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 2021  ottobre 16 Sabato calendario

Che cosa si dice in coda per fare il tampone in una farmacia di Buccinasco alla periferia Sud di Milano

«Mamma mia, che paura. Spero non mi faccia male, con quella specie di cotton fioc gigante, che la prima volta stavo quasi vomitando…». È il 14 ottobre, il giorno prima del green pass day, e siamo in fila di fronte a una farmacia di Buccinasco, periferia sudovest di Milano, per fare il tampone. C’è chi è già vaccinato, ma siccome ha fatto una forte raffreddore, per la sicurezza della propria famiglia e dei colleghi di lavoro vuol stare tranquillo. Ma ci sono soprattutto i futuri forzati del green pass (almeno) bisettimanale, le persone che hanno deciso, per svariati motivi, di non immunizzarsi e che quindi debuttano col tran tran che caratterizzerà le loro settimane per i prossimi mesi: tampone ogni due giorni, qr code stampato dal farmacista, e via al lavoro.

La ragazza, sulla trentina, lavora in un grosso centro commerciale a Cesano Boscone e ogni tanto butta un occhio preoccupato sotto la tenda dove il medico si dà da fare col «cotton fioc gigante». «Guardi, vada prima lei, che io ci ho troppa paura… anzi no, sa? Mi devo cominciare ad abituare, mi do coraggio e vado». È simpatica, parlerebbe anche coi muri. Racconta di quanti siano ormai rimasti in pochi al lavoro a rifiutare il vaccino, che, pare, le faccia più paura del tampone «perché mio cugino dopo la seconda dose è stato male, ha avuto problemi al cuore, ora va dal cardiologo ogni due per tre… ma che è vita, questa?».
Certo, sono scelte difficili da fare. «A casa della mia collega», dice chiacchierando con una ragazza dallo spiccato accento campano, «sono in quattro, tutti e quattro avevano deciso di non vaccinarsi. Una decina di giorni fa si son seduti intorno a un tavolo e hanno fatto il conto di quanto gli costerebbe un doppio tampone per tutti ogni settimana. Lei ha deciso allora di farsi la prima dose. Quando me lo ha raccontato piangeva. Del resto, non è questo quello che vogliono, quelli che hanno fatto questa legge?»

«Son cose che succedono solo da noi in Italia», le fa eco un giovanotto elegante, probabilmente agente immobiliare visto che fissa in continuazione appuntamenti per case da vedere, «esci dal confine e i tamponi mica costano fino a 30 euro. Anzi che qui ne spendo solo 15, è un miracolo, ma se non stai attento ti salassano». La ragazza campana butta lì che lei un annetto fa il Covid l’ha fatto «ma mio marito niente, incredibile, eppure siamo stati sotto lo stesso tetto, vicini vicini, del resto con 55 metri quadrati di bilocale dove vuoi andare? Stavamo abbracciati sul divano, dormivamo insieme, e invece niente, certo non ci siamo dati i bacetti però» ammicca, sorridendo.
Neanche lei si vaccina «eppure mi farebbero solo una dose», ma no, non se ne parla, anche lei teme gli effetti collaterali e quindi giù a compilare la scheda da consegnare al medico quando sarà il suo turno, «eh, ma anche la mail devo mettere?» La fila scorre lenta ma regolare. È il mio turno, so che il medico ha la mano leggera perché la mia amica del centro commerciale mi ha fatto l’occhiolino uscendo. Consegno i miei dati, aspetto dieci minuti, negativo, ok, bene, mi avvio. Mentre esco la coda si è ingrossata. C’è un uomo con la mascherina a un terzo di faccia. Ingrugnito, borbotta. «Non solo non mi vaccino ma anche questo tampone mi pare una stronzata, pagare per lavorare, incredibile. Vabbè, ma cambieranno le cose, vedrete come cambieranno…». Gli altri intorno, rassegnati, non ci fanno troppo caso. Sento in lontananza la ragazza campana. «Non andrò a farmi i capelli e le unghie, che posso farci? Ho preso una decisione e so che mi costerà, ma pazienza. Sapete come si dice a Napoli? Adda passà ’a nuttata…».