettere di Jacopo Ortis, descrive una passeggiata di Jacopo sui colli Euganei dove, già turbato per ragioni di cuore (Teresa gli dava molta pena), si trova coinvolto in una tempesta e vede fiere, selve, e poi è investito da venti incessanti, come dire, sembra di stare sul K2 e non su una collina (i colli Euganei sono colline che ora usiamo descrivere con quegli aggettivi tipo: declinano dolcemente, ecc.).
A romantici dobbiamo molto. Se oggi usiamo frasi come: segui i tuoi sogni, ebbene lo dobbiamo a poeti e agli scrittori romantici. Ci hanno insegnato che spesso è utile sia cercare sia mettere alla prova i nostri valori e tuttavia come lascito ci ritroviamo una zavorra, quella loro idea di natura: ora tempestosa, ora placida, romantica appunto, un contenitore dove riporre le nostre speranze e paure.
È una versione di natura di stampo creazionista che ancora piace, un luogo che esiste a prescindere da tutto e da tempo immemorabile e che dobbiamo rispettare, pena la punizione, la caduta dal giardino dell’Eden.
Questo è il motivo per cui se parliamo di innovazione nel campo informatico o automobilistico o medico, tutti si interessano e spesso accettano con entusiasmo le innovazioni, se invece in un convengo con pubblico generalista mi trovo a descrivere una tecnica agricola innovativa c’è sempre qualcuno che si alza e dice: ma questa cosa qui è innaturale.
Siccome associamo la natura all’agricoltura se siamo innaturali lo è pure l’agricoltura, come posso se sono innaturale essere rispettoso dell’agricoltura. Passo per quello poco romantico, freddo, scientifico: da quelli come me cosa di buono ci si può aspettare?
Da tutto ciò deriva un senso di solitudine. Ma appunto, per non cedere vi inviterei a partecipare al party dell’innovazione, via agrifoglio e in due puntate (il prossimo party sul numero 21) insomma, durante il quale tanti giovani innovatori diranno la loro su alcune tecniche e pratiche che se ben applicate renderanno la natura un posto migliore in cui stare, solo così poi potremmo goderci la natura e leggere Ugo Foscolo sui colli Euganei.