Il Sole 24 Ore, 17 ottobre 2021
Nello Spazio far west senza regole
Lo scorso mese di agosto è stato presentato al Congresso Usa un report dettagliato in cui si suggeriscono azioni precise: rivedere i trattati internazionali sullo spazio, risalenti agli anni ’70, in funzione della difesa degli interessi americani, sia civili che commerciali e militari, e definire le regole di reazione in caso di un attacco agli Usa o a un alleato, che avvenga nello spazio o dallo spazio. Domande pesanti sollecitate anche dall’attività militare cinese e russa nello spazio.
Dall’altra parte del mondo il ministero degli Esteri cinese ha dichiarato, negli stessi giorni, che Cina e Russia sono preoccupate per la militarizzazione dello spazio operata dagli Usa. Per Nato e Ue, dal 2019, l’espansione allo spazio vicino, la bassa orbita fra i 200 e i 1.000 chilometri dal suolo, è sempre più di interesse militare.
Quella zona attorno alla Terra è considerata oggi un’espansione del suolo, dove viaggiano centinaia di satelliti che aiutano non solo i civili, ma anche i militari: per le comunicazioni, l’individuazione della posizione geografica di navi, aerei, mezzi terrestri e singoli militari, per il controllo remoto di sistemi semi-autonomi, l’ascolto delle comunicazioni di avversari e alleati, per l’individuazione di lanci di missili e il tracciamento delle traiettorie di testate missilistiche per i sistemi anti-missile e, infine, per il controllo dei satelliti avversari.
Impossibile quindi restare fuori dalla partita: hanno iniziato gli Stati Uniti, creando un comando indipendente, la Space Force, seguiti poi da Canada, Italia, Francia, Regno Unito, Giappone. Certo non con il budget Usa, che ammonta ora a 17,4 miliardi di dollari.
Niente guerre stellari, comunque, questo è il punto principale, perché una vera e propria guerra offensiva nello spazio sarebbe devastante per tutti, come dimostrato dal test cinese di distruzione di un satellite bersaglio: migliaia di pezzi metallici prodotti dall’esplosione vagano oggi come tanti micidiali proiettili. Anche la Russia, stando alle fonti Usa, nell’aprile 2020 ha provato una specie di siluro spaziale.
A parte queste esibizioni muscolari, l’attività militare nello spazio ha più a che fare con la security e l’intelligence: sorvegliare i satelliti altrui, capire quanti sono e dove sono, cosa fanno, intercettarne le comunicazioni, pedinarli. Le vere “armi” da usare nello spazio sono quindi, ad esempio, i jammers per disturbare le trasmissioni. Fondamentali i sistemi di codifica: i cinesi, per esempio, hanno sviluppato una crittografia quantistica che rende le loro comunicazioni oggi virtualmente impossibili da decodificare.
Anche per i militari poi l’aumento incredibile del numero di satelliti in orbita pone problemi, solo nei primi mesi del 2021 ne sono stati lanciati 2.000. Pericolo di collisioni quindi, con creazione di spazzatura spaziale, ma anche banale confusione: fra quei satelliti mandati in orbita, a decine alla volta, ci sarà anche una spia o addirittura un’arma?
Tecniche tipiche dello spionaggio sono pratiche normali nello spazio: pedinamenti, quasi stalking spaziali, accecamenti con laser e altro. Atti di guerra o no? Di nuovo: c’è un vuoto di legislazione, quella attuale ha più di 70 anni.
Per quanto riguarda i finanziamenti del settore militare nel 2020, nonostante la pandemia c’è stato un incremento globale del 2,6%, e il valore complessivo è di 1,98 trilioni di dollari. Stati Uniti e Cina sono in testa alla classifica, con il 39% e 13% della spesa globale, rispettivamente seguono India, Russia e Regno Unito in sequenza, con l’Italia all’11° posto, dati dell’Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace, di Stoccolma, aprile 2021.
Difficile, a parte gli Usa, capire quanto gli Stati devolvono alla difesa spaziale e come li spendono. Negli Usa il bilancio della Space Force, istituita da Trump e indipendente dalla Air Force, è di ben 17,4 miliardi di dollari, non molto distante da quello Nasa, che è sui 22.
Grazie poi alle continue richieste del Congresso, almeno i lanci di molti dei satelliti militari sono noti. In particolare, è molto seguito un progetto che è insieme pubblico e misterioso. Si tratta della miniflotta di due aerei spaziali X-37 B, che sono in uso dal 2010 in missioni secretate.
Piccolo – 8,8 metri per 4,6 – è una specie di mini-shuttle e viene alternativamente ritenuto una vera e propria arma spaziale, per mettere fuori uso o catturare satelliti nemici, oppure un laboratorio per testare in orbita, giustamente, nuove tecnologie militari. Nato da una costola di Nasa, ora è costruito da Boeing e opera con missioni in orbita molto lunghe, dai 250 giorni ai 780 della ultima.
L’orbita non è pubblica, ma appassionati del cielo lo hanno fotografato e ne hanno determinato la traiettoria, giusto per dire che nello spazio il gioco è diverso che sulla Terra. Anche i cinesi, pare, hanno un mezzo simile, ci sta pensando anche l’Europa, ma di quello del Paese del Dragone si sa pochissimo e i responsabili cinesi assicurano che è per usi pacifici.
Essenziale per gli americani la possibilità di lanciare da più siti anche molto diversi, dall’Alaska alla Nuova Zelanda passando per le due coste degli Usa e altrettanto utilizzare vari provider, da Rocketlab a Northrop Grumman. Quest’anno, che si sappia, la Space Force ha spedito in orbita almeno quattro satelliti.
Ma siamo all’aperitivo, visto che stiamo per andare sulla Luna e poi su Marte. Occorrerà salvaguardare anche lì gli interessi dei colonizzatori.