la Repubblica, 16 ottobre 2021
Al Salone con Valérie Perrin, Madame bestseller
TORINO
Sarebbe bello se tra le migliaia di lettori di Valérie Perrin ci fossero o fossero stati anche i No Pass, No Vax e All You Can No di questo nuovo mondo che è il mondo di prima rieditato ma non ancora risanato. Bello e possibile. La folla che l’ascolta al Salone del Libro di Torino, nel venerdì nero che non è stato neppure fumé, è vasta, varia e naturalmente greenpassata, è la “gente vera”, quella che, diceva Edmondo Berselli ai suoi colleghi (sempre noi dei giornali), «si muove in un altro mondo a voi sconosciuto, là fuori, fuori dalla vostra cerchia di amici e conoscenti». Persone incattivite non ce ne sono. Immusonite, neanche. Ricredutesi, forse, qualcuna.
Si leggeva Perrin – Cambiare l’acqua ai fiori – durante il primo, dimenticatissimo lockdown, quando il tg era un funerale mondiale, non c’erano i vaccini, e si diceva che ne saremmo usciti migliori, poetici, accorti, ecologici, civili, di sinistra (questo qualcuno lo dice ancora, dice: dal Covid si esce a sinistra, e niente seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino). È successo? No. No? E come lo stabiliamo? Perché ci sono i No Vax e gli eversivi in piazza, e il tabaccaio ha ripreso a non farci lo scontrino, e le signore in metro hanno ripreso ad alitarci in faccia per chiederci se scendiamo alla prossima fermata, ed è imploso l’Afghanistan, e sono andati a votare un risicato 50 per cento degli aventi diritto?
Si sono ripristinate le orribili vecchie abitudini, tutte quante, al millimetro, al solito posto, però c’è chi s’è licenziato e sta licenziandosi da posti di lavoro inumani e brutti, o inumani e bellissimi, o inumani e prestigiosi (è un fenomeno in crescita da questa estate, riguarda soprattutto le donne, se saremo fortunati assumerà le stesse proporzioni ma non gli stessi modi del # metoo). E si continua a leggere Valérie Parrin e, anche se i dati dell’Associazione italiana editori presentati proprio al Salone di Torino in questi giorni rilevano che i lettori non crescono ma leggono sempre di più, il primo grande evento della ripartenza non è la sagra della pasta al forno al Fico di Farinetti (che naturalmente avrebbe trovato un nome più charmant di sagra), ma una fiera del libro, assai partecipata e allegra, e dunque se anche i lettori restano sempre gli stessi, almeno sappiamo che riempiono il Lingotto e sono allegri e vispi, per non dire anche giovani.
Giovani, giovanili e anagraficamente indefinibili hanno applaudito alle molte confortevoli banalità che Valérie Perrin ha detto, le stesse che, se quelle piazze e quei No fossero una spia, e segnalassero un mood, avrebbero forse scatenato qualche irascibile. Invece, applausi scroscianti all’amicizia che è come l’amore, ma più duratura; alla provincia che ti fa crescere forte e sano e felice; alle buone madri che tali sono quando fanno quel che possono.
Hanno applaudito tutti perché c’erano tutti: intellettuali e persone felici. Perché non osiamo leggere, dopo la continuità dei nostri malumori, malanni e malcostumi, anche la continuità nella lettura di Perrin, che presenta Tre (e/o) già svettante sul mercato, un libro nuovo ma dalle identiche intenzioni dell’altro – parlare delle piccole cose della vita: una storia semplice che racconti e riguardi tutti? Perché non ci concediamo il lusso e la speranza di vedere, in questo, ciò che abbiamo visto quando si stava reclusi, si meriggiava anche al mattino e alla sera e alla notte, si scopriva o riscopriva un feeling patrio e fraterno con Giuseppe Conte, si cucinava, ci si dedicava ad arti e mestieri domestici, talvolta agricoli, come cambiare l’acqua ai fiori, e quindi si leggeva un romanzo che di cambiare l’acqua ai fiori parlava, peraltro fiori per i morti?
Non è questo il buono di ogni retorica e melensaggine: trovare l’altra faccia della medaglia. Sì, siamo tornati come prima, ma nella multiforme e multietnica coabitazione di bene e male che ci anima, non può essere che sia arrivato un nuovo inquilino? Uno attento agli alberi, ai fiori, ai morti, agli amici, ai libri? Uno che non è più disposto a lavorare da morire e nemmeno a morire di lavoro, né è disposto a mentire per sembrare irreprensibile e invincibile? L’applauso più forte del Salone, Perrin lo ha preso quando ha confessato di non aver mai finito di legger la Recherche.
Madame bestseller è signora ben coniugata (con Claude Lelouch), ben domiciliata (a Montmartre) ed è quel tipo di donna francese che sono poi tutte le donne francesi: meravigliosa e slanciata anche con ai piedi un paio di mocassini mortificanti, ordinata e tonica, una di quelle che, quando piove, non si bagnano. In sostanza, la signora ha tutte le carte in regola per risultare detestabile, falsa, elitista, borghesuccia, e tutte quelle lauree ad honorem che tanto fanno arrabbiare i No a tutto, quelli che ne sono usciti peggiori, o sempre uguali, o non ne sono usciti affatto. E che però non riempiono un Lingotto, ma un paio di chat di Telegram.
Chissà che segreto ha, la banalità di Perrin. Forse, il punto è che parlare con i morti è il solo argine a WhatsApp, o il migliore WhatsApp di sempre: loro sono lì, ti ascoltano sempre e solo quando vuoi tu, non chiedono niente, non s’oppongono, sono gli interlocutori egregi per i maniaci del monologo che siamo diventati.
Matilde Serao ha scritto: «Ogni anima, anche la più umile, anche la più oscura, ha nei suoi inesplorati abissi un fiore che spunta». Siamo ripartiti da dove eravamo rimasti, siamo tornati com’eravamo, ma con qualche fiore in più, che però, naturalmente, appassisce.