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 2021  ottobre 15 Venerdì calendario

Pedri, 18 anni, vale un miliardo

Il calciatore più caro del mondo è un ragazzo di 18 anni. L’onda lunga dell’effetto Neymar lo vedi anche da questi piccoli dettagli, che poi dettagli non sono. È per quella beffa dell’estate 2017 consumata con i milioni del Qatar che il Barcellona ha sentito la necessità di blindare uno dei suoi gioielli con una clausola da un miliardo. Tanto serve per portarsi via Pedro González López, per tutti semplicemente Pedri. Un ragazzo a cui non vuol rinunciare nessuno. L’estate dei suoi 18 anni, quella in cui i coetanei pianificano il viaggio della vita, l’ha passata a giocare senza sosta: prima l’Europeo U21, poi quello dei grandi, poi le Olimpiadi. Cinque anni fa una clausola da 222 milioni pareva inattaccabile. Gli sceicchi la pagarono per portare O Ney a Parigi e insegnare che nessun capriccio ha un prezzo inaccessibile. L’ingresso dei sauditi nel Newcastle promette di alzare ancora un po’ l’asticella.
E allora, meglio tutelarsi. Un miliardo, il prezzo con cui il Real ha chiuso a due mandate Benzema e poi Valverde. Il Barça era arrivato a 800 milioni, la clausola di Griezmann, che poi ha quasi regalato all’Atletico. E a 700 per Messi che, ironia della sorte, ha poi visto andar via a zero: il più forte calciatore del mondo perduto senza incassare una sola peseta. Eppure, sta nascendo un altro Barcellona. Di cui Pedri è già uno dei simboli, anche se al Camp Nou è arrivato solo nel 2020 dal Las Palmas. Insieme a lui, il futuro ha i volti di due stelle fatte in casa, Ansu Fati, 18 anni, e Gavi, che ne ha compiuti 17 due mesi fa. Il primo, origini della Guinea-Bisseau, spagnolo di passaporto, numero 10 per eredità, la più pesante, quella della Pulce, che ha benedetto segnando 10 minuti dopo essere rientrato da un infortunio lungo 11 mesi. L’altro è diventato a San Siro il più giovane calciatore della storia a indossare la maglia della Spagna. Una sorgente inesauribile, la mitica Masia. Il problema è che la caccia di sceicchi e inglesi a quella fonte è già iniziata: Fati è in scadenza, al suo agente Jorge Mendes ha detto di voler restare ma il potente procuratore già pregusta l’asta. Gavi ha detto no alla Premier, resterà con clausola da 600 milioni. Ma l’estate scorsa insegna: il classe 2003 Ilaix Moriba, il Pogba della Masia, ha litigato per il rinnovo e s’è trasferito al Lipsia creando un caso diplomatico. Come fece due anni fa Xavi Simons, fuggendo al Psg a 16 anni. Ma il Barça ha già nuove stelline. Nico Gonzalez, centrocampista 19enne figlio di Fran, ex Deportivo, e il terzino sinistro Alex Balde, 17 anni, 500 milioni di clausola. La domanda, quasi inevitabile, è: come si può produrre così tanto talento senza soluzione di continuità? La risposta è nei metodi: il brain training in Spagna inizia dagli 8 ai 12, l’età – secondo Horst Wein, profeta del sistema della “cantera” – in cui il calciatore si forma. Allenandolo a fare la scelta migliore in campo nel minor tempo. Questione di ritmo: i ragazzini italiani fanno allenamenti di oltre 2 ore. In Spagna mai più di 60, 75 minuti: ma i nostri ragazzi che vanno lì per degli stage finiscono coi crampi. Perché diversa è l’intensità. Non solo. Quando Guardiola al Barça perdeva un calciatore per infortunio, a Luis Enrique – che allenava il Barça B – non chiedeva un nome: «Mi serve un numero 6». Lì si allena al ruolo, sapeva avrebbe avuto un calciatore pronto per il suo calcio. Per questo Gavi, a 17 anni, contro la Francia nella finale di Nations League dettava i passaggi e indicava le giocate. Come fa Pedri nel Barça. Non conta l’esperienza, ma l’educazione al ruolo. Un’educazione da un miliardo di euro.