La Stampa, 19 ottobre 2021
I numeri del Salone del libro di Torino
«Un’edizione storica. Qui c’è un Paese che fa forse meno rumore di chi spacca le vetrine della Cgil, ma io credo facciano anche rumore 150 mila persone che sfogliano un libro». Nicola Lagioia si presenta alla conferenza stampa finale del suo Salone del Libro in giacca nera, t-shirt rosa e l’aria stropicciata di chi ha dormito fra gli stand. Ma sfodera subito l’euforia del corridore che ha fatto il «SalTo» più alto di sempre, portare alla 33ª edizione del Salone del Libro, quella del dopo pandemia che non si sapeva fino all’ultimo se e come organizzare, 150 mila persone. Duemila in più di quelle entrate al Lingotto nel 2019, l’anno del ritorno dei grandi editori, dopo il tentativo di scippo (finito male) della kermesse da parte dei milanesi.
Quella che ha riempito gli stand del Salone e gli spazi degli incontri non è stata una moltitudine qualunque: un plotone mascherinato che nel bel mezzo dell’autunno si è messo disciplinatamente in coda e fra una spruzzata di gel e la pistola della sicurezza che fa bip sul Green Pass ha preso d’assalto la fiera del libro più grande di sempre che anche per ragioni di sicurezza è lievitata di 18 mila metri quadri.
Visitatori? Lettori? No, qualcosa di più: una comunità. Che ha visto nel Lingotto un simbolo, quello del ritorno alla normalità. Vuoi mettere la felicità, dopo mesi distanziamento e ansia globalizzata, di mettersi in fila non per un tampone, ma per ascoltare Valérie Perrin o un dibattito sulle poesie di Cesare Pavese? «Una scommessa da far tremare le vene ai polsi», ha detto Lagioia, «perché sapevamo che per non dichiarare fallimento avremmo dovuto portare al Lingotto almeno 70 mila persone e il governo ha cambiato a pochi giorni dall’apertura le regole di occupazione delle sale».
Nato come un SalTo nel buio si è rivelato il SalTo dei record, nonostante la profezia del taxista che la sera del 13 ottobre scorso portando il direttore del Salone all’Auditorium Rai per il concerto inaugurale avesse previsto che «no, al Lingotto verranno in pochi, la città è sgonfia». Torino ha di nuovo dimostrato che è qui la festa della cultura, organizzando la prima grande manifestazione fieristica europea da quando c’è il Covid. «Festa non solo di una città ma dell’intero Paese».
Accanto al botto numerico, un’altra novità tutta da capitalizzare. Perché la folla che si è assiepata fra gli stand (non solo per sfogliare libri, ma per comprarli: gli editori hanno aumentato le vendite sino all’80 per cento) per la prima volta è stata ad altissimo tasso di giovani. «E non erano nerd o topi da biblioteca come me», ha scherzato Lagioia, «ma gli stessi giovani che vanno ai concerti».
Ma a questo punto che farà il re Mida del libro visto che al termine della prossima edizione del maggio 2022 il suo mandato scadrà? «Intanto farò il prossimo Salone», risponde, «poi bisogna prendere atto che la fiera non può più crescere per dimensioni ma dal punto di vista qualitativo sì: attraverso collaborazioni con istituzioni importanti».
Insomma, Lagioia si mette alla plancia di comando, cerca di fare sempre meglio, anche se meglio di così sarà difficile (oltre una certa soglia di folla, poi, agli stand si vendono meno libri, quindi bisogna saper dosare la quantità di pubblico), ma soprattutto aspetta «un nuovo piano industriale» per trasformare una Ferrari in un razzo grazie a nuovi partner, nuova vision e nuove location. «Su questo record la città deve provare a investire, perché il Salone può crescere come centro nevralgico dell’editoria europea». ha concluso Lagioia. «Con il modello attuale abbiamo raggiunto il massimo, per espanderci bisogna inventare altre cose, ma questo richiede investimenti». L’auspicio è che le istituzioni e i soggetti privati si siedano attorno a un tavolo prima della prossima edizione per rivederne il progetto.
Se la direzione del Salone è in orbita insieme con la Supernova, gli editori ieri sera hanno brindato con bollicine dell’Alta Langa. «Rispetto a due anni fa c’è stato un incremento di vendite del 30 per cento» dice Filippo Guglielmone, direttore generale operativo trade di Mondadori. Analogo risultato da Sellerio dove parlano di un più 35 per cento, mentre Feltrinelli festeggia un più 10 per cento. Ma, accanto ai colossi, sorridono anche case editrici indipendenti come Marcos y Marcos che nel giro di cinque giorni ha venduto 1200 libri. —