il Giornale, 16 ottobre 2021
I Duran Duran 40 anni dopo
In fondo i Duran Duran sono un vero manifesto del pop. Hanno fatto gavetta, poi a metà degli anni ’80 sono esplosi e poco dopo si sono persi rischiando di diventare l’ennesima band usa e getta. Invece sono rimasti. E oggi pubblicano un disco con un titolo che è un po’ il loro riassunto: Future past, ossia passato futuro: «A questo punto ogni momento della nostra vita è un passato futuro, il nostro presente è un equilibrio tra ciò che è stato e ciò che speriamo sarà».
Nick Rhodes ha l’ennesima giacca sgargiante. John Taylor un casco di capelli nerissimi. Simon Le Bon ascolta ma non risponde. Volenti o nolenti, lui è stato uno dei motori promozionali della band, talvolta addirittura più potente della musica. «Per questo disco ha scritto dei bei testi – conferma Nick Rhodes – forse più belli del solito». Tra tutti i pubblici del mondo, quello italiano è uno dei più devoti a questa band nata a Birmingham 43 anni fa e diventata in pochi anni uno di quei simboli che oggi piace tanto definire «divisivi».
A metà anni ’80 amavi i Duran Duran oppure li odiavi. Erano un termine di paragone senza scampo, roba da ultras, altro che guelfi e ghibellini. «A un certo punto, un importante giornale scrisse che Simon era più riconoscibile del Papa», ricorda Nick Rhodes. Un fenomeno che andava ben oltre le vendite discografiche e che si è trasformato in modello per tante boy band a venire, tutte idolatrate in tempo quasi reale da eserciti di adolescenti pronti però ad arrendersi in pochissimo tempo ad altri generali. Risultato: fine della boy band e inizio di un’altra. Invece i Duran Duran sono ancora qui. I loro brani passano in radio di fianco a quelli di ragazzini che potrebbero essere loro figli, forse nipoti. E non è solo una questione di nostalgia canaglia. Se su Google si digita il titolo del primo singolo Anniversary, i primi risultati riportano direttamente ai Duran Duran, segno che qui non si parla di vecchie glorie sessantenni (Simon Le Bon è nato due mesi dopo Madonna) ma di musicisti che hanno ancora ragione di restare sul mercato senza passare in archivio.
E difatti questo disco (uscito per Tape Modern/Bmg) è stato prodotto da fior di produttori come Mark Ronson, Erol Alkan e persino Giorgio Moroder che ha firmato i suoni del nuovi singolo Tonight united: «È uno che lavora velocemente, sa quello che vuole ed è stato stimolante per noi. Tanto più che tanti anni fa a Birmingham il nostro primo concerto con Simon Le Bon si è aperto proprio con I feel love di Donna Summer, un brano firmato da Giorgio che ha cambiato la musica per sempre».
Non a caso tra le maglie dei Duran Duran oggi, quarant’anni esatti dal loro primo disco omonimo, si fermano talenti come Mike Garson, ex pianista di David Bowie, e soprattutto Graham Coxon, chitarrista e anima dei Blur, sostanzialmente una delle leggende del brit pop. «I Blur sono stati uno dei gruppi più decisivi di sempre nella musica inglese. Hanno avuto una influenza che mi ricorda quella di altre band fondamentali come i Kinks. Forse per questo lui è il primo chitarrista che abbiamo coinvolto nella scrittura dei pezzi sin dai tempi di Warren Cuccurullo. E verrà anche in tour con noi». Un altro tour. Un altro dopo decine. «All’inizio – spiega John Taylor – non capivamo bene tutta la portata e gli effetti del nostro successo. Eravamo come smarriti». Ora invece. «Ora invece ci possiamo godere meglio tutto ciò che ci capita intorno, i nostri successi, le nostre soddisfazioni».
E possono anche valutare la musica che gira intorno. «I Maneskin? Bravi, li abbiamo visti all’Eurovision». «Billie Eilish? Il suo pezzo per la colonna sonora del nuovo 007 è quello giusto al momento giusto e cattura davvero lo spirito di Bond»: parola di una band che nel 1985 ha scritto il brano portante di 007 – Bersaglio mobile, tra l’altro la prima canzone dell’intera serie di film ad aver raggiunto la vetta della classifica musicale americana. «Ho pure visto il documentario su Billie Eilish, favoloso» dice John Taylor a conferma che, quando sei ormai over the top, ti puoi permettere di parlar bene di chi vuoi. Capita quando hai avuto successo e lo hai metabolizzato fino a poterci ridere su. «Se penso a Simon Le Bon più famoso del Papa, ci vien da pensare che, nonostante qualche cambiamento, noi siamo ancora qui».