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 2021  ottobre 16 Sabato calendario

I Pink floyd continuano a litigare

L’ultima volta che li avevamo visti insieme era il 19 gennaio 2018, a Roma. Roger Waters e Nick Mason inauguravano la mostra The Pink Floyd Exhibition: Their Mortal Remains. Già il titolo, «I loro resti mortali» non deponeva a favore di un’atmosfera rilassata, e infatti si percepiva forte tensione tra i due che, allo stesso tavolo, di fronte a una caotica folla di giornalisti e invitati, non cercavano neanche di dissimulare il fastidio di trovarsi vicini, e le interviste successive alla conferenza stampa le fecero rigorosamente separati. In quella occasione chiedemmo a Waters che ricordi avesse del primo tour italiano dei Pink Floyd che esattamente 50 anni prima, nell’aprile 1968, lo aveva portato ad esibirsi al Piper, a poche centinaia di metri dal Macro, il museo romano che ospitava la mostra. «Non mi ricordo niente – disse, riottoso come suo solito – Non ricordo neanche se c’era ancora Syd». Non c’era. Syd Barrett era uscito ufficialmente dalla band una decina di giorni prima di quel concerto e mezzo secolo dopo è legittimo confondersi, anche se può facilmente sembrare una mancanza di rispetto nei confronti di David Gilmour, il chitarrista subentrato a Barrett e che per un quarto di secolo sarebbe stato il rivale, il pretendente al ruolo di leader e il motivo principale dell’abbandono della band da parte di Waters nel 1985.
Nell’eterno conflitto tra gli ex membri dei Pink Floyd il tempo non è servito a placare gli animi, se si esclude quel quarto d’ora del 2 luglio 2005 in cui si ritrovarono a suonare insieme sul palco del concerto benefico Live 8 a Londra. È di pochi giorni fa infatti l’accusa di Roger Waters agli ex compagni, in un popolare podcast americano, di essere stati «arroganti» con lui e di averlo estromesso dal gruppo per invidia. Mason si è detto sbalordito dalle dichiarazioni del bassista, a sua volta accusandolo di bullismo, e insomma, come si dice a Roma, «sono volati gli stracci», un modo pittoresco per descrivere i litigi casalinghi. Perché di questo, in fondo, si tratta, di risse in famiglia. Ci si potrebbe infatti chiedere: perché mai Waters e Mason, se si detestano e non suonano più insieme da 35 anni, erano comunque fianco a fianco all’inaugurazione di quella mostra pochi anni fa? La risposta potrebbe deludere i numerosi fan nostalgici ancora convinti che una band sia una specie di comune di amici un po’ sballati, che vivono insieme, suonano le chitarre attorno al falò e condividono tutto, sesso, droga e rock’n’roll, in perfetta armonia. Cari romanticoni, togliamoci dalla testa tutto ciò e convinciamoci della cruda realtà: una rock band, specie se ha diversi decenni di storia alle spalle, non è un gruppo musicale, è una azienda. Con dipendenti, stipendi da pagare, bilanci da far quadrare, cataloghi da archiviare, diritti da gestire.
Pensate che Pink Floyd, Beatles, Queen siano sciolti da tempo? Neanche per sogno. Ogni mattina qualcuno apre le porte dei rispettivi uffici e rimette in moto la macchina che prevede riedizioni di dischi, cofanetti antologici, musical, libri sempre più curati per collezionisti (sui Pink Floyd è appena arrivato in libreria Mind Over Matters, con le splendide illustrazioni di Storm Thorgerson, pubblicato da Rizzoli Lizard), capi di abbigliamento, celebrazioni, film biografici, serie tv e, per tornare all’inizio, mostre d’arte. E lì i soci dell’impresa devono presenziare anche se non si sopportano. È scritto in qualche contratto che va rispettato seppur controvoglia. Abbiamo visto i due leader degli Eagles, Don Henley e lo scomparso Glenn Frey, salire sullo stesso palco da due lati opposti, sbarcando da due auto provenienti da alberghi diversi e fare un concerto insieme senza mai guardarsi negli occhi. «Doppio manager, doppio camerino, doppio catering, doppio ufficio stampa» cantavano Elio E Le Storie Tese nel brano Litfiba tornate insieme, che sintetizzava alla perfezione i sempre più frequenti casi di band separate in casa.
La macchina del rock
La macchina del rock, quando genera introiti che mantengono famiglie, non può fermarsi neanche di fronte alla morte, come dimostra il tour in corso in America dei Rolling Stones, partito comunque poche settimane dopo la scomparsa del batterista Charlie Watts, e come fecero gli Who quando nel 2002 il bassista John Entwistle morì in un albergo di Las Vegas il giorno prima dell’inizio del tour, che partì con un sostituto reclutato in poche ore. Perché l’impresa deve andare avanti. Se poi uno dei soci è il notoriamente malmostoso Roger Waters (e dire che si è appena sposato per la quinta volta), uno che si può permettere di mandare pubblicamente a quel paese Mark Zuckerberg definendolo «uno degli idioti più potenti della terra» e di bollare l’ex PresidenteUsa Donald Trump come «maiale ignorante», allora gli stracci è più facile che volino. La scorsa estate Waters non aveva perso l’occasione per prendersela di nuovo con David Gilmour in occasione della riedizione dell’album Animals, a causa di un veto posto dal chitarrista alla pubblicazione di nuove note di copertina, come al solito per una questione di riconoscimento di ruolo. Gilmour rivendicava una posizione di leadership nel gruppo mentre Waters lo derubricava come «ottimo chitarrista» che però «ha detto molte inesattezze riguardo a ciò che ha veramente fatto per la band». Risultato: Gilmour impediva all’ex compagno di pubblicare sul sito ufficiale dei Pink Floyd la «sua» versione di quelle note di copertina. Insomma il solito gioco, si perdoni l’indelicatezza, a «chi ce l’ha più lungo». Perché in fondo gli artisti, anche se hanno abbondantemente raggiunto l’età pensionabile, sono eterni ragazzi per cui giochi e ripicche non finiscono mai. Sempre pronti a dire «così impari», «è colpa sua».
Il caso dei Beatles
È di pochi giorni fa l’ennesima dichiarazione di Paul McCartney a The Guardian sulla responsabilità dello scioglimento dei Beatles: «È stato John. Un giorno è arrivato a una riunione e ha detto ragazzi, io lascio la band». Non è una novità. Tre anni fa, in un’intervista radiofonica con Howard Stern, Paul aveva già detto la stessa cosa, ma ogni volta che la ripete il mondo si scandalizza e le discussioni tra i fan rinascono con tempismo mai casuale. Che si riparli dei Beatles adesso può essere infatti una scaltra mossa di marketing, alla vigilia dell’uscita dell’attesa mini serie tv The Beatles: Get Back di Peter Jackson, prevista per il 25 Novembre su Disney +. E forse che si riaccendano le polemiche in casa Pink Floyd può tornare utile sia a Roger Waters, per portare attenzione al suo This is not a drill tour che parte il prossimo 6 Luglio da Pittsburgh, che a Nick Mason che si imbarca in aprile per un tour che lo porterà a Lucca il 25 Giugno e il giorno dopo a Stupinigi con il suo progetto A Saucerful Of Secrets, in cui ripropone il repertorio dei primi anni dei Pink Floyd. Perché tornare a fare concerti e riempire le arene, dopo due anni di chiusura forzata, è il primo obiettivo di tutti quelli che fanno musica, specie per chi, come le grandi rockstar, dà lavoro a tanta gente, ha un’azienda da far funzionare e decine di famiglie da sfamare, anche se in famiglia continuano a volare gli stracci. —