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 2021  ottobre 16 Sabato calendario

16 ottobre 1943, la notte del ghetto


Roma, 15 ottobre 1943, poco prima della mezzanotte cade una pioggia sottile sulle strade vuote. L’umidità si srotola sul selciato come un tappeto sottile e si arrampica sui muri delle case. Dietro quei muri, occhi spalancati di persone – donne, uomini, bambini – spaventate dal rumore improvviso di spari e di detonazioni. Più della paura è l’incredulità a stringere una morsa al collo degli abitanti dell’ex ghetto di Roma. Un cattivo presentimento inquieta più di una tragica consapevolezza, soprattutto se si fa parte di un popolo che da tempi antichissimi ha dovuto scendere a patti col dolore, le persecuzioni, gli addii forzati. Persone che dopo la promulgazione delle leggi razziali in Italia non possono andare a scuola e hanno forti limitazioni sul lavoro. Cittadini di serie b, privati delle libertà che noi tutti riteniamo fondamentali e naturali. Una comunità così stanca di stare all’erta, che forse quella terribile notte ha sperato di non dover fare nuovamente i conti con un destino infausto.
Eppure in giornata, una donna in preda al panico giunta all’ex ghetto da Trastevere sotto la pioggia, aveva raccomandato agli abitanti di fuggire.
Era venuta a sapere, nella casa di una signora dove sbrigava le faccende domestiche, che i tedeschi avevano stilato una lista di duecento capifamiglia ebrei da portar via insieme ai loro cari. Nessuno ha creduto a quella sorta di Cassandra vestita di nero, adesso però le sue parole riecheggiano come un presagio inascoltato tra le vie del Portico di Ottavia.
Che succede? Perché drappelli di soldati stanno sparando all’impazzata verso un cielo senza stelle? Sono tedeschi? E contro chi sparano se per strada non c’è nessuno? Di dormire non se ne parla. Un neonato scoppia a piangere per via del trambusto. La mano della mamma posata sulla dolce curva del suo capo lo rassicura e lui ricade nel sonno profondo e vulnerabile delle piccole creature. Dalle fessure delle persiane qualcuno cerca di scrutare fuori e subito si ritrae, le schegge dei proiettili stridono troppo vicino ai telai delle finestre e il loro bagliore getta una luce effimera nelle stanze fredde. Poi d’improvviso il fracasso viene inghiottito dal silenzio della notte. Cos’è stato? Cercavano dei balordi? Allora noi non c’entriamo niente? Forse, per un attimo, gli ebrei tirano un sospiro di sollievo e l’ansia smette di premere sui loro ventri. Meglio accarezzare l’idea di stendersi qualche ora, convincersi che la donna vestita di nero altro non è che un’esagitata.
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Più della paura è l’incredulità a stringere una morsa al collo degli abitanti, una comunità stanca di stare all’erta Che succede?
Perché drappelli di soldati stanno sparando all’impazzata verso un cielo senza stelle?