la Repubblica, 15 ottobre 2021
Il panino di Ultimo sfida la birra di Buzzi
Questo botta e risposta gastronomico, in nome di una presunta legalità, tra Salvatore Buzzi, ex ras delle coop del Mondo di Mezzo e Ultimo, l’ex capitano e molto altro, non è solo una divagante polemica. Perché, certo, quella che chiamiamo per comodità Antimafia è atterrata da ben altri eventi: sentenze, libri shock, sparate sconclusionate, scandali. Con il comune denominatore delle incredibili torsioni dei principali attori, i magistrati. Tuttavia, anche questa tenzone culinaria tra ex è ascrivibile allo scadimento complessivo della tensione nella lotta per la giustizia, ridotta a slogan e comparsate.
Riassumiamo i fatti, raccontati su questo giornale da Andrea Ossino e Alessia Candito: Buzzi, socio e compare del Nar Massimo Carminati, scrollatasi l’accusa di essere uno dei perni di Mafia capitale ma con addosso comunque una pendenza da 12 anni e 10 mesi da rideterminare, spera, al ribasso, è tornato libero. Racimolati dei soldi, insieme alla compagna, la suocera e altri soci, ha aperto un pub a Roma. Lì promette un menu ispirato ai protagonisti di Romanzo criminale e conto salatissimo ai magistrati che avessero la ventura di capitare da quelle parti. La riabilitazione di Buzzi è affar suo, come possa gestire di fatto un locale pubblico con licenze e quant’altro, somministrazione di alcolici compresa, affare del questore. Come ancora non si celebri il processo che definisca il suo status, preoccupazione in capo a Cassazione e magistratura giudicante romana.
L’ex capitano dei Ros Sergio De Caprio, in battaglia Ultimo, poi colonnello, è l’uomo che ha ammanettato Totò Riina, al culmine di una operazione sul campo le cui premesse però si perdono nella notte dei misteri italiani: l’opaco pentimento di Balduccio Di Maggio, la sua gestione in quel di Borgomanero, la contemporanea presenza dei fratelli stragisti Graviano nei pressi, la fissazione della clamorosa cattura del superboss come regalo per l’insediamento di Giancarlo Caselli al vertice della procura di Palermo il 15 gennaio del 1993, i 19 giorni trascorsi a telecamere inopinatamente spente prima di frugare nell’ultima residenza del capo dei capi.
Non senza polemiche e scontri con l’odiata burocrazia delle alte gerarchie dell’Arma, Ultimo è poi diventato vice capo del Noe, il nucleo operativo ecologico che sotto alcune procure ha esteso la propria competenza d’indagine ben oltre i confini dei reati ambientali, tra i più frequentati nel nostro Paese. Con un contorno di pasticci dai quali sono scaturite per germinazione altre inchieste. Per finire all’Aise, il servizio segreto, quindi di nuovo all’Arma.
Dal 2020, Ultimo si è concesso anche una parentesi da assessore in Calabria nella giunta della forzista Jole Santelli, scomparsa prematuramente, e del leghista Antonino Spirlì; un mandato conclusosi con la stessa assenza di clamore che ne ha accompagnato l’azione. Da anni ormai è impegnato nel sociale con una comunità di recupero per ragazzi difficili. E lì ha deciso di impiantare anche una attività di ristorazione il cui menu promette piatti ispirati ai caduti della lotta alla mafia. Insomma, per un panino “Terribile” ci sarà forse una “Lasagna autobomba”.
Al di là del gusto, il buon gusto, non quello delle pietanze, pur comprendendo la provocazione che è una delle cifre di un personaggio quasi mai allineato, tranne che alle versioni ufficiali dei Ros, resta uno sgradevole retrogusto. Ripagare Buzzi con il rovescio della moneta, è cadere nella trappola della sua volontà di banalizzare. Cosa che a Ultimo deve essere sfuggita nella foga di alzare la posta della polemica, finendo per rintuzzare le sparate di un criminale rincorrendolo sul suo stesso terreno. Nel quale l’altro si muove comodo e vincente. Cos’è questa smania di protagonismo di Buzzi se non un richiamo a quella parte di città che lo ha lisciato, coccolato, nutrito e utilizzato? Perché Buzzi ha ragione quando si autorappresenta come un simbolo. L’emblema riconoscibile del Mondo di Mezzo che esiste e persiste a prescindere della qualificazione giuridica di mafia. È il mondo del compromesso, dei patti che talvolta diventano ricatti, del crimine funzionale. Ecco, forse, i contendenti di questo Master Chef antimafioso potrebbero risolverla così: Buzzi proponga i piatti con i nomi dei suoi complici. E De Caprio, ormai libero dal vincolo di obbedienza, ci serva tutto quel che sa sulla madre degli ultimi opachi anni della Prima Repubblica. A questa cucina attingeremmo volentieri.