Corriere della Sera, 16 ottobre 2021
Continua la protesta al porto di Trieste
«Mi dispiace, ma lei morirà presto. Anzi, sta già morendo in questo istante». Adesso me lo segno, con opportuna ricerca nella tasca di qualche oggetto metallico. «Non le servirà a nulla, perché il grafene che le hanno iniettato con il vaccino ha già iniziato a solidificare il suo sangue».
Loris Mazzorato è stato per due volte sindaco di Resana, novemila abitanti in provincia di Treviso. La prima con la Lega, che lo espulse perché tra le altre cose partecipò a una messa in suffragio di Erich Priebke, la seconda con una lista civica. Oggi si dichiara casalingo di professione. Indossa un cartello con la scritta «Speranza criminale assassino», e sotto il cartello una maglietta con la prima pagina del Corriere della Sera che annunciava nel novembre del 1938 l’entrata in vigore delle leggi razziali con esclusione degli studenti e degli insegnanti ebrei dalle scuole governative. «Oggi la storia si ripete, come sempre. Con i vaccini al posto delle camere a gas».
E così per altre otto ore, per tante altre conversazioni, con toni per fortuna meno iettatori. Ma se esiste una differenza tra movimento No Green Pass e movimento No Vax, scusateci, ieri noi non siamo riusciti a vederla. È come se tra le due istanze ci fosse uno scarto così sottile da risultare impercettibile. Con rinnovata fiducia nel fatto che non siano davvero le ultime, scriviamo queste righe dal varco 4 del porto di Trieste, dove a partire dalle sette del mattino di ieri è cominciato il blocco che non era un vero blocco deciso dal Coordinamento dei lavoratori portuali (Clpt), il sindacato di base diventato famoso per la minaccia di chiudere il primo scalo marittimo d’Italia in opposizione totale al Green Pass, e si è tenuta una manifestazione che è arrivata a contare almeno cinquemila partecipanti.
«In Italia abbiamo una Costituzione bellissima che viene violata dal governo, noi siamo i suoi unici difensori». Stefano Puzzer, il portavoce diventato volto della protesta, saluta così la folla. Poi, non succede più nulla. Fin dall’inizio, si capisce che è il giorno in cui vincono tutti. Gli esponenti del sindacato indicano le gru del porto ferme all’orizzonte come una prova della riuscita della loro iniziativa. «I camion non hanno neppure provato a passare, e sono entrati al massimo un centinaio di nostri colleghi. Missione compiuta». A onore del vero, basta scarpinare fino al Varco 1 per capire che le cose non stanno proprio così. La coda dei Tir in attesa di entrare in porto marcia fila spedita, con i colleghi di Puzzer che indirizzano i camion verso le stazioni di scarico. Quasi un giorno come gli altri. A marce ridotte, come capita spesso quando ci sono agitazioni sindacali. La piattaforma logistica ha continuato a funzionare, il terminal traghetti pure, la base petrolifera idem. La chiusura del Varco 4 causa manifestazione ha imposto il funzionamento ridotto del terminal Container. Due navi da mille casse attendevano in rada. Sono state fatte entrare stanotte.
Sollevato
D’Agostino, presidente dell’autorità portuale: «Hanno aderito 150 su 1.500, buon segnale»
«Tra sabato e domenica deciderò cosa fare, ma che il blocco non ci sia stato, o comunque sia stato attuato in modo leggero, mi pare un buon segnale». Dalla sua casa di Verona, il presidente dell’autorità portuale Zeno D’Agostino tira un sospiro di sollievo. Appena ventiquattro ore prima, aveva ventilato l’ipotesi delle dimissioni. «Sapevamo che la manifestazione avrebbe bloccato il porto, e ci eravamo preparati dicendo ai terminalisti di ridurre le loro attività. Se la sera prima della manifestazione viene annunciato che ai varchi ci saranno cinquantamila persone, è inevitabile. Poi l’affluenza è stata inferiore, i portuali che hanno aderito alla protesta sono stati 150 su 1.500, un varco era aperto. È andata meglio del previsto».
Insomma, tanto tuonò che c’era un bel sole. Allora vale la pena di tornare alla manifestazione, per capire bene. La spianata del varco 4 raccoglie senz’altro un malessere profondo, persone che si sentono escluse, persone in buona fede come Luca e Massimo, agente di commercio e impiegato al Comune di Trieste, 4 e 6 figli a testa, una sfiducia profonda in tutto quello che è autorità, istituzione. «Siamo solo tifosi della libertà». D’accordo, ma vi siete vaccinati? «No». Uno di loro ha curato i figli dal Covid con la vitamina C e D, seguendo le istruzioni di un sito Internet. C’è una rappresentanza regionale dei Vigili del fuoco, dieci in tutto. «Non è questione di vaccino, ma di discriminazione verso i lavoratori, un problema legale». Chi di voi è vaccinato? Non alza la mano nessuno.
Puzzer è un fiume in piena. I suoi compagni di sindacato stanno già cercando una via di uscita onorevole, anche per lui. Ma conta più l’apparenza, come al solito. A ogni intervista, una dichiarazione sempre più forte. «Lo Stato istiga alla violenza», «Avanti fino alla fine, con ogni mezzo». Il collega che gli regge il telefono è entusiasta. «Oggi 16 collegamenti, e abbiamo già tre inviti per i talk show della prossima settimana». Sta nascendo una stella televisiva.
Alle 18 sono rimaste non più di mille persone. Il blocco portuale assomiglia sempre di più a una occupazione studentesca, con canti e balli. Mentre andiamo via, arriva sul monopattino un ragazzo con cappello a cilindro e papillon, seguito da un altro travestito con il costume da Uomo Ragno che regge una cassa di birre.