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 2021  settembre 20 Lunedì calendario

L’estate magica dello sport italiano

Mercoledì finisce l’estate, speriamo non anche la magia dei settanta giorni più entusiasmanti della nostra vita sportiva. Filippo Ganna che dalla miniera d’oro della crono estrae la seconda pepita mondiale consecutiva e la Nazionale di De Giorgi che torna sul tetto dell’Europa sedici anni dopo l’ultimo successo continentale, in quest’abbondanza sembrano eventi scontati e invece sono due imprese pazzesche, le ennesime made in Italy.
Era domenica 11 luglio quando la compagnia dei celestini guidata da Roberto Mancini espugnava Wembley, conquistando l’Europeo ai rigori contro l’Inghilterra, e già ci sembrava incredibile che, nello stesso giorno e nello stesso luogo – Londra, appena 18 km tra lo stadio della finale del calcio e quello più famoso del tennis – dodici italiani fossero impegnati a riscrivere un po’ di storia. Poche ore prima del trionfo della Nazionale, che ha riportato la coppa a casa 53 anni dopo Roma ‘68 (it’s coming home, ma la nostra, di home), infatti, Matteo Berrettini infrangeva un tabù lungo 61 anni (Pietrangeli, 1960) affrontando per il titolo di Wimbledon il numero uno del mondo Novak Djokovic. Tanta Italia nei telegiornali del mondo chissà quando ci ricapiterà, avevamo pensato vedendo gli azzurri e Berrettini festeggiare sullo stesso bus, fratelli di sport e di tifo, uniti per sempre da uno di quegli abbracci del destino che nessuna sceneggiatura poteva prevedere. È bastato aspettare dodici giorni, giusto il tempo che Naomi Osaka accendesse il tripode dentro lo stadio olimpico di Tokyo: cominciava, in quel momento, l’Olimpiade estiva che avrebbe raccolto sotto il bandierone il maggior numero di podi da Atene 1896 in poi. Quaranta medaglie (10 ori, 10 argenti, 20 bronzi), quaranta bollicine sgorgate dalla bottiglia di spumante stappata da Mancini all’Europeo, come se quel successo avesse sbloccato i ricordi di un Paese abituato a vincere ma non sempre né dappertutto, sdoganando emozioni sconosciute: cinque ori nell’atletica ai Giochi non si erano mai visti, eravamo fermi ai tre delle edizioni boicottate (Damilano, Mennea, Simeoni a Mosca ‘80; Cova, Andrei e Dorio a Los Angeles ‘84). Il trionfo di Vito Dell’Aquila nel taekwondo ha indicato la strada, poi è successo l’impossibile. I dieci minuti dieci in cui Gimbo Tamberi si è preso l’alto in cima a cinque lunghissimi anni in sala d’attesa e Marcell Jacobs i 100 mettendosi alle spalle il mondo in un baleno (9”80) riassumono bene l’euforica incredulità davanti a un’Olimpiade gloriosa ed esagerata, probabilmente irripetibile, che ha prolungato i suoi benefici effetti fino alle soglie dell’autunno. Le squadre che a Tokyo avevano deluso, le due Italie del volley, hanno bevuto il loro meritato balsamo in Europa, le ragazze di Mazzanti in casa delle nemiche serbe a Belgrado e i ragazzi ieri a Katowice con la Slovenia. Camila Giorgi, nei quarti a Tokyo, ha conquistato a Montreal il primo Master 1000 della carriera. Filippo Ganna non ha mai smesso di pedalare dall’oro olimpico nell’inseguimento a squadre: contro il tempo ha battuto i belgi, Van Aert e Evenepoel, in Belgio. Un’impresa nell’impresa. Smaltiti i chili di troppo delle celebrazioni post-Giappone, Tamberi si è messo al dito – primo italiano – il diamante della Diamond League, il massimo circuito dell’atletica. E Filippo Tortu, ultimo staffettista della mitica 4x100 d’oro di Tokyo, sabato a Nairobi ha corso i 200 in 20”11, personale ritoccato di 23 centesimi, pass per il Mondiale 2022 agguantato, secondo italiano di sempre nel mezzo giro di pista dopo Pietro Mennea (19”72).
Ehi tu, autunno, fatti avanti: non ti temiamo.