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 2021  ottobre 17 Domenica calendario

Biografia di Henrix Mkhitarian

I mprovvisamente il mondo si accorge del Nagorno Karabakh e delle migliaia di ragazzi soldato seppelliti sulle colline di Yerablur, e questa non è un’altra storia.
Allo sconosciuto di Yerevan, Henrix Mkhitarian, non va molto di ricordare quel gol che lo ha reso famoso: Il Boxing day del 2016? Sapevo che me lo avreste chiesto, risponde, quel giorno il Manchester United stava battendo il Sunderland 2-0 e l’Old Trafford era su di giri, Natale, tutti felici, siamo così certi della vittoria che facciamo cose che ci permettiamo solo in allenamento. Dunque, c’è Ibrahimovic in fascia destra che fa ballare il pallone fra i piedi e all’improvviso lo getta in area proprio dove sono io. Se avessi ricevuto la palla davanti a me avrei trovato il tempo per controllarla e probabilmente avrei perso l’occasione per il 3-0. Invece la palla mi arriva alle spalle. In Premier impari a pensare veloce, se non lo fai due o tre giocatori ti sono addosso e succede in ogni parte del campo, a quel punto ho una sola opzione, colpirla di tacco. L’ho fatto. Ho visto la palla in fondo alla rete e un istante dopo tutti urlano, mi tirano la maglia, mi buttano per terra, Old Trafford un terremoto. Il gol lo avevo segnato io ma ero l’unico che non era lì. Ho realizzato qualcosa quando sono tornato in albergo e l’ho visto su YouTube, tutti parlavano del gol dello scorpione e dicevano che era il più bello del Boxing day. Dicevano che me lo aveva senz’altro insegnato Zlatan, il re dei gol di tacco, e ho immaginato che un po’ ne fosse geloso. Old Trafford ha visto tante reti meravigliose, ma una come la mia lì non era mai stata segnata.
Questo racconto di Hene, come lo chiamano in Armenia, è sul sito ufficiale dello United, ha fatto il giro del mondo e tutti hanno conosciuto Henrix Mkhitarian, quando lui invece ha fatto molto altro e non occorre andare a Yerevan dove è nato per scoprirlo. La sua è una storia multisensoriale, sentimenti uno sopra l’altro senza respiro fin dall’infanzia quando non si vuole staccare un attimo da papà Hamlet. Si dispera quando lo vede uscire per andare ad allenarsi e non lo porta con sé. Lo adora, vuole correre come lui e calciare il pallone come fa lui, forte e preciso.
Il papà gioca nel Valence, seconda divisione francese, la famiglia si trasferisce lì quando Henrix ha solo pochi mesi e ci rimane cinque anni ma deve rientrare a Yerevan, lì nel distretto di Kentron a due passi dallo stadio Hrazdan, papà Hamlet ha un tumore al cervello e scompare in un attimo: Guardo sulle videocassette la sua felicità quando i compagni lo abbracciano dopo un gol, ricorda, e per me lui continua a vivere. 
La perdita è violenta ma nessuno lascia sola mamma Marina, lei entra nella federazione calcio armena, la sorella di Henrix, Monika, riceve un incarico negli uffici Uefa, lui gioca a calcio, va al Metalurh Donec’k e la notte non torna a casa, dorme nella club house del campo. Possiede un senso supremo della vita, il suo calcio è unico, a 14 anni sostiene un provino con il San Paolo, torna in Armenia, gioca nello Shakhtar, poi Dortmund, United, Arsenal su richiesta ostinata di Arsene Wenger, parla sette lingue, si laurea all’Istituto di Cultura Fisica, si iscrive a Economia e a Giurisprudenza, dove va a giocare diventa un mito, sempre votato miglior calciatore durante le sue stagioni allo Shakhtar, insignito del titolo di Cavaliere, quando il Liverpool si fa avanti per tesserarlo interviene Jurgen Klopp che lo mette in cima alla lista e lo porta al Dortmund. E in tutto questo il suo impegno per l’Armenia cresce, la guerra nel Nagorno-Karabakh una missione che non abbandona, un popolo distrutto dal conflitto con l’Azerbaigian, vittime quasi cinquemila ragazzi armeni fra i 18 e i 20 anni: Giovani che non potranno aiutare il proprio paese a crescere, dice Henrix. Scrive una lettera aperta a Donald Trump e Vladimir Putin, durante le pause si reca nei paesi devastati dalla guerra portando tutto quanto riesce a mettere insieme, viene proclamato eroe nazionale con la medaglia dell’Nkr, un conflitto che gli costa l’esclusione dalla finale di Europa League a Baku: Siamo soli.
Adesso è qui da noi con Josè Mourinho, si conoscono dai tempi di Manchester, stesso albergo, il Lowly Hotel. Lo United non gira, Josè ha una squadra scarsa, cosa si può pretendere se davanti ha uno come Mkhitarian. Josè lo accusa di avergli creato problemi con la stampa, lo tiene in tribuna: Mourinho? Sì, risponde, è l’allenatore più difficile che ho avuto in carriera.
Quando la Roma annuncia l’ingaggio dello Special lui è il primo in lista partenti: Con Josè tante cose non vere, dice, ma è il passato, ci siamo chiariti, tutti e due qui abbiamo un solo desiderio, vincere, chi vuole lo scudetto deve fare i conti con noi.
Il 31 agosto dello scorso anno ha rescisso il contratto con l’Arsenal e questo primo giugno ha rinnovato per un’altra stagione, adesso con Josè le cose filano. L’ex sconosciuto di Yerevan ha fatto tanta strada prima di arrivare a Roma a bordo di uno dei suoi bolidi, lui è nella top ten mondiale dei collezionisti di auto, gioielli, una Lamborghini Aventador bianca, una Mercedes Class Coupè, una Chevrolet Camaro rossa come la Ferrari GCT4, altro. Sono il contrappasso della sua esistenza, una pagina nuova, la sua capacità di trasformarsi e cambiare mentre il mondo sta cambiando. A Roma i tifosi stanno imparando, hanno un uomo da celebrare e se capita di vedergli sbagliare un passaggio, applauso, lui lo merita sempre.