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 2021  ottobre 17 Domenica calendario

Intervista alla violinista Hilary Hahn

Violinista preziosa nei suoi guizzi di genio interpretativo, Hilary Hahn è un’icona globale adorata dai giovani ed è un tipo spassoso e affascinante nel suo fuoco d’iniziative in favore della divulgazione musicale. Sostiene l’idea di un ascolto disincantato e agevole della classica, e dice che «siccome la grande musica può essere rilassante, ai concerti si può dormire, a patto di non russare». Quanta coraggiosa verità c’è in questa dichiarazione. Non esita a desacralizzare la cornice dei concerti, spiegando che «è bello avere spettatori in jeans e borchie» e aggiungendo che «a volte ci si dimentica che è la musica ciò che importa, e non il modo di vestire».
Star di perenne successo, ha vinto tre Grammy Award. I suoi album — ne ha incisi ventuno — si sono sempre piazzati in cima alle vendite della classica. Eppure quest’empatica 41enne americana (che torna alla ribalta dopo un paio d’anni di stop, prima per un sabbatico legato a una maternità, poi per la pandemia) non è superba né supponente, come lo sono spesso i celebri musicisti classici, convinti d’incarnare una cultura superiore. Piuttosto è un ciclone di umanità ridente. Quando chiacchiera al telefono (si fa intervistare in esclusiva da Boston), sfoggia un timbro vocale infantile. Ma spiazza l’interlocutore con affermazioni sagge. È una bimba che gioca con cose da grandi, viene da pensare. Chissà se quest’atteggiamento c’entra col fatto che è in carriera da quando aveva undici anni.
La nostra conversazione avviene alla vigilia della sua partenza per l’Italia: giovedì 21 suonerà a Torino, inaugurando la stagione dell’Orchestra Sinfonica Nazionale Rai guidata dal “direttore emerito” del complesso, Fabio Luisi (diretta su Rai 5 e Radio3 e live streaming su RayPlay). Con la stessa orchestra farà un tour in Germania, e sarà a Roma per Santa Cecilia dal 18 al 20 novembre col Concerto n. 1 di Prokofiev (sul podio Stephane Denève ).
Parliamo del suo prossimo appuntamento italiano, Hilary: a Torino proporrà il magico Concerto per violino e orchestra di Sibelius…
«… che è un’opera potente e piena di colori, con qualcosa di rock’n’roll nell’ultimo movimento. Il primo è scuro, misterioso e onirico. Il secondo a volte grida in modo acuto e a volte canta come un baritono.
Nel pezzo si passa di frequente dai suoni gravi a quelli altissimi.
Il che produce un senso di conflitto. Lotti con lo strumento e con te stessa. Non è un concerto comodo da suonare. Amo questa attrazione-repulsione e la assecondo».
Tra le sue attività frenetiche c’è la nuova affiliazione come “Artist in Residence” della Chicago Simphony Orchestra.
Come svolgerà questo ruolo?
«Saranno numerosi i miei progetti sociali con la CSO. La musica deve respirare fuori dalla sala da concerto, in situazioni come ospedali e luoghi che accolgono vittime di violenze. O in circoli di cucito, o in scuole di danza… Immagino tra l’altro un forte sviluppo dei miei concerti “Bring Your Own Baby”, formula che ho già realizzato altrove.
Sono esibizioni dove portare i propri figli piccoli che possono piangere, gattonare, giocare…».
Lei è molto attiva sui social dove vanta un seguito straordinario, ed è ricchissimo il suo blog. Nutre tanta fiducia nella rete?
«Sono entusiasta di questi strumenti. Il pubblico deve capire cosa fai, come ti muovi nel mondo, che cos’è il tuo lavoro visto dall’interno e chi sei come individuo. Ogni artista può divertirsi a stabilire una relazione diretta con gli altri esseri umani. Abbiamo la fortuna di vivere in un mondo interconnesso e questi media offrono la possibilità di una diffusione capillare dei propri intenti. Mi piace postare foto e video dei miei viaggi, inserire citazioni stimolanti e fare mini-masterclass. Il mio hashtag #100daysofpractice ha cercato di demistificare il processo estenuante e isolante della pratica e dello studio musicale, trasformandolo in una celebrazione condivisa dello sviluppo artistico. Artisti e studenti hanno contribuito con oltre 600.000 post. La musica dev’essere di tutti».